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Il dimenticato segmento degli Uomini in Blu italoamericani - 3^ parte

di Michele Dodde 

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Un ulteriore caratteristico personaggio fu l’umpire Angelo “Augie” Guglielmo, già veterano dell’esercito degli Stati Uniti della Seconda Guerra Mondiale. Questi, nato il 17 gennaio del 1915 a Waterbury nel Connecticut, a 38 anni salì sul palcoscenico della Major League dove però il suo personaggio ebbe il dovuto risalto solo per una stagione, quella del 1952, durante la quale fu designato a dirigere in 154 partite. Caratterialmente molto ombroso, si narra che in quell’anno con grande determinazione espulse dal gioco ben dieci giocatori di cui cinque furono dei Brooklyn Dodgers. A conferma il periodico “The Sporting News” il 17 luglio 1952 in grande risalto riportò l’espulsione al nono inning della partita tra i Reds contro i Dodgers di Jackie Robinson reo di aver dato un calcio al proprio guanto perché infuriato nell’apprendere che il giudizio di Guglielmo era quello di dichiarare “salvo” in seconda base il corridore Eddie Pellagrini.

Va da se che il suo contratto presso la National League non fu rinnovato per cui continuò la sua professione di senior umpire professionista nel circuito in ambito della Triple-A International League per ulteriori 14 anni. 

Guglielmo morì nella sua città natale all'età di 81 anni.

Come un’ombra, senza lasciare tracce indelebili, è passato sui campi di gioco anche Joseph Nicholas Linsalata che, dopo aver assaporato l’amara velleità del gioco come giocatore professionista nelle Minor League con i Steel Citians di Sydney ed i Blu-Grays di Bluefield, indossò la divisa degli Uomini in Blu ed incominciò a dirigere gare nel 1948 in ambito della Florida League passando poi due anni dopo nella International League dove rimase sino al 1960 quando con l’aumento di due squadre in più presso l’American League, il circuito nel 1961 dovette reclutare alcuni umpire aggiuntivi e così a 45 anni Linsalata assaporò gli scenari della Major League dove ebbe modo di dirigere 166 gare di cui 40 come plate umpire.

 

L’anno successivo però ritornò nella International League dove rimase sino al 1968. Poche tracce, ma grande passione. Morì a Hollywood nel 2000.

 

Un’altra vita significativa ed avventurosa è stata quella di Alexander Joseph Salerno. Dapprima fu un talentuoso lanciatore durante gli anni di liceo e la sua capacità di lanciare la pallina a 95 mph (152 Km/h) richiamò nel 1950 l’attenzione del circuito dei Boston Red Sox che lo ingaggiarono mandandolo a giocare nella franchigia dei Marion Red Sox nella Ohio-Indiana League a soli 19 anni.

 

Arruolato nell’esercito per svolgere il servizio militare, purtroppo durante un’esercitazione, sfortunatamente cadde da una jeep fratturandosi entrambe le braccia cancellando così di fatto i suoi sogni di proseguire una carriera da giocatore.

 

Ristabilito divenne agente di polizia dello Stato di New York ma il profumo dei campi di gioco e la voglia di esserci lo guidarono presso la prestigiosa “Al Somers Umpire School” di Daytona Beach in Florida che lo forgiò intensamente tanto che dopo un brevissimo tempo trascorso nelle leghe minori, nel 1961 all’età di 30 anni venne chiamato a dirigere le gare di Major League in ambito dell’American League.

 

Qui resta dal 1961 al 1968 dirigendo ben 1.110 gare tra cui una serie dell’All-Star Game. La sua carriera infatti fu troncata il 16 settembre del 1968 da una virulenta telefonata da parte del presidente dell’American League Joe Cronin che non aveva gradito l’attività di Salerno nel voler formare un sindacato degli umpire dell’American League da unire a quello degli umpire della National League il cui fine sarebbe stato poi quello di formalizzare un blocco unico di umpire della Major League. E sono intuibili le difficoltà sociali che avrebbero dovuto affrontare le due Leghe di Major League.

 

Alla stampa comunque diplomaticamente Joe Cronin dichiarò che Salerno veniva licenziato poiché non aveva i requisiti per essere un affidabile direttore di gara. A seguito del licenziamento, Salerno intentò una causa da 4 milioni di dollari contro l'American League e la Major League Baseball, accusando diffamazione del carattere e violazione dell'antitrust federale. Due anni dopo, come transazione, l'American League gli offrì la piena reintegrazione, gli arretrati e 20.000 dollari di stipendio, ma Salerno rifiutò sdegnosamente l'accordo poiché una clausola in esso contenuta andava a precisare che avrebbe dovuto trascorrere alcune stagioni agonistiche nelle leghe minori per “migliorare” i propri requisiti e tecnica di stile.

 

Contrariamente alle aspettative, Salerno perse la causa e forte fu la sua delusione e rammarico nel constatare che non avrebbe più avuto la possibilità di dirigere gare di baseball. Si ritirò a Utica dove morì il 5 agosto del 2007.

 

 

Michele Dodde

 

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Commenti: 1
  • #1

    Claudio (martedì, 13 settembre 2022 13:52)

    Narrazione molto realistica , mostra oltre che la passione e la competenza che esiste anche la supponenza; nessuna meraviglia per la sorte dell’umpire Salerno, per lui non un positivo “ sbarco” , solo delusione e sconfitta, come accade nel reale!