
Storia della Italian Umpires Association -
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Certamente non furono facili gli inizi di questa pattuglia di una crescente Legione Straniera dei direttori di gara, termine coniato con grande efficacia dal milanese Giovanni Del Neri, in specie se si considera come i giudizi da loro emessi durante le gare fossero sistematicamente in contrasto a causa sia per la diversa interpretazione del significato delle regole sia per gli oggettivi problemi di traduzione semantica delle frasi di un “Rule Book” rigorosamente in originale. Ancor più, per dare maggior colore, era sui campi da gioco per il calcio che autarchicamente venivano realizzati i diamanti. Le linee di foul venivano tracciate con un annaffiatoio colmo di calce liquida mentre il piatto di casa base ed i cuscini delle basi venivano portati dalle sedi sociali e sistemati sul campo con il tassativo compito di recuperarli poi a fine incontro.
Di solito si privilegiava la zona sinistra del campo di calcio, sfruttando così la segnatura del campo per la linea di foul sinistra mentre per la linea foul destra ci si serviva del prolungamento dell’area piccola di rigore. In altri campi invece si voleva privilegiare l’esistente tribuna centrale per accogliere meglio il pubblico ed allora casa base veniva posizionata al termine della linea centrale del campo, come a Rimini ad esempio, sino alla fine degli anni sessanta.
Di certo mancavano sempre il monte di lancio per il lanciatore e i dugout delle squadre realizzati di fatto con delle panche. Questi campi poi necessitavano di opportune regole cosiddette “di campo” e quindi era quasi normale il vedere la composizione di una conferenza a tre (i due manager ed il direttore di gara) al fine di sfumare insieme, libretto “Rule Book” alla mano, la giusta interpretazione delle regole.
Ancor più in questo acerbo baseball, amato col cuore e praticato a ”pizza e fichi”, come garbatamente era coniato a Roma, all’attrezzatura protettiva del direttore di gara si provvedeva lì sul campo in quanto erano le stesse squadre a fornirla quando era necessaria sottraendola momentaneamente al loro ricevitore. La maschera, la corazza e gli schinieri allora venivano di volta in volta indossati sui più svariati abiti con grande fair play. In altri casi però l’umpire prescelto di turno preferiva posizionarsi dietro al lanciatore e da lì emettere i giudizi sui lanci e sugli episodi sulle basi con più di qualche accettata approssimazione.

Così con un proprio personale bagaglio tecnico e successivamente con il regolamento tecnico del gioco del Baseball, tradotto integralmente dall’ Official Baseball Rules distribuito in omaggio dall’allora U.S.I.S. (United States Information Service), gli umpire presero vitalità e forma tanto che nel 1952 sul quindicinale “Baseball Softball”, edito dalla stessa Federazione, fu ritenuto opportuno dedicare a loro un ben definito spazio: “Strikes & Balls” curato da C.J. Lubas e dall’allora Segretario Generale della Federazione stessa Manfredo Matteoli.
Furono redatti corroboranti pezzi di etica e di preparazione mentale cui però non mancheranno in seguito precise e calibrate precisazioni dell’umpire milanese Alberto Jacovitz tra cui molto indicativa e stimolante risultò quella relativa ai km percorsi dagli umpire per onorare le designazioni ricevute nonostante tutto.
E i mezzi di trasporto degli anni cinquanta erano quelli che erano…
Tuttavia in ambito federale nei confronti degli umpire, nonostante il loro costante impegno, non furono mai usate mezze misure anzi, proprio su quel quindicinale, l’allora Vice Presidente Federale Giuseppe Ridarelli (cfr. nr. 4 del 30 giugno 1952) nell’editoriale, dopo aver riconosciuto sottilmente che “(…) il C.N.A. dispone di un numero di Arbitri non adeguato alle maggiori esigenze e dunque necessario un corso di aggiornamento (…)”, drasticamente puntualizzò come fosse necessario attuare tutte le misure opportune al fine di migliorare la qualità delle direzioni delle gare “(…) se non si vuole compromettere l’affermazione del Baseball in Italia (…)”. Clamorosa dichiarazione questa da sottolineare in blu per indicare quanta responsabilità, nei vari modi o diversamente, ha sempre investito il settore degli Umpire. E d’altra parte come non riportare la spassosa visione che tramandò un grande giornalista napoletano ai giovani collaboratori: “(…) e ricordatevi nel pezzo da scrivere che se il Napoli vince è da esaltare la sua bravura, se pareggia è la sfortuna ad aver condizionato il gioco ma se perde è solo ed esclusivamente colpa dell’arbitro a prescindere”.

I resoconti delle gare in quel periodo misero bene in evidenza, in alcuni casi anche il numero degli spettatori ed anche se gli umpire erano “federali” oppure no come nella gara “Calze Verdi – Bologna” terminata con il punteggio di 6-26 dinnanzi a 800 spettatori e un buon arbitraggio con “(…) tutti arbitri federali (…)” oppure in “Longbridge - Libertas Bologna” finita 50-4 con un “ottimo” arbitraggio di Volpato di Roma o la nota del cronista Gian Ravazzi che andò a precisare come l’incontro “Alessandria – Torino” finita 9 – 6, “(…) è durata un’ora e trenta minuti, ed è stata arbitrata da Attilio Meda con molta energia ed obiettività (…)” al confronto delle quattro ore di gioco della gara “Nettuno – Bologna” terminata sul 18 – 10 , con il resoconto del corrispondente Nagi che, precisando fossero presenti all’incontro ben 2500 persone, si libera in volo dichiarando che “(…) alla completa e disastrosa situazione della partita si aggiunge la parzialità dell’arbitro di prima Pedacchia di Nettuno (arbitro Federale). Più di una volta (dopo parecchie parzialità visibili) l’arbitro capo Castiglioni di Milano dovette intervenire a revocare la decisione (…)”.
Lasciando ora i puri di cuore a meditare su queste parzialità visibili, diventa munifico riportare anche la nota deamicisiana redatta dal corrispondente Alfredo Sisi in merito alla gara “Livorno – Genoa”, finita 13-10 e giocata a Parma il 10 agosto 1952: “(…) L’arbitro Compare di Milano merita una speciale citazione perché da Tombolo (Pisa), dove era stato convocato a causa di un disguido postale per l’incontro, si è trasferito in motocicletta a Parma in tempo record riuscendo a giungere all’ora stabilita per la partita (…)”.
Tempi eroici e grande passione!
Michele Dodde
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franco ludovisi (mercoledì, 17 febbraio 2016 17:16)
Molte volte, a quei tempi,
se mancava in direttore di gara ufficiale,
venivano chiamati a dirige la partita persone competenti,
ma scelte dalla squadra di casa ed accettate giocoforza dagli ospiti
che preferivano correre il rischio di qualche decisione di parte
piuttosto che rendere inutile la trasferta fatta.
A seguire,
molti di questi personaggi divennero veri ufficiali di gara,
ed alcuni risultarono proprio molto bravi,
anche se non perdevano la tendenza a favorire la squadra del cuore,
se erano chiamati ad arbitrarla.
Cosi, ad esempio, mi capitò di essere alla battuta con Giampiero Faraone a lanciare e suo fratello Franco dietro al piatto ad arbitrare.
"Se gliela dai bassa questo te la incoccia" suggerisce Franco ad alta voce a Giampiero.
Mi giro verso Franco e lo fisso.
"Zitto stai, che alla prima parola che dici sei fuori!"
Non mi restò che completare in silenzio il mio turno nel box.
Michele (giovedì, 18 febbraio 2016 12:29)
Grazie Franco, i tuoi ricordi e le tue precisazioni sono insostituibili.
Se potessimo scrivere la storia della FIBS con l'affetto dei veri appassionati che non si vergognano di parlare di baseball sino all' alba sarebbe veramente un evento eccezionale.
Per la storia: in quella gara Longbridge-Libertas Bologna il cronista evidenziò che nel linea up della Libertà si era particolarmente distinto tal Ludovisi...
Dai miei appunti risulta che a dirigere quella gara fu Bianchi di Parma.
Buona lettura perché la storia è solo all'inizio...
Michele (giovedì, 18 febbraio 2016 12:34)
Errore: era Volpato. Bianchi diresse Calze Verdi - Bologna.
FRANCO LUDOVISI (giovedì, 18 febbraio 2016 13:15)
Non mi aspettavo che Paolo pubblicasse la mia foto,
ma sono contento che l'abbia fatto.
Una sola osservazione ancora:
partita di serie B e di scarsa rilevanza,
ma c'è più pubblico che ad un incontro di IBL ora.
E si pagava, anche.