Il capro espiatorio

Foto tratta da MLB.com

di Paolo Castagnini

C'è un vizio tutto italiano che imperversa in molte persone e lo sport non ne è esente anzi lo esalta. Mi riferisco al vittimismo o ricerca del capro espiatorio per i propri fallimenti. Il popolo Italiano che fondamentalmente si misura attraverso il calcio e la politica, esprime tutte le sue incazzature contro qualcuno o contro un dato colore. Il vittimismo si trova anche nel baseball italiano; in molti giocatori e persino in squadre intere. La ragione primaria di fallimento è comunemente l'arbitro o come specifica Michele Dodde, l'Ufficiale di Gara. Si va al piatto non perché si è guardato il terzo strike, ma perché l'Umpire ha trasformato un ball in uno strike. Spesso quel lancio non era nemmeno l'ultimo, ma il primo del turno, ma rimanendo strike-out anche sventolato sull'ultima palla, la colpa ricade su quel primo lancio giudicato a detta del battitore uno strike al posto del ball e quindi uscita verso la propria panchina gesticolando borbottando, imprecando e magari lanciando mazza e caschetto" perché tutto il mondo si accorga che io ho subito una grande ingiustizia"

 

E in aiuto a quel battitore arrivano gli urli dei "per fortuna pochi in questo caso" spettatori formati da mamme, papà, fidanzate, pochi altri parenti, e qualche raro tifoso a cui non par vero di poter contribuire all'evento.

 

I casi di scaricabarile sono anche molti altri. Alcuni innocui che fanno sorridere: l'errore seguito dallo sguardo all'interno del proprio guanto per vedere se per caso c'era un buco o la lisciatina al terreno con il piede o la ricerca del sassetto che ha fatto deviare la rimbalzante.

 

Altri ancora sono meno innocui come la convinzione che i propri insuccessi siano dovuti "all'allenatore che non mi sa allenare", "al preparatore atletico che mi affatica troppo" "alla società che non organizza bene le trasferte" o "al cibo prima della partita". Salvo poi rendersi conto che cambiando l'allenatore nulla cambia, correndo di meno si gioca nello stesso modo se non peggio, viaggiando con il pullman 5 stelle si perde lo stesso le partite e mangiando al ristorante anziché il panino le medie non si alzano.

 

Tornando a monte, questo significa che gli arbitri non sbagliano? Assolutamente no, sbagliano eccome! forse però a conti fatti sbagliano meno dei giocatori. In una partita un Ufficiale di Gara è chiamato a centinaia di giudizi e sicuramente compie degli errori. Un buon giocatore in difesa sbaglia sei volte su cento e in battuta una volta su tre. Quindi l'errore dell'arbitro fa parte del gioco così come la buca sul terreno.

 

Diverso ancora è lo scaricare sugli altri. Il manager fa il proprio lavoro nel miglior modo possibile. Anche lui è soggetto agli errori così come la società. Allora cosa si fa?

 

La domanda che ognuno si deve porre è la seguente: Che cosa porta la contestazione?

Se subendo un torto o presunto tale scarico la mia rabbia su qualcun altro quale effetto benefico ottengo? quale risultato raggiungo?

 

La risposta è semplice: nessuno! anzi ottengo proprio il contrario di quello che vorrei. Il mio nervosismo contribuirà negativamente sulle persone che mi stanno attorno, sui miei compagni e soprattutto verso me stesso.

Spostando le colpe dei miei fallimenti al di fuori, mi assolvo per i miei errori e non farò nulla per correggermi.

 

Non è assolutamente vero che la persona più aggressiva contro arbitri e avversari ha maggiori attributi, anzi è proprio il contrario! Il cane aggressivo è quello che ha paura.

Un buon giocatore incassa l'ingiustizia in silenzio meditando la contromossa. Il battitore in periodo di slamp non incolpa l'allenatore, ma anzi chiede aiuto e lavora duramente in silenzio. Il giocatore con gli attributi è umile e sempre in ascolto, pronto a raccogliere ogni suggerimento lo possa aiutare.

 

In conclusione ognuno deve fare la sua parte.

Al giocatore il compito di giocare nel miglior modo possibile.

Agli Ufficiali di Gara quello di esprimere il proprio giudizio serenamente (leggi articolo di Michele Dodde).

Ai Dirigenti gestire i mille problemi organizzativi.

Agli allenatori il compito di aiutare i propri giocatori e dirigere le partite come meglio sanno.

 

E quando in campo accadono ingiustizie frequenti da parte degli arbitri?

Sarà sempre il manager a intervenire. Il buon manager sa quando è il momento di protestare e quando è il momento di stare zitto. Quando è il momento di chiedere spiegazioni o quando queste non servono; persino quando è il momento di alzare la voce e quando invece è il momento di sussurrare qualcosa all'arbitro senza che nessuno se ne accorga.

 

Il nostro sport è bello quando ognuno fa il proprio mestiere e meglio lo fa e più belle saranno le partite.

 

Ognuno di noi si abitui ad assumersi le proprie responsabilità.

 

Paolo Castagnini

 

 

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Commenti: 1
  • #1

    Paolo Ignesti (giovedì, 20 giugno 2024 14:53)

    la tua conclusione è una perla di saggezza