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L'evoluzione nel lancio del softball

di Michele Dodde

Sfogliando alcune pagine ingiallite del regolamento tecnico.

L’evoluzione, questa mitica parola in teoria astratta, di certo è destinata a diventare un carismatico punto di riferimento per molte suggestive argomentazioni. E nelle nostre due discipline sportive, l’evoluzione, che è lo “svolgimento o sviluppo graduale e completo” (cfr. Devoto-Oli) ha interessato diverse norme sancite poi via via sia nei regolamenti tecnici sia nell’applicazione ontologica delle stesse. Ma qui sta anche la vitalità del baseball e del softball, mai decisamente fermi nelle sfumature.

Ed allora in particolare andiamo a parlare di quando avvenne nel 1986 quando, con un colpo di mano particolarmente intrigante, il regolamento del Softball non fu tradotto da quello algido emanato dalla ISF ma da quello corposo dell’ASA del 1985.

Così la regola 6 ( in specie nella sua sez. 1 a; sez.2: situazione di gioco ; effetto sez. 3) e la reg. 8 sez. 3 a) furono destinate a divenire indiscutibili protagoniste dei campionati a divenire sino al 1990 quando si ritornò all’origine globale dell’ISF. Ma cosa avvenne? Avvenne che la reg. 6 nella sez. a), stella dall’inconfondibile fascino ammaliatore e padrona di risvolti poliedrici e mai fedeli, recitasse testualmente: “(la lanciatrice dovrà)…prendere posizione col piede di perno sulla pedana del lanciatore e con quello di passo a contatto della pedana o dietro di esso. Ambedue i piedi devono essere poggiati a terra entro la larghezza dei 61 cm. della pedana…”

 

Era una vera rivoluzione che, per quanto riguardava l’ASA, codificava le sue proposte di Colorado Spring del 1985 configurando una nuova visione interpretativa del Softball in perfetta sintesi con l’evoluzione dei tempi sino a chiudere il cerchio con la reg. 8 sez. 3 a) di cui dirò.

 

Dunque il lancio, movimento principe di differenza tra il baseball ed il softball e che era già stato delineato nei tempi andati da ben altre cinque azzeramenti, diveniva ancora una volta genio e sregolatezza della dinamica esecutiva dei giochi in diamante puntualizzando il contatto, i segnali e la fermata, le mani e successivamente il movimento vero e proprio.

 

In primo luogo il contatto: veniva indicato che solo il piede di perno doveva essere a contatto della pedana; la posizione di quello di passo era facoltativa ovvero poteva essere posizionato sia a contatto sia dietro la pedana purchè entro la sua larghezza. Interessante questa nuova posizione poiché più vicina al naturale movimento armonico e sciolto del braccio e tale da permettere al corpo della lanciatrice di traslare il proprio baricentro per un più lungo segmento e dunque in più perfetto equilibrio al fine di imprimere alla palla una maggiore energia cinetica, ovvero maggiore velocità.

 

Nell’esecuzione corretta del lancio allora, dopo aver assolto alla ritualità dei segnali e del fermo di entrambe le mani davanti al proprio corpo (ricordate? Sino al 1979 dai 2 ai 20 secondi, poi dal 1980 da 1 a 10 secondi), si evidenziava questo piede di passo che diventava soggetto scomodo e speciale che, da par suo, disdegnava altresì paragoni e confusione acquisendo indiscussa dignità propria non volendo essere da meno del collega in arte piede di perno.

 

Ora, poiché per passo si intende (vedasi il Devoto-Oli) il complesso di quei movimenti ritmici ed alterni degli arti mediante i quali si effettua lo spostamento del corpo da A a B mentre per salto quello del sollevamento rapido del corpo dal suolo per traslare lo stesso da A a B, nell’esecuzione del lancio, la lanciatrice doveva eseguire come sempre un solo passo in avanti in direzione del ricevitore e con il piede di passo doveva toccare terra entro la proiezione della pedana.

 

Ma è il mancante periodo inerente il piede di perno che faceva così intuire come finalmente, alla luce di una giusta interpretazione, lo stesso poteva svolgere solo ed esclusivamente la sua azione principale che era la spinta. D’altra parte, essendo regolari i contatti, se il piede di perno avesse dovuto rispettare il contatto sino al completamento del passo, ciò avrebbe inficiato la naturalezza del passo stesso al lanciatore e se del caso configurato i prodromi del lancio illegale.

 

Ma a questa innovazione di ampio respiro il piede di passo altresì diventava starter d’eccezione proprio nella reg. 8 sez. 3 laddove in evidenza si sanciva che “i corridori possono avanzare a loro rischio: …a) al momento del rilascio del lancio quando il tallone del piede di passo del lanciatore ha già superato il lato frontale della pedana nel movimento di lancio verso casa base”. Questo concetto poi veniva ribadito ancora una volta nella stessa reg.8 sez.8 u) al fine di calibrare l’armonia di uno sviluppo spettacolare senza eguali e foriero di non poche discussioni cui solo un’assassina moviola avrebbe apportato sani contributi di cornice.

 

Indiscutibilmente questa precisa nuova scelta tecnica consentiva al corridore di potersi staccare dalle basi con circa ¼ di anticipo prima che la palla lasciasse la mano, ovvero che il movimento del lancio fosse completato, o meglio privilegiare il tempismo di partenza. Di fatto tendeva a modificare sostanzialmente il gioco in diamante a tutto beneficio di un già eclettico spettacolo.

 

Era dunque la visione di un softball che riconsegnava al lancio la sua figura più naturale esaltando altresì la corsa sulle basi magnificando un tempismo di nuova caratura.

 

Poi nel 1990 l’official rule italiano fu tradotto nuovamente da quello della ISF cancellando, a mio parere, una positiva corrente innovativa e non solo e si fece naufragare quella qualificante attività di pensiero e punto di vista culturale che è un modo di essere e capire le cose.

 

Molte le riflessioni dunque se ci si sofferma a leggere alcune pagine ingiallite…

 

La copertina del Regolamento Tecnico del 1986

 

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