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Il baseball nel costume americano

Nella foto da sx Vittoria Sincero, Valencich e Bandi

di Allegra Giuffredi

Chi mi segue da qualche anno sa che del baseball mi piace rilevare tutto quel corredo “nazional popolare” che culturalmente munisce il “batti e corri” sia italiano che statunitense. Negli ultimi tempi, vedendo il telefilm “Rizzoli ed Isles”, poliziesco di cui non vado proprio pazza, ma che è comunque ben costruito, ho sentito un dialogo che mi ha molto interessata, perché, come forse non tutti sanno questa serie TV è ambientata a Boston e Boston, per noi, vuol dire una cosa sola: Red Sox! In pratica uno dei protagonisti, nell’introdurre un nuovo personaggio nel telefilm e quindi nel cast, parlava del fatto che Boston fosse legata indissolubilmente ai Red Sox e che tutto era cominciato nel 1919, quando Babe Ruth fu ceduto proprio dai Sox agli odiati New York Yankees! Ora, se io dovessi scegliere tra le città di New York e Boston, sceglierei la prima, perché Boston una volta che l’hai vista, almeno secondo me, l’hai vista per sempre, mentre New York è sempre una scoperta, a prescindere dai Mets o dagli Yankees, anche perché io tifo per i Cubs di Chicago, che tra l’altro è una gran bella città.

Ma a parte queste mie divagazioni veniamo alla diatriba tra Boston e New York su Babe Ruth (1895 – 1948).

In pratica, il tutto nacque dal fatto che George Herman Ruth, detto “Babe”, fu ceduto dai Boston Red Sox ai NY Yankees nel 1919 e da allora per la conseguente cosiddetta “maledizione del bambino” i Red Sox dovettero attendere 86, diconsi ottantasei anni, prima di vincere le World Series.

 

Babe Ruth, del resto è stato un talento puro del baseball americano e a perderlo, i tifosi di Boston proprio non ci stavano, ma alla fine andò come andò e gli Yankees, con Ruth, vinsero ben sette Pennants e 4 World Series.

È interessante sapere che Ruth iniziò la sua carriera come lanciatore e siccome talvolta, quando andava alla battuta, riusciva a fare dei gran fuoricampo, azione di cui è sempre stato un grande interprete, volendo giocare con maggiore continuità, fu proprio lo stesso Ruth a voler cambiare ruolo e con grande successo.

 

Immaginatevi quindi con che disdoro i tifosi dei Red Sox abbiano apprezzato il passaggio del loro idolo agli Yankees di New York. Ruth, peraltro era uno che dove lo mettevi, stava e quindi, come detto, contribuì senza farsi troppi problemi e tangibilmente alle successive vittorie dei newyorkesi, suscitando il grande rimpianto dei bostoniani, che da allora ha alimentato una grande rivalità tra le due città dell’East Coast statunitense.

 

Ruth, noto per le sue scorribande sentimentali e per gli stravizi, è stato comunque un giocatore fenomenale e anche piuttosto empatico, perché amava fare del bene, forse per la sua origine così incerta e modesta e comunque sia, alla fine, pagò anch’egli un conto salato alla sorte, perché non riuscì mai a diventare allenatore e nel 1948, morì di cancro.

 

Al di là di qualsiasi diceria o leggenda metropolitana Ruth è stato uno di quei giocatori che faceva davvero la differenza e cederlo è stato sicuramente uno dei più grandi regali della storia dello sport. 

E’ poi interessante considerare quanto quella cessione del 1919 faccia ancora discutere le tifoserie delle due squadre e quanto sia ancora attuale.

 

Ma non è finita qui, perché durante un episodio di “Criminal Minds”, telefilm quanto mai cruento e da bollino rosso, chi ti salta fuori?

Nellie Fox. 

 

Jacob Nelson Fox (1927 – 1975) ha fatto capolino in quell’episodio sotto forma di “figurina” e siccome non voglio spoilerarne il perché, qualora vi troviate a vederlo, lo scoprirete da soli, ma a me, in verità è interessato saperne un po’ di più del giocatore che della trama del telefilm.

 

Nellie Fox è stato un pilastro dei Chicago White Sox, dove ha giocato dal 1950 al 1963 ed è entrato nella Hall of fame nel 1997, ma forse la caratteristica che più lo contraddistingue è l’aver partecipato da difensore a 68 su 217 doppi giochi fatti nella stagione 1949, quando giocava per i Philadelphia Athletics, record assoluto fino al 2012.

 

Il baseball fa veramente parte della storia americana e i telefilm americani ne sono un continuo esempio ed una fucina di episodi davvero interessanti.

 

Ma anche i cartoni animati, per così dire, non scherzano. Vi ricordate di quando nei “Simpons” il perfido Mr. Burns incarica il pavido e fedele collaboratore Smithers di costruire una squadra galattica, richiamando anche giocatori, passati a miglior vita, come Honus Wagner, che tra l’altro, a proposito di figurine, è la “figurina” tra le più ricercate e care al mondo.

 

Di quella squadra poi faranno parte giocatori più contemporanei per dir così e la vittoria andrà … non voglio spoilerare, anche perché mi sa che ne ho già parlato in un altro dei miei corsivi, ma c’è poco da fare, anche questo è la dimostrazione di quanto il baseball faccia parte del costume americano, come poco altro.

 

Allegra Giuffredi

 

 

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