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Molto seguiti e letti sono stati poi i testi ispirati dalla coraggiosa vicenda che interessò Jackie Robinson e la problematica razziale. E diversi film sono stati prodotti, tra cui l’eccellente ultimo “42” diretto da Brian Helgeland con interpreti Harrison Ford e Chadwich Boseman sullo schermo nel 2013, a dimostrare come solo attraverso il baseball fosse possibile abbattere il muro razziale in una disciplina sportiva che prima del 1947 viaggiava su binari paralleli: la Major League e la Negro League. Tra i tanti che hanno delineato a più riprese la vicenda, è preciso e scorrevole il testo scritto dal giornalista Scott Simon nel 2002 “Jackie Robinson and the Integration of Baseball” molto ben tradotto in italiano da Marco Bertoli “Il mio nome è Jackie Robinson” ed edito in Italia nel 2011 grazie all’iniziativa della benemerita casa editrice 66th and 2nd che ha scelto anche libri sul baseball come argomento da divulgare.
Ed infatti della stessa casa editrice si va a leggere “For Love of The Game” scritto dal giornalista Michael Shaara e licenziato alla stampa dal figlio Jeff nel 1997 quale sublime messaggio d’amore del genitore verso il baseball. Tradotto con viva partecipazione da Marco Rossari la vicenda in effetti è quella adattata sul grande schermo nel 1999 da Sam Raimi con interprete un eccezionale Kevin Costner ben calato nei panni di un lanciatore, a fine carriera, teso a realizzare la sua partita perfetta.

Un’altra perla che premia questa casa editrice è il rispolvero di un libro che ha visto i natali nel 1987: “The Curious Case of Sidd Finch” di George Plimpton sui tipi della Macmillian Publishing Company. In Italia viene pubblicato nel 2012 con la traduzione di M. Martino.
Il romanzo in verità fu scritto dall’autore dopo che un suo articolo apparso su Sports Illustrated il primo aprile del 1985 ebbe un incredibile riscontro. Il settimanale infatti lanciò l’articolo come nota in esclusiva inerente la presenza presso lo spring training dei New York Mets di un giovane monaco tibetano che stava lanciando con precisione assoluta una pallina all’inaudita ed inarrivabile velocità di 168 miglia orarie.
La redazione fu inondata da lettere e palpitanti chiamate da parte di molti tifosi che volevano sapere di più sul caso e la settimana dopo la rivista con sorniona scrittura riportò alla dura realtà i lettori invitandoli a far dovuto riferimento alla data di pubblicazione, ovvero un simpatico pesce d’aprile.
Su questo umoristico successo due anni dopo George Plimpton ampliò la sua nota redazionale con un racconto stravagante in apparenza ma rivelatore di vita sia nel baseball sia in America. Il personaggio Finch Sidd, con due “d” in omaggio a Siddhartha, è un giovane inglese aspirante monaco buddista che, dopo aver passato alcuni anni sulle montagne dell’Himalaya, ha acquisito una veste mistica ed intellettuale così come sono i suoi lanci dettati dalla mente e dal cuore. Recita il testo “…con la prima pallina lanciata da Sidd non c’è stato tempo per alcuna reazione: abbiamo sentito solo il tonfo del cuoio che cacciava l’aria fuori dal guanto del ricevitore…” ed è la sintesi di quale minaccia avrebbero causato i suoi lanci (la curva era stata registrata sulle 120 miglia!) al delicato equilibrio della Major League ed al futuro stesso del gioco.
Da aggiungere infine a questo panorama della citata casa editrice il libro maestro dello scrittore canadese William Patric Kinsella “Shoeless Joe” scritto nel 1982 e pubblicato con la rinomata traduzione di Marco Rossari nel 2009. Da questo libro è stato sceneggiato l’immortale film “Field of Dream” ancora una volta interpretato da Kevin Costner e che per intensità visiva supera la qualità del libro stesso.
Ancora interessante per i diversi messaggi è la lettura di una particolare saga. Sono tre libri : “Ruth Marini: Dodger Ace”,” Ruth Marini of the Dodgers” e “ Ruth Marini: World Series Star” tutti scritti da Mel Cebulash dal 1983 al 1985, inerenti la personalità di Ruth Marini, una incredibile giovane lanciatrice che riesce a diventare la prima donna ad avere la possibilità vincente di giocare in Major League sino a disputare le World Series sul monte di lancio dei Los Angeles Dodger. E’ indubbiamente una storia fine a se stessa ma sottintende, specialmente se rivolta ai giovani, quanto il baseball possa concedere in opportunità e di queste anche una seconda volta.

Poi, nel 1981, è stato Martin Quigley a dare un momento di meditazione con il suo “The Original Colored House of David” stampato da Houghton Mifflin Co.
Il libro è uno specchio convesso alla storia di Jakie Robinson poiché l’autore si sofferma a delineare l’emotività di un giovane ragazzo bianco scelto per andare a giocare in una squadra di baseball composta da tutti giocatori di colore.
Gli atteggiamenti, le abitudini sempre esistenti in una nazione, che andrebbe tutta psicanalizzata per le sue incongruenze, sono il contorno ad una aperta e meravigliosa storia di maturità da conseguire sempre nei rapporti umani.
Colpisce poi una tenebrosa ricerca di realtà accaduta “The Death Row All Stars: a Story of Baseball Corruption and Murder” scritta nel 2014 da Howard Kazanijan e Chris Enss per conto della Globe Pequot Press.
Il saggio ripercorre la nascita di un carcere di massima sicurezza, costruito nella sperduta città di Rawlins nello Wyoming, dove il baseball nel tempo di un batter di ciglia fu visto come atto di rieducazione e redenzione. O come meglio detto da Pietro Striano “grandezza del baseball, sport unico, che per intima accettazione ben si rapporta alla crudeltà dell’uomo a volte accecato dal senso del potere e da quel freddo businees sempre pronto a sfruttare gli ultimi” ( tratto dal libro “Partita Doppia” ).
Allora, come non ricordare anche la struggente storia narrata da Mark Harris nel 1956 nel libro “Bang The Drum Slowly” e portata poi sul grande schermo con l’omonimo titolo (Batte il tamburo lentamente) dal regista John Hancock nel 1973 con un giovanissimo Robert De Niro al limite della perfezione.
Il lanciatore Henry Wiggen scopre che il suo amico Bruce Pearson, mediocre ricevitore, è affetto dall’incurabile linfoma di Hodghin e che pur di permettergli di giocare, sua unica passione, comunica al proprio manager che seguiterà a lanciare solo e solamente se a ricevere sarà Bruce. Quando anche gli altri componenti della squadra scopriranno il perché di questa decisione, allora tutti si ritroveranno ad essere più uniti per stare più vicino al loro sfortunato compagno.
Un messaggio di forte sentimento che, attraverso il baseball, fa meditare su come dirà Wiggen “Non so perché, ma non si può godere la vita quando la morte è lì dietro l’angolo”.
Michele Dodde
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terzabase (sabato, 11 aprile 2020 17:53)
michele sei proprio l'uomo adatto a sostituire l^ACHIVISTA mancante,
ciao GIOVANNI
l'l