I primi 10 cents per vedere una partita

Il libro edito da McFarland e Co., Inc.

di Andrea Salvarezza

Tornando alla rapida diffusione del gioco che si verifica alla fine degli anni ’50, essa non si evince solo dall’aumento del numero di squadre che vengono alla luce e di conseguenza dall’incremento delle partite giocate, ma anche per il sempre maggiore coinvolgimento di spettatori e giocatori. La febbrile eccitazione che si va sviluppando è testimoniata in modo emblematico dalla Fashion Race Course series di Long Island del 1858, una mini serie di 3 partite tra le selezioni dei migliori giocatori provenienti dalle squadre di New York e Brooklyn. Giocato sul campo neutro del Fashion Race Course, questa sorta di all-star game ante litteram mostra non solo l’enorme grado di popolarità raggiunto all’epoca dal gioco, ma testimonia anche la crescita di un forte senso di identità che avvicina le comunità locali a quelle squadre di baseball che ne rappresentano la diretta emanazione sul diamante.

Il primo incontro della serie vide sciamare una folla di quasi 8.000 persone, che pur di presenziare all’avvenimento non esitò a pagare un biglietto di ingresso del valore di 10 centesimi (giustificati come copertura delle spese sostenute per mettere a punto il campo di gioco), facendone così il primo match a pagamento della storia del baseball.

 

La partita, annunciata sui giornali con grande enfasi e dovizia di particolari, fu inizialmente prevista per il 13, ma poi rinviata di una settimana a causa della pioggia. Il match si disputò quindi nel pomeriggio di martedì 20 luglio e fu vinto per 22-18 dalla squadra di New York, nonostante l’unico home run della  partita messo a segno da Holder, seconda base di Brooklyn.

 

Con la vittoria di Brooklyn nella rivincita giocata il 19 agosto e finita con un perentorio 29-8, si giunse così alla “bella”, prevista per il 10 settembre: vista l’eccezionalità dell’evento, che avrebbe assegnato la definitiva vittoria nella serie, la partita ben testimonia il crescente senso di appartenenza e «partisanship» che avrebbe via via assicurato al gioco una popolarità a quei tempi inedita, affidando a quella che fino a qualche anno prima si segnalava come una semplice contesa sportiva significati ben più profondi e radicati per giocatori e spettatori. 

L’evento ha meritato una descrizione più dettagliata perché fu uno dei primi avvenimenti di rilievo a livello di pubblico, ed ebbe grande risonanza su giornali e periodici: fu dunque importante perché risvegliò un forte interesse attorno al gioco, e fu in grado di attirarvi migliaia di proseliti.

 

Dal biennio 1857-1858 in poi la popolarità del baseball si propaga fortemente al resto d’America: New York ne resta la “capitale”, il suo stile e il suo regolamento (il “New York game” appunto) si impongono nel resto della nazione, riuscendo gradualmente (e non senza resistenze) a soppiantare e sostituire completamente gli altri giochi di palla e mazza all’epoca praticati nel resto d’America.

 

Va infatti specificato che  accanto al “New York game”, da cui scaturì il baseball moderno, alla metà del XIX secolo erano praticate in America anche altre versioni del gioco, che avevano raggiunto una certa popolarità intorno alle città di Philadelphia e Boston.

 

Nella città dell’amore fraterno l’Olympic Ball Club si era istituzionalizzato fin dal 1833, praticando il gioco del townball, che si differenziava dal baseball in diversi aspetti tra i quali segnaliamo quelli più salienti:

  • il campo da gioco aveva la forma di un quadrato (e non di un diamante), e non prevedeva le linee del foul;
  • il numero di giocatori variava tra i 10 e i 14;
  • era permessa l’eliminazione colpendo il corridore con la pallina (la cosiddetta pratica del soaking, che nella versione newyorchese era stata invece eliminata);
  • vinceva la prima squadra capace di mettere a segno 100 punti (!);
  • palla e mazza erano di dimensioni più piccole;
  • un giocatore eliminato (e non i canonici tre) concludeva la parte di inning della squadra in attacco;
  • infine, e questi due aspetti sarebbero stati in seguito adottati anche dal baseball, nel townball il pitcher poteva lanciare «overhand» anziché «underhand» (il che permetteva lanci più difficili e rendeva la vita più ardua ai battitori, ma sul punto torneremo in seguito); e fin da subito questa    versione del gioco prevedeva l’obbligo dell’eliminazione al volo, acquisizione che sarebbe stata raggiunta dal baseball solo dopo la travagliata trafila di cui abbiamo già dato conto.

  

Il townball, che nell’area di Philadelphia non raggiunse il benché minimo risultato “istituzionale” a livello di associazione, e fu soppiantato quasi senza alcuna resistenza dal “New York game”, ebbe invece una presa più forte nell’area del New England, ove era inizialmente noto con il nome di “Round Ball” e divenne poi «the Massachusetts Game of Base Ball»: qui il primo club formatosi fu l’Olympic Club of Boston del 1856, i cui membri decisero di darsi un’organizzazione permanente dopo aver praticato il gioco in modo informale fin dal 1854.

 

Alla pubblicazione del regolamento di gioco, avvenuta per mano dello stesso Olympic Club nel 1857, seguì la convocazione per una convenzione statale prevista per il maggio dell’anno successivo. Qui prese vita la «Massachusetts Association of Base Ball Players», che optò per il regolamento tipico del townball e la cui nascita testimonia come sul finire degli anni ’50 il «Massachusetts Game» fosse ancora all’apogeo, se non altro nella zona del New England.

 

Tuttavia le vicende che avrebbero portato alla “sostituzione” della versione Massachusetts con quella giocata a New York si erano messe in atto  già a partire dal 1857, con il viaggio di lavoro in New England di Edward G. Saltzman, un membro dei New York Gothams che iniziò ad insegnare ai suoi nuovi dipendenti a giocare a baseball secondo la versione in uso nelle Grande Mela. 

 

Egli  poi contribuì nello stesso anno alla nascita del Tri-Mountain Base Ball Club di  Boston, divenendone Presidente: il neonato sodalizio optò fin da subito per le regole newyorchesi, che provò ad imporre alla convenzione statale del 1858 in cui fu formata la «Massachusetts Association of Base Ball Players».

 

 

Segue

 

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Tratto da A. Salvarezza, Eccezionale quel baseball! L'origine dell'isolazionismo americano negli sport, Dottorato di ricerca in critica storica giuridica ed economica dello sport (relatore: Adolfo Noto), ciclo XXII, Teramo 2009.

 

 

 La Tesi di Andrea Salvarezza

 

 

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