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... con affetto, Clint - 2^ parte

Traduzione di Frankie Russo da un articolo apparso su ESPN.com

Clint Hurdle, il manager che ha guidato i Pittsburg Pirates ai playoff dopo vent’anni. 

Seconda e ultima parte

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Circa una settimana dopo, Hurdle cominciò a ricevere telefonate dai suoi ex collaboratori in Colorado dicendo che avevano nostalgie dei suoi proverbi. Dico tra me e me: “Mi state prendendo in giro? Io sono stato licenziato e a voi servono i miei sermoni?” e continua con una grossa risata: “Comunque avevo dato qualcosa che a loro sembrava utile e che desideravano ancora”.

Iniziò così la storia dei proverbi. Nonostante il licenziamento, Hurdle continuò a inviare messaggi a 12 membri dell’organizzazione dei Rockies, parole che li aiutava ad affrontare la giornata. La squadra partecipò ai playoff come “wild card” anche se fu eliminato al primo turno dai Phillies, ma Clint Hurdle dimostrò di aver costruito qualcosa che durava nel tempo. A fine stagione erano circa 500 le persone a ricevere i suoi messaggi.

 

13 settembre 2013

Non mi preoccupo mai del futuro, arriva già troppo presto” – Albert Einstein

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

A quel punto Hurdle era pronto per iniziare una nuova avventura e nel 2010 fu assunto dai Texas Rangers come allenatore della battuta, dove fece sentire subito la sua presenza nello spogliatoio e principalmente nella gabbia di battuta. Josh Hamilton (che aveva problemi di alcolismo, ndr) guardava il suo allenatore come se si guardasse allo specchio, non poteva rovinare la carriera a causa dell’alcool. Hurdle lo pregò di non avere una carriera fallimentare come la sua, e il giovane rispose agli inviti, finì la stagione con una MB di 359, 32 fuori campo, il totale che Hurdle aveva realizzato in tutta la sua carriera. La cosa migliore della stagione fu che per la prima volta Texas giocò nelle World Series, e fu alquanto curioso vedere finalmente Hurdle al posto giusto al momento giusto. La cosa peggiore fu la morte dell’amico Keli Mc Gregor.

 

Era il 20 aprile 2010 al Fenway Park in Boston che Hurdle apprese la notizia della improvvisa morte di McGregor avvenuta in una stanza di albergo a soli 48 anni. Erano stati insieme poco tempo prima, e anche dopo il licenziamento, era rimasto l’abitudine di incontrarsi almeno una volta al mese per continuare a fare le lunghe passeggiate che prima facevano, non c’era mai stato rancore, era incredibile.

 

“Mi recai sotto il “Green Monster” e piansi per circa 30 minuti, sentii che lo dovevo fare” disse Hurdle nel suo discorso alla funzione funebre.

 

L’improvvisa morte di McGregor faceva tornare in mente le parole che usava riferire sempre: Oggi farai la differenza. Perché non si saprà mai cosa accadrà domani. I ricordi dell’amico McGregor erano sempre presenti e promise a se stesso che se mai avesse avuto un altro incarico da capo allenatore, avrebbe continuato a spedire messaggi, lo avrebbe fatto in memoria di Keli.

 

L’anno successivo Hurdle ebbe due proposte da manager, dai facoltosi NY Mets e dalla franchigia di piccole risorse, i Pittsburgh Pirates, appunto. Aveva un passato con i Mets, aveva condiviso con loro le sue prime esperienze, e in più i Mets avevano risorse economiche in abbondanza, uno stadio nuovo e milioni di telespettatori ogni giorno.

 

 

Ma Hurdle scelse i Pirates per più di un motivo. Era d’accordo con il GM sulla linea da seguire per la ricostruzione della squadra con i giocatori delle minors, ed era d’accordo con il proprietario di valorizzare i giovani che avrebbero scelto nelle selezioni. Ma non erano questi i motivi primari. A Pittsburgh era dislocato “The Children’s Institute”, una delle strutture meglio equipaggiate per seguire i bambini affetti dalla sindrome di “Prader-Willy”. Hurdle ormai era diventato un esperto e predicatore a livello nazionale per la cura della malattia e conosceva già molti medici del centro. Maddie sarebbe stata in un posto vitale per essere curata, se necessario, Maddie avrebbe trovato la serenità, Maddie veniva sempre prima di qualsiasi altra cosa. In altre parole, Maddie stava per portare il padre in un altro posto dove non era mai stato prima, all’ultimo posto in classifica.

 

“Era una grande scommessa per un allenatore”, ci racconta Hurdle “ma anche una delle più belle città. La storia, Roberto Clemente. Esistono ricordi che non trovi in altri posti come questo, e poi il solo pensiero di cambiare mentalità e cultura, riaccendere il passato, il tutto mi attraeva. E poi era anche una bella città dove crescere i figli, tutto è trasparente come lo sono io, tutto è alla luce del sole. E’ come indossare un bel paio di jeans.”

 

14 settembre 2013

La filosofia della formica di Jim Rohn

Attraverso gli anni ho sempre insegnato ai giovani un semplice, ma efficace concetto, la filosofia della formica. Tutti dovrebbero studiare il comportamento delle formiche e la loro sorprendente filosofia che può essere divisa in quattro parti, questa è la prima: Non si arrendono mai, questa è una ottima filosofia. Se vanno in una certa direzione e cerchi di fermarle, cercheranno un’altra via. Passeranno sopra, passeranno sotto e gireranno intorno. Cercheranno sempre una scappatoia. Che magnifica filosofia, non perdere mai di vista il tuo punto di arrivo.

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

I primi messaggi inviati ai giocatori nel 2011 furono accolti con molto scetticismo, d’altronde era del tutto comprensibile dopo che avevano perso 105 partite l’anno precedente. In confronto, ricostruire la squadra in Colorado era stato un gioco da ragazzi, qui l’obiettivo era di cercare di perdere meno di 100 partite. Convocò i giocatori e disse loro che voleva vederli giocare al massimo, impegnarsi 9 e 90, significando che voleva che giocassero al massimo per 9 inning e per conquistare la base successiva a 90 piedi. Disse anche che non era solo un problema di vittorie e sconfitte, ma di come ci si presenta in campo. “Voglio che la squadra avversaria guardi la nostra panchina e sappia che giochiamo per vincere” concluse Hurdle.

 

Se pensavano che i discorsi ed i messaggi del loro allenatore fossero banali, allora era sufficiente guardare come si comportava con la figlia Maddie per capire che il loro tecnico era verace. Dopo ogni partita casalinga lei era lì allo stadio aspettando il padre in lacrime quando perdeva e con il pollice rivolto verso l’alto quando vinceva. Diceva di voler sposare Neil Walker (il seconda base, ndr) anche se il giocatore preferito era Andrew McCutchen. Stava ritornando l’atmosfera che regnava negli anni ’70 quando si sentivano “Una Famiglia”. Riferisce lo stesso Walker: “ Sin dal primo giorno ci ha ricordato la storia gloriosa di questa squadra, di questa organizzazione. Ci ricordava dove potremmo e dove dovremmo arrivare, ma la cosa più importante è che ci ha fatto capire che dobbiamo credere in noi stessi. E’ toccante vedere come si comporta con la figlia, ha sempre una attitudine positiva e questo modo di fare trasmette a noi tutti una emozione indescrivibile”.

 

Il primo anno a Pittsburgh, nel 2011, finì per essere uno scherzo del destino. I Pirates erano in testa alla classifica a metà luglio, la prima volta che accadeva dal 1997. Una “chiamata” sbagliata a casa base decretò la sconfitta contro Atlanta nel 19° inning che sembrò tagliare le gambe alla squadra che finì al 4° posto con un record di 72-90. L’anno successivo, il 2012, fu un miraggio. In agosto i Pirates erano 13 partite sopra 500 per poi crollare e finire 79-83. Ma ogni giorno, dopo ogni sconfitta c’era un messaggio di Hurdle che finiva sempre con la stessa frase: Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint”.

 

“Molto poco di ciò che scrivo è farina del mio sacco, generalmente è di autori che rispetto,” dice Clint, “e il motivo è da ricercare nel fatto che spesso mi sono sentito solo, a volte per mia scelta, a volte per motivi che non potevo controllare. E c’era sempre qualcuno lì ad incoraggiarmi, poteva essere mio padre, poteva essere Karla o poteva essere Keli. Sempre qualcuno che mi diceva: “Tu puoi fare la differenza. E’ bello sentirsi circondato da persone che ti amano nel momento del bisogno. Quando invio i messaggi, spesso non penso che devono essere letti dai giocatori o da tutti gli altri, credo invece che chi ha bisogna di leggerli sia proprio io”.

 

15 settembre2013

Questo è uno dei più simpatici messaggi mai ricevuti. Spero che sarete in molti a poterli condividere.

Dal punto di vista dei bambini e/o lettere dei bambini scritte a Gesù:

 

  • Caro Gesù, sono stato a un matrimonio e ho visto gli sposi baciarsi in chiesa. E’ giusto? (Neil)
  • Caro Gesù, invece di far morire tanta gente e poi farli rinascere, perché non tenere quelli che già ci sono? (Jane)
  • Caro Gesù, per favore cerca di inserire un’altra festa tra Natale e Pasqua, per il momento non ce n'è nessuna. (Ginny)
  • Caro Gesù, forse Caino e Abele non si ammazzerebbero tanto se ognuno di loro avesse una propria stanza. Funziona con mio fratello! (Larry)
  • Caro Gesù, dicono che T. Edison ha inventato la luce. E il sole? A scuola dicono che sei stato tu. Quindi credo che abbia copiato una tua idea! (Donna)
  • Caro Gesù, grazie per avermi mandato un fratellino, ma veramente avevo pregato per un cagnolino! (Joyce)
  • Caro Gesù, credo che è molto difficile per te amare tutti gli esseri umani allo stesso modo. Noi in famiglia siamo solo quattro e a me resta molto difficile. (Nan)

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

In un certo senso il 2013 è stato un anno pieno di soddisfazioni. Però, semmai Hurdle avesse avuto bisogno di essere consolato dopo una dura sconfitta, sicuramente lo sguardo si sarebbe posato sul poster appeso sul muro nel suo ufficio che riporta la citazione di John Lennon inerente la felicità. “Erano grandi filosofi, i Beatles” racconta Hurdle. “ Se ognuno si soffermasse a riflettere, capirebbe che la vita è tutta racchiusa nella felicità. Non di cose materiali, titoli di lavoro. E’ tutta una questione di felicità”.

 

Ormai i suoi messaggi sono letti in tutto il mondo. I giocatori inoltrano i suoi sms alle mogli, alle fidanzate, che a loro volte li inoltrano ai genitori, agli amici e parenti tutti. La lista è arrivata a oltre 1.000 persone.

 

“Ricevo risposte da tutti, dirigenti di società, allenatori di football, di pallacanestro, sia essi dilettanti che professionisti, da giocatori di high school e universitari,” dice Hurdle. “Tutto questo potrebbe trasportarmi in un mondo fantasioso, invece la realtà è che ci sono tante persone che hanno bisogno di essere confortati. Resto in contatto con molti, e non è un fatto di sesso o di razza”.

 

In agosto ormai era una corsa per vincere la divisione. Il messaggio giornaliero di Hudle ai giocatori era quasi sempre lo stesso “concentrazione su ogni lancio, ogni lancio è importante, ogni lancio può significare vittoria o sconfitta”. Era un obiettivo ambizioso, ma grazie alla straordinaria prestazione stagionale di McClutchen, del sorprendente rendimento del lanciatore Gerrit Cole, della potenza in battuta di Pedro Alvarez e la grinta del nuovo ricevitore Russell Martin, i Pirates rimasero in corsa.

 

“Credo che squadre giovani come la nostra, danno troppo peso alle sconfitte rispetto alle squadre abituate a vincere”, racconta McClutchen. “Squadre vincenti dimenticano subito la sconfitta e pensano già alla prossima partita. Hurdle è riuscito ad inculcarci questa diversa mentalità. Quando perdiamo andiamo sotto la doccia, mettiamo la sconfitta alle spalle e pensiamo al giorno dopo”.

 

Questi erano i sentimenti il 20 settembre in Cincinnati quando i Pirates conducevano 5-2 al nono inning, due eliminati e corridore in prima, e l’interbase Jordy Mercer sbaglia il tiro per l’ultimo eliminato. I Pirates furono sconfitti al 10° 6-5 e la squadra aveva il forte bisogno di un “Con affetto, Clint”.

 

Le partite dei giorni successivi furono snervanti fino a quando il lunedì sera, al Wrigley Field in Chicago, Starling Marte colpì un fuori campo sconfiggendo i Cubs e conquistando il diritto di giocare nei playoff. Champagne scorreva per tutto lo spogliatoio mentre Hurdle – ancora una volta al posto giusto nel momento giusto – in un angolo sorseggiava il suo succo di mela. Quindici anni lontano dall’alcool lo avevano reso un uomo di famiglia. Lui fa la differenza.

 

Dal suo relativamente asciutto ufficio al Wrigley Field, Hurdle alzò la cornetta del telefono per parlare, per piangere, per condividere la vittoria con Karla e Maddie.

 

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Commenti: 3
  • #1

    domenico (giovedì, 06 febbraio 2014 21:45)

    grazie Frankie e grazie Paolo

    ... voi fate la differenza.

  • #2

    Paolo Castagnini (venerdì, 07 febbraio 2014 21:02)

    Grazie Domenico! :-)

  • #3

    Frankie (domenica, 09 febbraio 2014 09:19)

    Grazie a te Domenico per la tua dedizione. Inutile ripetermi, se hai bisogno sono qua! Un abbraccio