
Qualche giorno fa la mia attenzione è stata carpita da un articolo su “Repubblica” che indugiava sul fatto che i Milwaukee Brewers, freschi vincitori sui miei amati Chicago Cubs, avessero vinto spendendo poco ed avendo giocatori molto “convenienti” a libro paga.Insomma ed in pratica sarebbe stata la vittoria di chi con poco fa tanto o di chi ha fatto “le nozze con i fichi secchi” …
Nell’articolo, comparso prima della serie tra i Brewers e LA Dodgers per la conquista del Pennant della National League, si sosteneva che: “I Brewers possono raggiungere le World Series con un monte ingaggi inferiore a 122 milioni. Mentre in Serie A Napoli e Roma guidano la classifica senza essere i club che spendono di più. È la dimostrazione del Teorema Cruyff: “Non ho mai visto un sacco di soldi fare gol” …”.
Angelo Carotenuto, giornalista di Repubblica ed autore dell’articolo in questione, intitolato “La minaccia di Milwaukee: si può vincere senza essere i più ricchi” fa un interessante parallelo tra baseball e calcio, che talvolta, molto più modestamente ho fatto anch’io su altri aspetti, per spiegare che quest’anno sembrerebbe possibile aspirare a vincere il Pennant e le World Series, così come lo scudetto calcistico, pur non spendendo molto, ma quel poco con oculatezza e soprattutto con un libro paga o “monte ingaggi” non stratosferico.
Addirittura, scrive Carotenuto, il fatto che i Milwaukee Brewers siano arrivati alla finale del Pennant, dopo aver vinto 3 a 2 la serie contro i Chicago Cubs, avrebbe portato il Wall Street Journal a definire “… la squadra di Milwaukee (come) una minaccia devastante, un’apocalisse del lavoro in grado di scuotere il futuro del baseball. (perché) Hanno l’ottavo libro paga più povero fra le trenta squadre della Major League, eppure sono a un passo dalle World Series, raggiunte in tutta la loro storia solo nel 1982. Il lavoro che fanno a Milwaukee è diventato un modello per le squadre dei piccoli mercati. …”.
Ecco, tutto questo discorso, ripeto assai interessante, credo si sia subito arenato con lo “sweep”, ossia il “cappotto” dei Dodgers sui Brewers, conseguito appena un attimo dopo, con buona pace del Wall Street Journal e delle più devastanti previsioni per il baseball statunitense, ma andiamo per ordine, cercando di considerare comunque lo spunto di cui sopra.
I Brewers, come dicevamo, si sono imposti sui Cubs solo alla quinta partita e con molte ombre sull’andamento della serie.
In primo luogo, in parecchi commentatori hanno messo in rilievo la possibilità (non so come) che i “segnali” fra catcher e lanciatore dei Cubs siano stati intercettati nei primi inning di Gara1 e Gara2 a Milwaukee, tanto che in Gara3, al Wrigley Field di Chicago, appena dopo il doppio di Jelich, leadoff dei Brewers, Taillon, partente dei Cubs si è fatto cambiare l’auricolare con cui solitamente dialoga col ricevitore, ma a parte ciò, che è un’illazione, Milwaukee, contro i Dodgers di Los Angeles, ossia una delle squadre più ricche del mondo del baseball, ha pagato il prezzo che di solito nel nostro gioco si paga quando si pecca di tracotanza, cosa che purtroppo si è vista in quel di Milwaukee, alla fine di Gara5 tra i Brewers e appunto i Chicago Cubs.
I giocatori dei Brewers infatti, hanno ecceduto, davanti al loro pubblico, un pubblico che dico la verità ho molto apprezzato per il colorato e caldo supporto che ha dato alla squadra, anche perché a me Milwaukee ricorda, come credo anche a molti di voi, la serie “Happy Days” che vedevo da bambina e che era davvero una perla, con le vicende di Ricky Cunningham, Fonzie (Arthur Fonzarelli) e i loro amici, i genitori di Ricky, la “Loggia del Leopardo” e così via … ma alla fine dell’incontro, i Brewers hanno visto bene di farsi una foto di gruppo con dietro una bandiera con sopra una “L” di “loosers” blu in campo bianco, che ricorda la nota “W” di Win che i Chicago Cubs issano al Wrigley Field e portano in campo con la mascotte, ossia l’orsetto Clark, quando vincono qualsivoglia partita casalinga, sotto le note di “Go Cubs Go” canzone che tutti i tifosi dei Cubs cantano allo stadio, prima di uscirne, in caso, appunto, di vittoria.
Una caduta di stile talmente becera da aver imbestialito ogni Cubs fan, di qua e di là dell’Oceano, perché davvero non era il caso di infierire così; probabilmente Chicago ha più appeal di Milwaukee, ma ripeto dopo “Happy Days” Milwaukee è conosciutissima ed amatissima nel mondo e poi può essere che Chicago e l’Illinois siano più ricchi e forse con una tradizione sportiva nel baseball, storicamente più pesante dei Brewers, ma nulla di ciò può giustificare quella che alla fine si è rivelata essere “la maledizione della bandiera con la “L””.
Come infatti sa ogni tifoso di baseball, nel nostro gioco si sono susseguite notevoli maledizioni come quella di “Billy Goat” proprio per i Cubs che ha tenuto per ben 108 anni e quella, cosiddetta “del Bambino” che ha nuociuto a Boston per innumerevoli anni, fino a quando cioè è arrivata la vittoria nelle World Series per Boston nel 2004 e per i Cubs nel 2016.
I Brewers sono stati letteralmente “asfaltati” dai Dodgers, ma adesso la teoria, che per certi versi è anche giusta per cui non si è mai visto fare gol ad un sacco di soldi, potrebbe avere un minimo di tenuta con l’affermazione dei Toronto Blue Jays, perché Toronto è una franchigia relativamente giovane, che non gareggia spesso per il Pennant, in questo caso dell’American League e quindi tanto meno per le World Series, alle quali, ripeto è invece già pervenuta tante volte la ricchissima squadra di Los Angeles e quest’anno, per il secondo anno consecutivo.
Chissà, si vedrà; comunque il parallelo tra baseball e calcio sul “monte ingaggi”, secondo me tiene poco, perché in Italia, solo in serie A o in alcune squadre di B si guadagnano cifre stratosferiche e nelle Major League, il minimo sindacale è comunque di 760.000 (settecentosessantamila!) dollari annui, mentre nel nostro tanto vituperato calcio, talvolta si arriva appena ai mille euro e qualcosa in più al mese, oltretutto poi proprio nell’articolo di Carotenuto si parla di un monte ingaggi inferiore a “udite, udite!” “… 122 milioni di dollari, (con cui) i Milwaukee Brewers sono arrivati in finale di Conference (sic) nel campionato di baseball per sfidare i Los Angeles Dodgers, una collezione di stelle costata oltre 350 milioni di dollari.“.
A parte che la “Conference” non so cosa sia, ma se mi sbaglio correggetemi pure, così imparo, parliamo comunque di cifre importanti e di campioni come Jelich o Contreras che non sono propriamente delle “scartine”, ma a parte questo, nel baseball: “lo scopo non dev’essere comprare giocatori, dovrebbe essere comprare vittorie e per comprare vittorie, bisogna comprare punti”, come disse l’attore Jonah Hill nel famoso film “Moneyball” e tornando a quanto si diceva sulla reazione antisportiva di Milwaukee, vincitore sui Cubs, non bisogna farsi prendere dalla frustrazione, bensì meditare e saper vincere, perché gli Dei del baseball son sempre lì e puniscono la tracotanza senza pietà.
Il nostro gioco vive anche di queste cose ed è bello per questo! Go baseball!
Allegra Giuffredi

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