Dummy Hoy, il giocatore che chiese agli Umpire di usare i gesti

Foto tratta da Wikipedia
Foto tratta da Wikipedia

Foto tratta da Wikipediadi Paolo Castagnini

La gestualità degli Umpire nel baseball non è sempre esistita, ma è nata a seguito di un giocatore di MLB non udente che chiese e ottenne la loro introduzione.

William Ellsworth Hoy (1862–1961) divenne sordo all'età di tre anni. Non parlava, ma laureato con il massimo alla Ohio School for the Deaf, dimostrò sempre grande intelligenza e spirito combattivo. Giocò 14 stagioni nella Major League dal 1888 al 1902, battendo quasi .300 di media (.288), rubando oltre 590 basi e diventando uno dei migliori esterni del suo tempo. Anche nel 1900, a 38 anni, fu il leader tra gli esterni in assistenze, eliminazioni e percentuale difensiva.

Essendo incapace di sentire le chiamate degli arbitri (“ball”, “strike”), Hoy chiese che venissero introdotti segnali visivi — primi segnali per “strike”, “ball” e “out”. Si ritiene che il gesto del braccio destro alzato per lo strike derivi da quelle richieste. 

Nella foto William Ellsworth Hoy (da Wikipedia)
Nella foto William Ellsworth Hoy (da Wikipedia)

All’epoca, “dummy” era usato per indicare chi non parlava; non rifletteva la capacità mentale.

 

Hoy accettava quel nomignolo e non aveva dubbi sulle sue competenze, anzi. 

 

Oltre che per le sue imprese sportive, Hoy è ricordato per aver aperto la strada all’uso ufficiale dei segnali visivi. Il campo di baseball dell’università per non udenti Gallaudet porta il suo nome e la sua eredità è celebrata nel documentario "Dummy Hoy: A Deaf Hero"

Hoy fu un giocatore che, pur non potendo sentire nulla, ha “sentito” il bisogno di cambiamento e l’ha promosso attivamente. L’introduzione di un sistema visivo che oggi consideriamo elementare, ma che a quel tempo non esisteva. Una figura umana, davvero ispiratrice: un uomo che trasformò un limite in una leva per modifiche reali e durature


Nato nel 1862 a Houcktown, Ohio, perse l’udito a tre anni a causa della meningite.

Frequentò la Ohio School for the Deaf, dove imparò a leggere le labbra e sviluppò un linguaggio del corpo chiaro e preciso: abilità che più tardi gli furono preziose anche in campo.

 

Debuttò in MLB nel 1888 con i Washington Nationals.

Giocò 14 stagioni complessive con varie squadre (Reds, White Sox, Senators…), mantenendo una media battuta di .288, più di 2.000 valide e oltre 590 basi rubate — numeri di assoluto rilievo per l’epoca.

 

Hoy non si limitava a giocare: studiava il gioco, inventava strategie e aiutava i compagni a posizionarsi meglio grazie al suo intuito e alla capacità di osservare i segnali visivi degli avversari. Era noto per il braccio preciso dagli esterni e per il coraggio nella raccolta delle palle in corsa.

 

Dopo aver lasciato il baseball nel 1902, tornò a vivere nell’Ohio e divenne un piccolo imprenditore agricolo. Partecipò comunque a eventi sportivi: nel 1961, a 99 anni, lanciò la prima palla di una partita dei Cincinnati Reds, pochi mesi prima della sua morte.

 

Hoy era orgoglioso di essere un modello per le persone sorde. Visitava scuole specializzate, incoraggiava i ragazzi a praticare sport e dimostrava che le barriere potevano essere superate. Il suo modo calmo ma determinato lo rese molto rispettato sia dai compagni che dagli avversari.

 

Considerato uno dei migliori esterni del XIX secolo. Il suo nome è ricordato in documentari, libri e nel campo da baseball dell’Università Gallaudet (per studenti sordi), che porta il suo nome.

 

È celebrato come un pioniere che ha dimostrato come talento, determinazione e creatività possano superare qualsiasi barriera

 

Paolo Castagnini

 

Sotto la targa presso l'Hoy Field - Gallaudet University Bison (Washington D.C.)

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