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L’ammirevole vita di Matthew Mack Robinson

di Michele Dodde

Le XI Olimpiadi di Berlino del 1936, fortemente volute dal regime hitleriano con l’oscuro disegno di dimostrare soprattutto anche nello sport la superiorità della razza ariana vengono ricordate per tre episodi di per sé significativi: il primo che Adolf Hitler si rifiutò di stringere la mano agli atleti di colore vincitori di medaglie, il secondo che l’atleta di colore statunitense Jesse Owens vinse ben quattro medaglie d’oro, il terzo, più emozionante, fu le scelta dell’atleta tedesco Carl Ludwing Hermann Long che, superando la pregiudiziale razzista insita in quel periodo, ed a suo discapito,  andò a suggerire la strategia vincente proprio ad Owens nel salto in lungo.

Eppure tra le righe di una cronaca dimenticata inerente a quell’Olimpiade è bene evidenziare un nome, quello di Matthew Mackenzie Robinson, detto Mack, che per soli 0,4 secondi in più conquistò "solo" la medaglia d’argento nella finale dei 200 mt. piani, proprio dietro al già citato Owens, dinnanzi alle circa centomila persone presenti all’Olympiastadion in quel 4 agosto del 1936. 

Tuttavia, senza voler dare alcun cenno di polemica ormai sopita nel tempo, sembra quasi necessario precisare che Owens ebbe la possibilità di correre con apposite scarpe chiodate realizzate personalmente da Adi Dassler (Adidas) mentre Robinson, poiché a quell’epoca gli atleti dovevano provvedere in proprio all’acquisto della necessaria attrezzatura, non avendo la dovuta somma per comprarsi delle appropriate scarpe da corsa, si era sempre dovuto arrabattare tra manche, quarti, semifinali e finale usando solo quell’unico paio di scarpe da lui già usato a partire dalle gare di college.  

 

Ma chi era in realtà Mack Robinson e perché lo si sta citando in un sito che annovera solo personaggi della storia del baseball? Perché ancora oggi si dice con molta superficialità che Mack era semplicemente il fratello maggiore del famoso Jack Roosevelt Robinson, detto Jackie, colui che nel mondo del baseball viene annualmente osannato ogni 15 aprile con le squadre ad indossare la casacca con il numero 42, quel pregevole numero che distingueva Jackie in ogni sua gara.

 

Ma in realtà è la vita condita da forte carattere e determinazione quella di Mack che andrebbe ricordata poiché tra le sue peculiari qualità primeggiano una valente discrezione ed una saggia volontà di restare nell’ombra lunga di quel suo fratello che per capacità e talento, e grazie alla lungimiranza di Branch Rickey che lo volle nel roster dei Brooklyn Dodgers, stava iniziando ad abbattere quell’inspiegabile enorme barriera razziale in verità ancora oggi serpeggiante.

 

Fu nel 1920 che la famiglia Robinson emigrò dalla Georgia sino a Pasadena in California pensando di trovare una località confortevole e priva di pregiudizi ed invece in quella città dovette constatare che vi era attuata una velata quanto mortificante segregazione. Infatti a partire dalla proprietà, che in alcuni quartieri era di esclusivo appannaggio dei soli bianchi, e dalla sezionatura dei trasporti pubblici, ciò che snaturava maggiormente i rapporti sociali era che sia la piscina della comunità e sia l'YMCA erano off-limits per le famiglie nere.

 

Quelle prime esperienze di discriminazione in effetti plasmarono la vita sia di Mack, che aveva 6 anni quando la famiglia si trasferì, sia di Jackie, che ne aveva uno, poiché compresero quanto fosse necessario primeggiare nello sport per ottenere un’agognata via di fuga.

Così Mack, nonostante un disturbo cardiaco che comunque non ha mai frenato la sua voglia di esserci, dopo aver sperimentato nei giochi scolastici quanto fosse portato nella corsa veloce, corre per la prima volta in pista in modo competitivo alla Washington Junior High School, dove batté il record della città nelle 120 iarde ostacoli bassi. Poi nel 1934 vince ogni corsa sulle 100 iarde divenendo il campione imbattuto della California. Quell'anno stabilì anche un record scolastico e di campionato nel salto in lungo, record che fu battuto solo nel 1966.

 

Di certo Mack non osò sognare di raggiungere le Olimpiadi estive del 1936 ma mentre frequentava il Pasadena Junior College, partecipando a una finale regionale nei 100 e 200 metri e nella staffetta presso il L.A. Memorial Coliseum si trovò, classificandosi sempre primo, a qualificarsi alle finali di New York dove con una ragionata corsa riuscì a superare sulla distanza dei 200 metri l'allora record olimpico di 21,2 realizzato da Thomas Edward Tolan, meglio conosciuto come “The Midnight Express”, alle Olimpiadi del 1932. Di diritto dunque entrò a far parte della squadra olimpica statunitense.

Da allora, nonostante l’oggettiva superiorità atletica, il suo coinvolgimento nel mondo dello sport fu irto di contraddizioni e scelte limitative derivanti dalla sua condizione di uomo di colore. Infatti a Berlino si trovò ad affrontare sia un forte clima intimidatorio delineato da bandiere naziste con svastica rossa, bianca e nera appese nelle vetrine dei negozi e suffragate da ponderosi editoriali del quotidiano “Völkischer Beobachter”, il giornale del partito nazista, che sosteneva come agli ebrei ed ai neri non dovesse essere permesso di partecipare alla competizione e sia a far fronte ad una ingiustizia razziale all'interno della sua stessa squadra.

 

Infatti, nonostante il suo secondo posto nei 200 metri piani, quando gli allenatori dovettero scegliere i componenti della staffetta 4x100, per compiacenza al clima instaurato, decisero di non convocarlo per non avere troppi corridori neri. Così i primi frazionisti furono i neri Jesse Owens e Ralph Metcalfe mentre a ricevere il tripudio finale corsero i bianchi Foy Draper e Frank Wykoff .

Ma una ulteriore e più scottante offesa morale Mack la ricevette al suo ritorno negli Stati Uniti quando l’allora presidente Franklin D. Roosevelt ospitò presso la Casa Bianca solo gli atleti bianchi vincitori di medaglie “dimenticandosi” di ricevere alcun atleta nero dei 14 atleti neri medagliati e basterebbe solo questo episodio per dirla lunga sulle diverse considerazioni avute da questo presidente verso la problematica e controversa politica nazionale ed internazionale oltre alla insipienza e sottile morale per abbattere l’aparthaid.

 

Altra amarezza per Mack inoltre fu che non ricevette alcun riconoscimento neanche dalla propria città…un eroe olimpico che fu costretto a lasciare gli studi universitari per cercarsi un lavoro che gli permettesse di sostenere la sua famiglia, incluso il fratello Jackie, che a quel tempo si era fatto un nome come talentuoso giocatore in ben quattro sport: baseball, basket, football ed atletica leggera all'UCLA.

 

Mack dunque accettò il modesto lavoro come spazzino a Pasadena ma con orgoglio significativo indossò sempre la sua felpa olimpica con "USA" sul davanti mentre svolgeva quell'umile compito. Ma che il razzismo a Pasadena fosse sempre latente si dimostrò virulento quando un giudice ebbe il coraggio di desegregare la piscina comunale: bene, le autorità cittadine in risposta licenziarono tutti i dipendenti neri, incluso il nostro Mack Robinson.

 

Queste insensibilità verso i campioni nello sport e le palesi ingiustizie verso i diritti divisero concetti ed impegni sociali dei due fratelli: Jackie Robinson a furoreggiare sui campi di baseball e quindi ad imporre con il suo talento un’apertura mentale verso l’impiego dei giocatori di colore in squadre di baseball che sino al 1947 erano state solo appannaggio dei giocatori bianchi, Mack Robinson invece volle restare a Pasadena e con grande determinazione non lasciò che i maltrattamenti subiti in città potessero indurire il suo cuore e lo allontanassero da dove era cresciuto ma anzi volle trascorrere il resto della sua vita cercando di migliorare la sua città in tutti gli aspetti sociali, rivendicando i giusti diritti, pur svolgendo una varietà di lavori umili, tra cui quello di operaio al Dodger Stadium. 

Tra i suoi interventi si ricordano le manifestazioni indette contro i crimini di strada e la creazione di parchi giochi e piscine comuni oltre al suo acceso contribuito nel ripristinare la pace sulla scia dei disordini di Los Angeles del 1992 e nella raccolta dei fondi per gli atleti olimpici.

 

Infine la sua offerta di volontario per varie organizzazioni civiche e gruppi giovanili convinto com’era che “Un campione necessariamente dovrebbe sempre restituire le sue ricompense ai giovani e dare loro una pacca sulla spalla". Questi meriti, più dell'argento olimpico e più che essere il fratello di Jackie Robinson, in effetti sono diventati la consapevole eredità di Mack Robinson nella sua città natale.

 

Ecco perché ora due grandi sculture in bronzo fanno bella mostra in Centennial Square nel centro di Pasadena, in California. Entrambe sono di dimensioni uguali. Ognuna è alta 9 piedi, larga 6 piedi e profonda 7 piedi. Ognuna pesa circa 2.700 libbre. E tutte e due raffigurano i due fratelli Robinson, un omaggio postumo della città di Pasadena a riconoscimento delle loro indiscusse personalità: Jackie nel Baseball, Mack nella promozione sociale a difesa dei diritti. Le sculture non raffigurano i loro corpi, ma piuttosto, significativamente, solo le loro teste, che senza dubbio dovevano essere le loro risorse più forti quando hanno superato enormi barriere razziali e socioeconomiche nel perseguimento di imprese atletiche. Fratelli divisi dalla notorietà e dall’ombra lunga di una vita spesa per una emancipazione sociale di primo piano: quando lo sport insegna l’etica.

 

Michele Dodde

 

 

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Commenti: 2
  • #1

    Ludovico Malorgio (giovedì, 07 luglio 2022 10:35)

    Michele Dodde ci racconta Illuminanti storie di sport e di vita vera, su cui riflettere. Complimenti! Grazie! Alla prossima!

  • #2

    Maria Luisa Vighi (giovedì, 07 luglio 2022 11:20)

    Lo sport e l'impegno sociale come metafora della vita! Attraverso il racconto appassionato e documentato scopriamo la realtà di questo assunto....!