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Lezioni di baseball da un padre del Bronx

Foto di Zach Lewis su Unsplash
Foto di Zach Lewis su Unsplash

(foto di Eddie Kelly / ProLook Photos)

di Michele Dodde

A sfogliare le diverse pagine che intreressano il baseball ecco che improvvisamente emergono delle testimonianze frutto di amore e meditazione inerente i rapporti tra padri e figli. Così credo sia interessante andare a leggere quella di Angie Mangino, eccellente giornalista freelance, che ha voluto delineare anche con garbata ironia quel legame “padre–figlio” sul diamante di baseball, legame che di fatto è praticamente una istituzione americana.

Con la testimonianza riportata su “Beyond the Scoreboard”, Angie va a precisare che suo padre era un appassionato di baseball e che, come la maggior parte degli uomini, probabilmente immaginava di insegnare questo sport a suo figlio.

 

Quindi dal lanciare la palla con lui, portarlo alle partite per sentire il ruggito della folla, era molto probabilmente il suo sogno. Dopotutto, lo Yankee Stadium era a pochi passi dalla loro casa nel Bronx negli anni Cinquanta. E quello stadio, meglio conosciuto come la "Casa costruita da Babe Ruth" rappresentava ciò che amava del gioco. Quello poi era il periodo degli Yankees di Casey Stengel, o meglio quando i Bronx Bombers stavano vincendo un pennant dopo l'altro. E il padre lì guardò Yogi Berra accovacciato dietro casa base con saggi segnali al lanciatore e poi arrivava il momento in cui ogni ottobre portava un'altra vittoria delle World Series degli Yankees. 

 

Ed era su quelle tribune che il padre sicuramente avrebbe sognato di insegnare a suo figlio in che modo tenere il punteggio, poi spiegargli le giocate e costruire grandi ricordi ma soprattutto, essendo quella l’epoca dominante tra padre e figlio, gli avrebbe tramandato non solo la conoscenza del gioco, ma anche lezioni sulla perseveranza, la lealtà e cosa significasse far parte di qualcosa di più grande di sè stesso.

 

Ma cosa avvenne però? Nacque lei, ed allora che cosa sarebbe successo al padre che certamente avrebbe sognato di condividere con il figlio i punteggi durante la colazione ed invece si era ritrovato una figlia che avrebbe preferito i tea party all'allenamento di battuta? Ed ecco allora che il padre, invece di abbandonare il suo amore per il gioco, fece qualcosa di piuttosto rivoluzionario per gli anni '50. Decise che la passione per il baseball non richiedeva un cromosoma Y.

 

Così, durante le passeggiate lungo Jerome Avenue fino allo Yankee Stadium, nacque un legame che è durato tutta una vita poiché mentre altri padri del quartiere insegnavano ai figli a scivolare a casa base, il padre le insegnava ad apprezzare la sottile arte del furto delle basi, la psicologia del duello lanciatore-battitore, il modo in cui una partita poteva girare su un singolo at-bat nella parte bassa del nono inning. Ed ancora andava a sottolineare come Yogi Berra si posizionasse in modo diverso per i diversi lanciatori, come Casey Stengel usasse i suoi giocatori in panchina come pezzi degli scacchi. Ogni sostituzione faceva parte di una strategia più ampia che non sarebbe diventata chiara fino all'ultimo inning e non trattò mai queste lezioni come un premio di consolazione per non aver avuto un figlio.

 

E questo suo modo comunicativo non l’ha mai fatta sentire come se fosse il sostituto di un ragazzo immaginario che sarebbe stato un destinatario più naturale della sua saggezza nel baseball. E quello era anche il periodo in cui il baseball era il passatempo indiscusso dell'America, quando le famiglie si riunivano intorno ai televisori per guardare le World Series, quando le divertenti frasi di Yogi venivano citate sui giornali insieme alla sua media battuta.

 

Il rumore della folla sugli spalti e la canzone "Take Me Out to the Ball Game" divennero allora un uso quotidiano e significativo da quando le insegnò a riempire una scorecard, spiegando ogni simbolo e abbreviazione come se stesse tramandando una lingua segreta. K per strikeout, E6 per un errore dell'interbase, 6-4-3 per un doppio gioco. All'età di dieci anni la piccola Angie era così in grado di segnare una partita completa senza perdere nemmeno una giocata e la sua calligrafia riempiva quei piccoli quadrati con i geroglifici del baseball, registrando la storia mentre i ragazzi di Casey marciavano verso un altro pennant. 

 

Poi la testimonianza di Angie diventa intima quando va a delineare come l'amore e la conoscenza possono superare qualsiasi divisione, indipendentemente dal genere, specificando che quando il padre le spiegava perché un manager poteva intenzionalmente dare la base a un battitore per caricare le basi, o perché un corridore prendeva un vantaggio dalla prima base, non stava pensando se questa informazione fosse appropriata per una figlia. Stava semplicemente condividendo ciò che amava con qualcuno che amava.

 

Ecco dunque che mentre altri padri del suo quartiere passavano tradizionalmente ogni sabato mattina ad insegnare al proprio ragazzo a girare i doppi giochi come l'interbase degli Yankees Phil Rizzuto, o a spiegare come colpire le palle veloci come in una ribalta dove il padre era l’allenatore ed il figlio un giocatore da sgrezzare, il suo non ha mai cercato di trasformarla nel figlio che non aveva, e non ha mai sentito la pressione di realizzare un destino atletico previsto. Quindi non ha mai imparato a lanciare una palla curva, ma ha imparato a riconoscerne una dagli spalti, non è mai scesa sul campo di gioco a fare l’esperienza di una scivolata a casa base, ma ne ha capito la strategia dietro un gioco di compressione. 

 

Ed è stato così che attraverso quelle delucidazioni il padre le abbia insegnato il valore della lealtà, della storia del gioco che ha unito diverse generazioni e la peculiarità dei giocatori eroi di oggi che si sono attagliati sulle spalle le leggende di ieri. Ma soprattutto le ha insegnato e fatto capire la resilienza, ovvero come una squadra può essere sotto di cinque punti nel settimo inning e trovare ancora un modo per vincere.

 

Dunque ci sono molti modi per amare qualcosa e le modalità di condividere quell'amore. Ecco allora che il padre, non avendo avuto il figlio con cui avrebbe potuto immaginare di andare allo Yankee Stadium ha ottenuto qualcosa che non avrebbe potuto prevedere: una figlia che sarebbe cresciuta apprezzando non solo il gioco in sé, ma la generosità di un padre disposto a condividere la sua passione più profonda senza condizioni. E lei ora attribuisce gran parte delle sue capacità di gestire le sfide della vita a queste lezioni. 

 

Una testimonianza dunque che evidenzia tratti molto più ampi poiché delinea come gli insegnamenti e l’amore per il gioco hanno sottili sfumature per stabilire le regole ma soprattutto nel creare le premesse dell’intimo gioco perfetto sul diamante e nella vita.

 

Michele Dodde

 

 

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Commenti: 3
  • #1

    Claudio Claudani (mercoledì, 09 luglio 2025 18:15)

    È noto, perché l’ho affermato più volte, io imparo dai saggi di Michele sempre cose nuove ; questa volta , nulla di particolarmente tecnico ma , il rapporto fra un padre e la sua discendenza ; ebbene, la passione per una attività sportiva è veramente una malattia infettiva ! Io ho travasato , per amore e per saggia imitazione il mio amore per tutto quanto connesso con la montagna , dove non è centrale un diamante ma migliardi di cristalli , che hanno lo stesso fascino . Comunque, fra … non so quanti anni e letture !!! Capirò anche il baseball!

  • #2

    Judith Testa (giovedì, 10 luglio 2025 21:46)

    What a charming and delightful article! I learned the rudiments of baseball from my maternal grandfather.

  • #3

    Rosa Mariano (venerdì, 11 luglio 2025 07:20)

    Passione per il baseball trasmessa in famiglia, agli spettatori appassionati e da te, caro Michele a noi lettori.
    Mi fai apprezzare il valore educativo del baseball