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Il World Baseball Classic non è una finta; è un Mondiale vero

di Kevin Senatore

presentazione di Paolo Castagnini

Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Kevin durante le manifestazioni nazionali giovanili tra il 2016 e il 2018. Lui è uno di quei giovani giornalisti nati sotto l'ala di MLB Italia di Andrea Andrian che ha trovato in FIBS la giusta collocazione. Dire che è bravo è troppo poco. Durante questo Classic ha pubblicato sul sito federale il "Diario Classic" come inviato sul campo. Ha accompagnato la nostra Nazionale soffrendo e gioendo facendoci vivere questa avventura 2023 nel modo più bello. Kevin oltre al Diario Classic delle partite ha scritto questo pezzo pubblicato sul suo profilo Facebook in cui racconta le emozioni di una notte durante la vittoria contro l'Olanda e gentilmente ha acconsentito la pubblicazione qui su Baseball On The Road. Grazie Kevin!

Il World Baseball Classic non è una finta; è un Mondiale vero

di Kevin Senatore

 

12 marzo 2023, Taichung (Taiwan)

 

Mattina

Valigie pronte. Panama ci aveva distrutto. La squadra rammaricata dopo le tante occasioni sprecate. Mancava la sfida con l'Olanda.

 

Fine mattinata

Allo stadio si gioca Taiwan-Cuba. Che piaccia o no, viste le origini mie (anche io sono un po' oriundo, e sinceramente sono fiero di esserlo), la discoteca portata allo stadio dei taiwanesi ha riservato emozioni e livelli di volume clamorosi, vedi il trionfo sugli olandesi. Taiwan è però chiaramente stanca e senza lanciatori. Cuba passa il turno dopo aver perso con l'Italia. La rabbia aumenta, perché è una beffa per Italia e Taiwan. Ma dall'altra parte, in un girone folle, perché non pensare ad un 2-2 con tutte e 5 le squadre?

Ore 15:45

Arrivo allo stadio. Passano messaggi su quanto dovevamo vincere per passare il turno. Dall'Italia mi fanno notare che scenari concreti esistono e allora per onor di cronaca bisognava scrivere a riguardo anche se non immaginavo una partita a basso punteggio. Scherzando, ma non troppo, pensavo passasse Panama (in caso di un 9-6 in su).

 

Ore 16:45

Corsa per lineup e conferenze stampa pre-partita. Bogaerts dichiara che "oggi tornerà tutto normale dopo la tonnara di ieri". Meulens parla dei prossimi lanciatori delle Olimpiadi 2028. Self-confidence.

 

Ore 18

La scrittura dell'articolo sui calcoli si allunga perché la MLB non fa calcoli anticipati, si va avanti con studio degli scenari e dei decimali e poi procedure di routine (social pronti, foto di batting practice e preparazione del testo). Intanto bisognava vincere. Questa Italia del baseball, dei baffi, del piede di Mike Piazza e soprattutto della macchinetta del caffè è diventata spontaneamente riconoscibile così (nulla è stato pianificato) ma senza risultati l'ottimo gruppo formatosi nei mesi e giorni precedenti rischiava di diventare una bolla di sapone.

 

Ore 19

Comincia la partita. Via i principi, contava solo vincere. Il partente è Matt Harvey, quello che non ti aspetti ma che più di tutti ha voluto vestire l'azzurro. Sarà per provare un riscatto, sarà per mostrare al mondo che non è finito, ma sicuramente la radice italiana della famiglia Venditti (cognome della madre) ha inciso e tanto. Nelle sue bizzarrie e nel suo stile da altolocato newyorkese, Harvey è stato il leader carismatico della squadra. Che proprio un altro Venditti - Antonello - abbia sorpreso l'Italia con una dichiarazione d'amore per il baseball dopo questa vittoria è stata una piacevole coincidenza.

Ore 19:50

La partita vola rapidamente, il clima diventa più freddo. Grande difesa azzurra, ma il fuoricampo di Tromp la sblocca. Il terzo attacco contro il veterano di lungo corso Mike Bolsenbroek dura meno dell'acquisto di due hot dog allo stand dietro all'area stampa. Non la prendo bene. Immagino che Meulens lo cambi per rimettere un pitcher lanciafiamme. Non è così. Intanto Matt Harvey incide in pedana e i tifosi Mets invocano un nuovo minor league contract per lui.

 

Ore 20:25

Finisco di mangiare il primo hot dog, poi inizia il nostro quarto attacco. L'Italia segna 6 punti. Lascio tutto fermo e i miei commenti si fermano a 3 sospiri che minuto dopo minuto sono sempre più affannosi. Il forcing lo lancia Brett Sullivan, uno che vorrei in una clubhouse della mia squadra per tutto l'anno. L'attacco trova continuità. Nicky Lopez sente l'odore del sangue. È lui che in difesa ha salvato tanti punti (e l'Italia passerà anche per questo motivo), ma è il suo fattore sorpresa in attacco ad aver sterzato l'Italia. L'esultanza dopo il suo triplo trasmette una scarica di adrenalina importante. Lo avevano preso in giro nel giorno dell'annuncio perché nome e cognome non c'entrano con l'Italia. A fine partita lui chiamerà la mamma, di origini del sud, e il resto della famiglia, commossa, di origine italiana. È una delle tante storie di attaccamento alla maglia (leggete anche di Valente, eroe per la nonna contro Cuba, e di Vassalotti, ottimo contro Panama e colpito da un lutto recente).

Ore 21:05

André Pallante si mette contro un muro e riempie le basi. L'Italia chiede il miracolo al mancino Joe LaSorsa, rilievo dei Rays. Infila Gregorius, Schoop e Bernadina. Esulta in maniera incredibile, forse gli riesce anche male, ma la carica che trasmette gira il mondo e arriva fino all'Italia. I social esplodono. Lo staff MLB in campo continua a fare un lavoro clamoroso e condivide l'esultanza di Psycho Joe, assieme al nostro profilo Instagram. Il Classic è ovunque, su Instagram, Twitter e Facebook. Il lavoro di comunicazione istantanea, video e fotografico, del Classic, dispendioso per gli addetti e costoso, è stato fatto in maniera clamorosa per trasmettere queste emozioni. Joe è arrivato a 300mila visualizzazioni solo su un reel per non parlare delle altre condivisioni. L'Italia è ufficialmente nella festa del baseball. E con Joe ci crediamo tutti.

 

Ore 21:20

L'Italia spreca in attacco con due doppi giochi. Ma il bullpen azzurro regge. I sospiri miei continuano ad accelerare.

 

Ore 21:30

Mi rendo conto che l'hot dog è ancora lì fermo. Non lo voglio toccare. Girano messaggi strani sul calcolo del tie-breaker. La comprensione non è sempre per tutti.

 

Ore 21:50

Ottavo inning: segniamo un punto grazie al cavallo matto di Sal Frelick. Dalle tribune esce qualche improvvisato "I-TA-LIA!" dal pubblico locale. L'hot dog resta fermo. Io tremo. Cosa sta succedendo?

Ore 21:55

Le grafiche sono già tutte pronte, mancano solo le capture. Obiettivo primario: non citare Caressa.

 

Ore 22:00

Arrivo sotto, guardo l'orologio, batto gli occhi, salgo le scale e cerco affannosamente di appoggiare il computer su una panchina.

 

Ore 22:03

Gli olandesi mettono i primi due in base. Lo sapevo che dovevo restare seduto dove ero.

 

Ore 22:08

Mitchell Stumpo, la cui storia per arrivare fino a qui è degna di essere scritta in una favola, elimina Didder, l'ultima minaccia orange al piatto. Guardo una addetta MLB per chiedere se è ufficiale. Non lo dicono. L'Italia esulta in campo.

 

Ore 22:16

Ho già pubblicato e prego che i calcoli siano giusti. Sul maxi schermo esce la classifica ufficiale. Vedo Joe partire come un pazzo attorno al dugout, poi vedo Mike che saluta con gli occhi lucidi dopo un abbraccio con Miles Mastrobuoni. L'Italia eguaglia il 2013 e abbatte il gigante olandese, 11 anni dopo l'ultima volta. Sarà quarto di finale a Tokyo.

 

Ore 22:30

Sono in blackout. Nella club house si festeggia, in onore dell'Italia del passato, del presente e del futuro. Ho solo tempo di rispondere a mia mamma e pensare che la destinazione prossima era il Giappone. Non so se piangevo per l'emozione o perché dovevo rifare la valigia per la quarta volta (diventerà quinta la mattina dopo).

Ore 22:45

"Siamo pazzi" dice Mike a fine intervista. Conferenze stampa e interviste finite, si torna a lavorare, nel caldo della Press box occupata solo da noi italiani e da alcuni giornalisti giapponesi che già chiedevano quando saremmo partiti e cosa ci aspettavamo da Ohtani.

 

Ore 23:30

I media sono informati. Alcuni anche telefonicamente, poi qui si apre l'annoso capitolo: prendere iniziativa per fare qualcosa che porti positività e spirito di collaborazione è la grande sfida, ed è la più difficile quando i mezzi sono limitati. E quando la volontà dei media nazionali è limitata diventa ancora più difficile. Perché a volte è più comodo scrivere articoli goliardici nei confronti dei Paisà, senza informarsi e buttando righe riempitive, piuttosto che mettere in evidenza che questi Paisà "esagerati", "inutili", "mercenari" hanno scelto di vestire la maglia azzurra e di rappresentarla, mettendoci letteralmente la faccia. E così, per ricordarlo, c'è chi un Mondiale non lo vede da 12 anni - anche tentando con gli "oriundi" - e continua a piangere lacrime di coccodrillo su una povertà che, in confronto ad altri, non esiste.

 

00:40

Passano memorie di giorni bui, scorrono video e foto di gioia incontenibile, da mettere in fila. L'Italia va in Giappone e affronterà Shohei Ohtani. La banda dei baffi e dei è entrata tra le prime 8 del mondo.

 

1:15

I giocatori festeggiano. Intanto io continuo a cercare una programmazione sul flusso di contenuti serali italiani. Rifarei subito una riproduzione della telecronaca della partita. Lo stadio è deserto e gli addetti alle pulizie sono verso la fine dei lavori.

 

Ore 1:30

Lascio lo stadio, più o meno costretto, con un ultimo commosso saluto. Perché Taiwan ancora una volta non ha tradito e ha lasciato emozioni incredibili.

Ore 2:00

Rientro in hotel. La valigia cambia per la quarta volta (poi Matt Harvey la cambia per una quinta volta la mattina dopo).

 

Ore 3:10

La sfida col Giappone al Tokyo Dome nei sogni era contro il migliore del mondo. L'ufficialità non arriva prima di 24 ore dalla partita. L'adrenalina si spegne alle 3:30, ascoltando la colonna sonora taiwanese preparata ad hoc per il girone e "Any way you want It" dei Journey.

 

48 ore dopo

Alla fine, dopo un viaggio su charter e una giornata soft, vedere Ohtani in Giappone è un sogno ( poi nella Press box, con tablet e luce apposita è pure oltre le aspettative): l'ovazione quando va a scaldarsi in campo, il saluto al bimbo che gli porta la palla a 2 minuti dall'inizio quando potrebbe tranquillamente pensare a qualcos'altro, il suo urlo al rilascio del lancio, più forte del solito, nel silenzio tombale del Tokyo Dome è difficile da descrivere. Il baseball in Giappone è una esperienza da vivere. Passione vera, come in Taiwan, probabilmente anche di più. Poi, ecco, la passione arriva fino al punto che se volevate accedere al loro merchandising dovevate svegliarvi alle 4 del mattino...

 

CLASSIC = MONDIALE

Affluenze e spettatori in TV sono oltre il milione ormai e hanno trapassato le edizioni precedenti. Il Classic sta diventando verità. Il modo multimediale di raccontarlo ha aiutato. Il modo in cui i protagonisti lo hanno onorato aiuta ancora di più, perché lo spettacolo diventa interessante quando i giocatori ci mettono il 100%, senza filtri. Sicuramente alcuni dettagli mancano e ci sono difetti probabilmente irrisolvibili. Tuttavia da quanto tempo il baseball aveva bisogno di una vera rassegna mondiale in cui le superstar potessero contendersi un titolo internazionale? A Miami fino al 21 ci saranno Ohtani, Trout, Arenado, Betts, Darvish, Arozarena, Verdugo, Despaigne, Moncada, tutti nello stesso diamante. Lo spettacolo è vero. Pensarlo come lo show dei bluff è un peccato.

 

15 giorni di esperienza di crescita irripetibile, probabilmente. Grato per tutto e a tutti coloro che hanno dato la possibilità di viverla. A prescindere da tutto e tutti, rappresentare l'Italia, come sempre, è un onore.

 

Kevin Senatore

 

 

 

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