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Tiri a lunga distanza, si o no?

di Paolo Castagnini

L'articolo del 19 Marzo "Tirare a lunga distanza migliora la velocità?" ha suscitato molto interesse nei lettori del sito e molti di loro hanno commentato sia in calce all'articolo o ancora di più su Facebook. Visto l'interesse ho pensato che fosse il caso di approfondire con il solito aiuto di Frankie Russo, che cura le traduzioni per Baseball On The Road, anche perché, come scritto nella mia prefazione, nel nostro sport nulla è scontato e difficilmente le opinioni coincidono. Nell'articolo di oggi a firma di Anthony Castrovince, tratto dal sito MLB.com leggerete quante sono le tesi su questo tema di personaggi assai illustri. Vi auguro quindi buona lettura e l'invito ad ascoltare tutti e ad agire con la vostra mente.

 

Il long toss si fa strada nella MLB

di Anthony Castrovince traduzione di Frankie Russo

 

Sempre più squadre lasciano libertà ai lanciatori di tirare dalla lunga distanza per ridurre gli infortuni e aumentare l’efficacia.

 

In una città senza semafori, in un pascolo senza colture, un ragazzino mette la mano nel secchio pieno di palline, s’inclina all’indietro e mira al guantone del padre. La pallina si inarca nel cielo di Oklahoma. Se finisce nel guanto, bene, altrimenti si ripete l’esercizio.

 

Questo è come Dylan Bundy, allora di sette anni, imparò a fare il long toss – il programma in cui crede lo abbia aiutato a diventare uno dei migliori prospetti del baseball. All’epoca Bundy tirava da 36 metri e la distanza è notevolmente aumentata da allora. Oggi tira da una distanza di 107 metri e fa parte integrale della sua preparazione pre-game e routine tra una partita e l’altra. E’ sua convinzione che questo allenamento rafforza la parte posteriore della spalla, favorendo la durabilità e velocità.

 

“Era sempre divertente vedere quanto lontano riuscivo a tirare”, dice Bundy ora il n. 2 migliore prospetto della MLB. “E ancora mi diverto a farlo.”

 

Ma ci sono molti esperti convinti che tirare dalla massima distanza non sia poi così utile ai lanciatori. Non avendo a disposizione prove mediche a favore o contrarie a questa teoria, il long toss è un argomento alquanto delicato da affrontare da parte di dirigenti, allenatori ed esperti della formazione. Da una parte ci sono coloro i quali credono che questo esercizio abbia favorito i molti infortuni verificatisi negli ultimi cinque anni nelle squadre di MLB, comportando costi per circa un bilione di dollari per lanciatori messi sulla lista degli infortuni e conseguente riabilitazione; dall’altra parte ci sono coloro i quali sostengono che sia prematuro attribuire le cause al long toss.

 

“Esistono diversi metodi” sostiene Larry Rothschild, pitching coach dei NY Yankees. “Nella mia opinione alcuni sono pericolosi perché molti giovani vogliono imitare quello che vedono e finiscono per farsi male. Capisco che può essere utile per rafforzare il braccio, ma deve essere eseguito sotto attenta osservazione. Altrimenti fai più male che bene.”

Osservando questo Video da You Tube, all’inizio tutto sembra normale. Due giocatori tirano la pallina tra di loro da una distanza di 9 metri su un campo da football. Tirano in scioltezza e fin qui niente di particolare. Poi si allontanano a 18 metri, poi a 23. Ogni tiro è a parabola con movimento fluido e rilassato. E’ quando si raggiungono i 46 metri che si comincia ad intravedere una illusione ottica. Il giocatore alla sinistra, con un saltello, tira da circa 58 metri, e poi da 73 metri. Più aumenta la distanza, più aumenta l’inarcamento del tiro. Alla fine dell’esercizio, la distanza è di 110 metri e si potrebbe pensare che si prova dolore nella spalla.

 

Ma ciò non accade, ed è quanto Alan Jaeger cerca di far intendere con questo video. L’istruttore vuole trasmettere il concetto che il braccio è un organismo che richiede flusso sanguigno e che ha bisogno di estendere il movimento per raggiungere i massimi risultati, e l’obiettivo di tirare dalla massima distanza è, dal suo punto di vista, “limitare le false credenze.”

 

“Alcuni vogliono solo misurare la distanza del tiro,” afferma Jaeger, “ma il nostro compito è di condizionare al meglio il braccio, e il long toss è il metodo migliore, allargando l’apertura del braccio e allungandolo da diverse angolazioni. In questo modo stai preparando e condizionando il braccio per quanto dovrai effettuare tiri esplosivi, e a questo punto è stato ben preparato e allungato in maniera ottimale.”

 

Lavorando come allenatore personale e consulente sin dal 1991, Jaeger ha visto diversi lanciatori professionisti aderire al suo programma, quali Barry Zito, Dan Haren e Andrew Bailey. L’ultimo prospetto degli Indians, Trevor Brauer, è noto per il suo ormai leggendario programma di long toss dall’estremo esterno sinistro all’estremo esterno destro del campo, ed è stato anch’egli un allievo di Jaeger.

 

“E’ una questione di riscaldarsi per tirare, invece di tirare per riscaldarsi” sostiene Bauer, 17° prospetto della MLB.

 

Mentre diventa sempre più interessante seguire questi casi avvincenti, sono oramai diverse le organizzazioni professionistiche che credono nel programma del long toss consigliato da specialisti come Jaeger e Ron Wolforth, il quale, tra l’altro, gestisce un Baseball Camp in Texas, e che potrebbe portare importanti innovazioni.

 

“Molte società si rivolgono a organizzazioni esterne”, racconta Jaeger, “per poi applicare al loro interno le nuove tecniche.”

 

Il continuo aumento dei salari ha apportato cambiamenti a come le società gestiscono i riposi e riabilitazioni dei propri lanciatori. Per un certo periodo il long toss era rapportato a stagioni per 300 inning lanciati e 200 lanci per partita. Adesso le squadre limitano i lanciatori a tiri in linea ad una distanza massima di 37/40 metri, programma simile a quello usato per la riabilitazione dopo il Tommy John surgery.

 

La costante ricerca per raggiungere livelli più competitivi e inoltre a causa di un mercato meno efficiente, costringe le franchigie a esplorare nuove forme di selezione, sviluppo e formazione dei propri talenti. Fermamente convinti dei benefici che ne scaturiscono, i Texas Rangers sono stati tra i primi ad applicare il programma di long toss.

 

Tutto iniziò nel 2008 all’incontro annuale dei General Managers dove Jaeger prospettò la teoria a Jon Daniels e il suo staff. I Rangers erano reduci da un’altra deludente stagione da parte dei propri lanciatori. Una serie di infortuni e insoddisfacenti prestazioni portarono la squadra ad avere il peggiore PGL della Major League, motivi più che sufficienti per suggerire un totale cambiamento di rotta.

 

“Non eravamo abbastanza bravi,” dice Daniels. “Quindi eravamo aperti a qualsiasi soluzione.”

 

I Rangers si accordarono per seguire il programma di Jaeger con la loro squadra nella Repubblica Domenicana allenata da Jayce Tingler. I risultati non si fecero attendere, la squadra si classificò prima nella sua divisione e registrò il migliore PGL della lega, ma cosa più importante, non ci furono infortuni. A partire dalla primavera del 2010, i Rangers estesero il programma a tutta l’organizzazione.

 

“Dal 2008,” sostiene Jaeger, “sono divenuti una organizzazione vincente con molte braccia potenti. Ovviamente molto dipende dal fatto che hanno saputo muoversi sul mercato internazionale (Darvish ndr) e nelle selezioni. Ma se fossero rimasti al programma del long toss da 37 metri, probabilmente gli stessi giocatori non avrebbero aumentato la potenza del braccio ed evitato gli infortuni.”

 

Adesso i lanciatori dei Rangers tirano dalla massima distanza possibile, fermo restando che devono mantenere la giusta meccanica e tecnica. Dove una volta erano stati consigliati di riposare il braccio, adesso sono incoraggiati a tirare long toss tra una gara e l’altra. Dove una volta i Rangers erano restrittivi, come molte altre squadre, adesso sono decisamente proattivi.

 

Nei tre anni antecedenti l’introduzione del programma di long toss, la media PGL della squadra era di 4,83. Nei tre anni successivi è sceso a 3,90. Quanto ciò sia da attribuire al nuovo programma resta da dimostrare, ma i Rangers ritengono che sia stato determinante.

 

“Quando lo si fa nel modo corretto, ti costringe a fare i movimenti nel modo giusto e creare potenza,” sostiene Daniels. “Sentenza finale è che ai ragazzi piace.”

 

Altre organizzazioni hanno aderito al programma. Una stima, basata su confronti con diversi dirigenti, è che almeno la metà delle squadre delle leghe minori si sono adeguati al programma di long toss, e che anche molte altre squadre delle Majors si sono adeguate negli ultimi cinque anni.

I LA Angeles è una di queste, e non è un caso che il loro GM, Jerry Dipoto, era uno che si allenava con il long toss ai tempi in cui giocava.

 

“Teniamo conto di tutte le informazioni, stili e idee,” dice Dipoto. “E’ veramente troppo presto per introdurre questo tipo di allenamento a livello del baseball professionistico, quindi, prenderemo ancora del tempo. Ma una cosa è certa, i giocatori che hanno aderito non hanno subìto infortuni. Potevano essi evitare infortuni restando a casa sul divano? Non so rispondere, ma è logico che se tieni il braccio in movimento e in scioltezza, e mobilità nella spalla, tutto resta più semplice.”

Mentre è facile trovare un riscontro positivo per questa logica tra i sostenitori di tale pensiero e da chi lo messo in pratica come Bundy e Bauer, ci interroghiamo su quale può essere il parere medico.

 

Non c’è modo di stabilire la verità, e qui inizia il dibattito.

 

Non esistono casi scientifici sufficienti per potere stabilire se a livello della Major League il programma di long toss possa effettivamente influire sul condizionamento e sull’allenamento degli atleti. Uno studio che risale alla metà degli anni ’90 da parte del Dr. Michael Axe, chirurgo ortopedico,  dimostra che esiste una certa correlazione tra velocità e distanza. In altre parole, i lanciatori sottoposti al test che lanciarono dalla lunga distanza, erano gli stessi che tiravano più forte dal monte. Ma lo studio fu limitato a degli adolescenti, non agli adulti, e perciò non necessariamente questa tesi conferma che il long toss serve a incrementare la velocità.

 

Uno studio successivo del 2011, effettuato dall’Istituto Medico di Sport Americani (ASMI, ndr) di cui fa parte il rinomato chirurgo Dr. James Andrews, ha rilevato, invece, risultati contrastanti. Lo studio ha dimostrato che tiri dalla lunga distanza, forti, orizzontali e senza l’utilizzo del monte, sono in correlazione con la “biomeccanica simile a quella di chi lancia e, pertanto, esercizi utili per i lanciatori.” Ma lo studio ha anche rilevato che i tiri dalla “lunga distanza causano maggiore torsione e cambiamenti nelle cinematiche”.

 

In definitiva un eccesso di long toss può condurre a tecniche sbagliate se non eseguito nel modo corretto.

Questa è la tesi di coloro che sono contrari al long toss.

 

Dick Mills, ex lanciatore dei Red Sox si chiede: “Perché praticare meccaniche che sono completamente diverse da quelle che dovrai praticare in partita? E perché allenarsi su meccaniche che chiaramente causano maggiori stress sul braccio?”

Rick Peterson, responsabile dello sviluppo dei lanciatori nella franchigia dei Baltimore Orioles conosce entrambi gli studi medici, e per questo motivo non esclude le varie tecniche durante lo Spring Training, ma presta maggiore attenzione all’analisi biomeccanica dei tiri dalla lunga distanza. L’obiettivo è “controllare che la lunghezza del passo, l’inclinazione del ginocchio al momento del contatto a terra, l’inclinazione del ginocchio al momento del rilascio, l’angolo dei fianchi e l’angolazione delle spalle siano tutte conformi con la meccanica che esegui sul monte.”

 

Peterson ha anche ammesso che l’anno scorso questa analisi ha costretto gli Orioles a modificare la tecnica di Bundy, uno dei loro più promittenti talenti. Peterson suggerisce un programma simile a giovani lanciatori che lo possono seguire sul suo sito (3psports.com), e che è in sintonia con l’ASMI nell’analisi dei movimenti.

 

Mentre la franchigia degli O’s ha aderito con entusiasmo al programma di Peterson, il settore degli esperti, nel suo complesso, ha ancora forti dubbi nel merito.

 

“Non so cosa pensare,” commenta Peterson. “Probabilmente è più una questione scientifica prima che la maggior parte delle persone possano aderire. Con tutte le organizzazioni con cui ho lavorato, ho subito notato che i lanciatori tiravano da 37 metri. Il mio punto è questo: Se limitiamo i nostri giocatori a tirare da 37 metri, con un corridore in prima e una battuta tra l’esterno destro/centro, ci vorranno tre tiri per fare arrivare la palla a casa.”

 

Ulteriori studi scientifici dovranno dare un responso sugli aspetti positivi e negativi del tiro lungo. Ma per ciò che è essenzialmente un settore basato sui fatti, ad oggi non esiste nulla che possa indicare quale sia la teoria giusta.

 

Questo spiega perché il mondo del baseball osserva con molta attenzione i vari Bundy e Bauer. Volendo o non volendo, questi promettenti prospetti sono divenuti oggetto di attenta valutazione per un futuro più chiaro. La lista di lanciatori della selezione amatoriale scelti al primo turno è piena di praticanti del long toss.

 

 

Un lanciatore quale Kyle Zimmer dei KC Royals, conosciuto come uno dei più restrittivi per quanto riguarda il tiro lungo, comunque suggerisce alle franchigie di non eliminare completamente tale tesi, o almeno considerare ogni caso per caso.

 

“Ad alcuni dei nostri giocatori diamo un po’ più di flessibilità, “ dice Dayton Moore GM dei Royals. Una sola misura non calza tutti. Se cerchi di usare lo stesso metodo per tutti, forse stai commettendo un errore.”

 

Considerato le varie opinioni al riguardo del tiro lungo, il pensiero di Moore sembra essere condiviso dalla maggior parte delle società.

 

“Un tipo di lavoro funziona per uno? Va bene, continuiamo in quella direzione,” asserisce il GM Terry Ryan dei Minnesota Twins. “Stiamo cercando di migliorare i nostri giocatori, non utilizzarli come cavie. Ognuno ha una formazione corporea diversa, una differente azione del braccio, e diverso passo.”

 

La cosa più importante è evitare che i cambiamenti influiscono sulla meccanica. E’ qui che prende valore il tipo di analisi sostenuta da Peterson.

 

“Questa è basata sulle ricerche del Dr. Andrews,” sostiene Peterson. “Sai, non è che siamo andati dal Dr. Pinco o dal Dr.Pallino?”

 

Bisogna solo auspicare che qualche giovane guardando Bauer tirare da una estremità del campo all’altro non cerchi di imitarlo senza seguire un programma ben definito e non cambiando la meccanica. Se un giovane vuole inserire il tiro lungo nel suo programma, è consigliabile informarsi prima, e seguire quanto ha fatto Bundy, creare uno stato di tolleranza, prestare attenzione alla reazione del corpo ed effettuare le necessarie correzioni se, e quando, una variazione della meccanica lo richiede.

 

Assumendo che detto programma venga eseguito correttamente, i sostenitori stanno entrando sempre più con la pratica nel settore, anche se sono ancora in dubbio i reali benefici.

 

Asserisce Bundy con una alzata di spalle: “Se ti senti bene, perché non farlo?”

 

n.d.r. - L'articolo è stato scritto durante lo spring training del 2013. Nel Giugno del 2013 Dylan Bundy è stato operato al gomito (Tommy John surgery). Ora è in fase di recupero. Questo non significa negare la validità del suo programma, ma era dovere di cronaca segnalare questo fatto.

 

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Commenti: 2
  • #1

    Maverick (giovedì, 27 marzo 2014 18:33)

    Articolo molto interessante come sempre. A mio giudizio il long toss, se vissuto come esercizio per mandarla sempre più lontano ( e spesso tra i ragazzi è visto come gara l'uno con l'altro) costringe ad uno sforzo eccessivo della spalla. Per raggiungere poi distanze più alte, spesso si trascurano le meccaniche corrette. Il mio giudizio su questo esercizio non è completamente negativo, trovo solo che spesso si corrano più rischi che benefici.

  • #2

    Frankie (venerdì, 28 marzo 2014 10:47)

    Concordo con Maverick. Aggiungo che ultimamente tra i Rangers si sono verificati diversi infortuni al braccio e alla spalla. E' o non è una coincidenza? Agli esperti spetta l'ultima parola.