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....con affetto, Clint

Traduzione di Frankie Russo da un articolo apparso su ESPN.com

Clint Hurdle, il manager che ha guidato i Pittsburg Pirates ai playoff dopo vent’anni.

Cosa si nasconde dietro il successo di un manager? E’ tutto rosa e fiori come molti immaginano, o è frutto di sacrifici, delusioni, sofferenza, malattie e quant’altro? In quest’articolo ci è dato conoscere come Clint Hurdle fa la differenza con i suoi proverbi quotidiani.

Il 9 settembre 2013 Hurdle era in viaggio sul pullman della squadra diretto ad Arlington per affrontare i temibili Texas Rangers guidati da Yu Darvish. I Pirates erano reduci da quattro sconfitte consecutive contro i diretti rivali dei St. Louis Cardinals, la tensione e lo sconforto aleggiavano nel gruppo. La squadra aveva bisogno una scossa dall’allenatore con il suo consueto “Pensiero del giorno”. Dal suo smartphone invia un messaggio destinato a mille persone in tutto il mondo, tra giocatori, le loro famiglie, i suoi collaboratori, amici, amici di amici, ecc:

Tim Wrightman, giocatore di football americano, racconta come durante il suo primo anno nella NFL dovette affrontare il leggendario Lawrence Taylor. Taylor non solo aveva un fisico possente, ma era veloce e usava intimidire gli avversari anche verbalmente. Fissando Tim negli occhi disse: “Bimbo, appena prendo la palla, correrò sulla sinistra e non potrai fare nulla per fermarmi”. Senza timore reverenziale Wrightman rispose: “Sii più preciso, intendi la tua sinistra o la mia?”. La risposta lasciò Taylor talmente di stucco che, una volta in possesso della palla, non riuscì ad avanzare di un metro”. E’ sorprendente cosa possiamo fare talvolta quando ci liberiamo della paura. Il timore – sia esso causato da dolore, da insuccesso o da un rifiuto – è un’emozione che crea un mostro nella nostra mente che impedisce di avere confidenza in noi stessi e impedisce di fare del nostro meglio.

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

Quella sera stessa la squadra contraccambiò l’affetto, i Pirates sconfissero Darwish 1-0 e abbracciarono il loro allenatore sapendo che le sue braccia erano sempre aperte per loro. Nessuno potrà dire se è stato il messaggio a liberare la loro mente o semmai il messaggio fu letto dai giocatori, forse un poco dell’uno e un poco dell’altro. Ad ogni modo, il solo fatto di sapere il tecnico sempre dalla loro parte e di avere parole di saggezza e conforto per loro, sicuramente aiutò i giocatori a cambiare una mentalità perdente che durava ormai da troppo tempo. Tre settimane dopo Pittsburgh conquistò il diritto di giocare nei playoff e qui si può citare un altro messaggio che Clint inviò un mese prima di iniziare lo Spring training:

 

16 gennaio 2013

Quando avevo 5 anni mia madre diceva sempre che la cosa più importante nella vita era la felicità. Un giorno a scuola mi fu chiesto cosa avrei voluto fare da grande, ed io risposi: “Voglio essere felice!”. Mi dissero che non avevo capito la domanda, io risposi che loro non avevano capito la vita”. (John Lennon). Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

Da giocatore, nella seconda metà degli anni ’70, Hurdle meritò la prima pagina di Sports Illustrated come “Il fenomeno dell’anno”, sembrava destinato a una brillante carriera, ma fu un’illusione. Nel 1980 la sua MB fu di .294 e realizzò 5 valide su 12 turni alle World Series per i Kansas City Royals, ma niente più. Anzi, fu meglio conosciuto per essersi trovato sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato. Giocò per i NY Mets nel 1985, l’anno prima che vinsero le World Series; nel 1986 giocò per i Cardinals l’anno dopo che parteciparono alle World Series. Tornò poi ai Mets nel 1987 quando i Cardinals tornarono a giocare nelle World Series. Ma il bere era il suo vero problema. A causa del’alcool, con due divorzi alle spalle, il compagno di squadra, il grande George Brett, lo dovette cacciare dalla casa che condividevano. Pochi all’epoca potevano immaginare che quello non era il vero Clint Hurdle.

 

27 aprile 2013:

Attenzione ai pensieri, ti guideranno alla tua attitudine;

Attenzione all’attitudine, ti guiderà al modo di esprimerti;

Attenzione alle parole, ti guideranno al modo di agire;

Attenzione alle tue azioni, ti guideranno alle abitudini;

Attenzione alle abitudini, ti formeranno il carattere;

Attenzione al carattere, determinerà il tuo destino.

Autore sconosciuto

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

Nonostante i problemi con l’alcool, Hurdle cambiò vita cominciando da zero, iniziando ad allenare nelle leghe minori. Molti sono stati i suoi errori, ma una cosa è certa, sa gestire lo spogliatoio. Una parola giusta pronunciata al momento giusto, può avere risultati inaspettati. Con la sua voce profonda, era orgoglioso e sempre disponibile per i suoi giocatori anche dopo le dieci di sera seduti al bar. Sapeva che la saggezza lo avrebbe portato lontano, non parlava solo di baseball, la sua cultura andava da Shakespeare ai Beatles. I ragazzi lo seguivano come un capo gregge.

 

“Le domande che un giovane di 17 anni alle soglie del professionismo si chiederà, riferendosi al suo allenatore, saranno: Mi posso fidare di lui? Si fiderà di me? Quanto sarà in grado di insegnarmi? Si interesserà abbastanza di me? Queste domande hanno bisogno di una immediata risposta in modo da creare una fiducia reciproca tra giocatore e allenatore” sostiene Hurdle.

 

I ragazzi davano il massimo per lui. Clint era duro con i più maliziosi e paziente con i più sensibili. Allenava la mente allo stesso modo che insegnava la tecnica, quando riusciva a essere sobrio. Per curarsi s’iscrisse a una associazione di anonimi alcolisti, invece di pretendere di essere Cristiano, cominciò a leggere la Bibbia e fece suoi alcuni aforismi come: “Puoi solo controllare la tua attitudine e i tuoi sforzi…. Ci vuole molto coraggio per essere pazienti… A nessuno importerà chi sei finché non conosci te stesso”. Nel 1991, quando allenava la minor dei Mets, conobbe la donna che avrebbe cambiato poi la sua vita, Karla, che ovviamente non condivideva la sua abitudine di esagerare col bere. Quando dopo sei anni Clint le chiese di sposarlo, lei pose la condizione che lo avrebbe sposato solo se fosse riuscito a trovare la felicità stando lontano dall’alcool. Si sentì di nuovo un fallito.

 

10 luglio 2013:

Fallire deve essere da insegnamento, non il nostro funerale. Fallire è ritardare, non è una sconfitta. E’ una deviazione temporanea, non un vicolo cieco.” – Dennis Waitley.

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

La vera svolta nella sua vita fu l’incontro con Keli McGregor, ex giocatore della NFL e vice presidente dei Colorado Rockies, quando lo assunse come allenatore dei battitori nel 1997, sapendo di avere trovato un buon comunicatore. Sebbene Keli lo sovrastasse in statura e con un tenore di voce di qualche decibel superiore alla sua, i due trovarono un immediata intesa. McGregor gli insegnò non solo a dire sempre “Ti voglio bene” a tutte le persone che lo circondavano, ma che era importante dimostrare affetto. Gli diceva sempre che doveva fare la differenza, e di non dimenticarlo mai. Anche la sua compagna Karla notò la trasformazione e quando le avanzò di nuovo la richiesta di matrimonio, lei non esitò ad accettare. Poi, nel 2002, Hurdle fu nominato manager dei Colorado Rockies.

Ebbe a dire in seguito: “Vorrei avere un dollaro per ogni volta fu detto che non avremmo mai vinto niente”.

 

29 agosto 2013:

Sarai sempre uno sconfitto se non rischi mai. Fallire non significa non rischiare, fallire significa prima di tutto non rischiare – Wayne Gretzky.

E questo ci porta a un’altra citazione.

Non ho fallito, ho solo provato a fare 10.000 cose nel modo sbagliato – Thomas Edison.

Oggi farai la differenza. Con affetto, Clint.

 

Quando tutti ormai pensavano che l’assunzione di Hurdle fosse stato un errore, successe l’imponderabile. Era il 2007, Colorado era 4^ in classifica con 14 partite ancora da giocare. Hurdle continuava a proclamare i suoi aforismi: “Dobbiamo solo segnare un punto più degli avversari” dichiarava. I Rockies vinsero 13 delle ultime 14 partite, vinsero la divisione, vinsero la NLDS, vinsero la NLCS aggiudicandosi il diritto di giocare nelle World Series. Ma Clint Hurdle dovette lasciare i festeggiamenti per correre in ospedale dalla figlia Maddie.

 

La primogenita era nata affetta da una grave e rara malattia, la sindrome di Prader-Willy, che colpisce uno ogni 10.000/25.000 bambini e, se non curato in tempo può causare una obesità estrema e a volte anche la morte. Racconta Hurdle: “Quando prima seppi la notizia, non potei fare altro che piangere. Piansi più in quei tre giorni che negli ultimi 25 anni della mia vita”. La sorella e la moglie ebbero a dire che la malattia della figlia cambiò completamente la vita di Clint. Quella sera la figlia era in ospedale con la polmonite, sola con la mamma e chiedeva del padre.

 

L’episodio ebbe conseguenze disastrose sulla psiche di Hurdle, era stato chiamato a Colorado per ricostruire, ma chi veramente aveva bisogno di aiuto era lui. Nelle World Series i Red Sox sconfissero Colorado in solo quattro gare, e fu l’inizio della discesa. Nel 2008 Colorado finì con un record di 74-88, e dopo un deludente inizio di stagione nel 2009, 18-28, McGregor dovette prendere una decisione che nessun amico vorrebbe mai prendere, licenziare l’amico. Ovviamente non fu solo una sua decisione, ma lui dovette fare il gioco sporco.

 

“Quattordici mesi dopo la nostra vittoria più importante, sono stato licenziato dalle due persone (McGregor e il proprietario O’Dowd) che più ammiravo” racconta Clint. “Keli ed io eravamo legati da una più che semplice rapporto di amicizia, le nostre famiglie si frequentavano, Maddie era felicissima quando ci veniva a trovare e si divertiva tanto a parlare con lui. Ci frequentavamo durante il campionato e anche durante l’inverno. Era una profonda amicizia. Ma allo stesso tempo credo che tutti sapessero che fosse arrivato il momento per me di lasciare.

 

Per otto anni avevo predicato continuità, fiducia nei compagni, altruismo, credere in ciò che gli altri non credono, tutti concetti che avevo dettato e spedito via e-mail dalla mia poltrona di capo allenatore. Quindi, al momento del licenziamento non pensai che avevo assunto un impegno troppo oneroso o che non avevo abbastanza esperienza”.

 

Fine della prima parte - Leggi la seconda parte

 

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