
Quando nel 2006 il Comitato Speciale inerente la Negro League votò all’unanimità l’inserimento postumo di Effa Louise Manley ( 27 marzo 1897 – 16 aprile 1981) nel segmento dei dirigenti della “National Baseball Hall of Fame” di fatto stava spolverando preconcetti e dimenticanze a tutto beneficio di una storia che vuole finalmente cancellare ombre di notevole caratura. In effetti Effa non fu semplicemente un dirigente scrupoloso ed affidabile ma fu anche promotrice di sviluppo associativo e politico. Di lei infatti si narra che operò attivamente non solo nell’ambiente sportivo della Negro League ma anche nel sociale per il riconoscimento dei diritti civili ed organizzò decise giornate per denunciare la vergogna dei linciaggi e coordinando picchetti e boicottaggi verso quelle aziende che erano restie ad impiegare personale afroamericano e che lanciò anche l’imperioso slogan “Non comprare oggetti di aziende dove non puoi lavorare”.
A Effe piaceva molto il baseball e se ne era innamorata sin dalla sua tenera età ed il caso volle che trovò uno spirito affine in suo marito Abraham Lincoln Manley, dirigente di baseball della Lega americana dei Negri che, conosciuto nel 1935 durante una partita dei New York Yankees, giudiziosamente la coinvolse nella dirigenza della squadra Newark Eagles, franchigia sorta dalla fusione dei Brooklyn Eagles e Newark Dodgers, di cui era proprietario.

Effe con determinazione e cipiglio incominciò a svolgere per gli Eagles diversi incarichi dirigenziali ed anche quello di general manager oltre che tesoriere sino a divenirne poi proprietaria unica, dopo la dipartita del marito, dal 1948 al 1952.
Tra i migliori giocatori reclutati nel roster degli Eagles saranno annoverati Larry Doby, Monte Irvin e Don Newcombe. Infine sotto la sua dirigenza gli Eagles nel 1946, battendo i più blasonati Kansas City Monarchs, andarono a vincere il loro primo ed unico primato nella Negro World Series.
Tuttavia il carisma notorio di Effa si evidenziò maggiormente per via delle sua capacità promozionali e di attenzione verso i propri giocatori in difficoltà economiche ed ancor più per aver condotto a termine, ed in modo favorevole, la diatriba contro la Major League affinché questa riconoscesse la legittimità della Negro League e quindi, ad integrazione del baseball avvenuta a partire dal 1947, che l’ingaggio dei giocatori di colore fosse trattato dai dirigenti di entrambe le leghe alla pari.
Vendette i Newark Eagles nel 1948 e lasciò il gioco all’alba della dissolvenza della Negro League lasciando di sé il ricordo di un proprietario manager capace e determinato a rispondere, da donna, alle sfide di una organizzazione erroneamente pensata allora di soli uomini.
Ma Effa, pur essendo stata la prima, e per ora unica donna proprietaria ad essere stata introdotta nella Hall of Fame, non è stata né la prima né l’unica donna a reggere egregiamente il timone di una franchigia.
Infatti la prima in assoluto è stata Olivia Harris Taylor che acquisì la proprietà degli Indianapolis ABC nel 1922. Anche in questo caso l’evento fu motivato dalla improvvisa morte del marito Charles Isham Taylor, elitario ed amato pilastro della Negro National League.

Olivia era nata nel 1884 e fu a Birmingham che incontrò il marito allora astro nascente, nella comunità del baseball nero, per aver dato vita alla locale squadra dei Giants nel 1904.
Successivamente Taylor fondò e divenne proprietario degli Indianapolis ABC e con Andrew “Rube” Foster costituì la Negro National League.
La sua prematura morte indusse Olivia a prendersi carico della dirigenza della squadra e per tre anni, senza paura o sudditanza, affrontando sempre con determinazione e decisione temi e discussioni nell’ambito del baseball nero, fronteggiò caparbiamente sia i proprietari degli altri club, compreso il galattico Rube Foster, sia il proprio cognato Ben fortemente irritato di quella successione e per la passione che ella dimostrava per il baseball.
Ora, dopo l’induzione di Effa nella Hall of Fame, Jeremy Krock, fondatore e direttore della Negro Leagues Baseball Grave Market Project si è reso promotore di onorare questa prima donna proprietaria, il cui ruolo nella storia del baseball nero era per lo più sconosciuto, sottovalutato e dimenticato, con un monumento commemorativo.
Michele Dodde
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