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The Blood Baseball - # 3

Edgar Jo McNabb e Louise Kellogg
Edgar Jo McNabb e Louise Kellogg

di Michele Dodde

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Ma se i primi due furono incidenti causati dal gioco, e che poi hanno indicato la via ad una certosina richiesta di materiale protettivo, è pur vero che sono oltre ottanta i giocatori che per svariate vicende e contratte malattie sono deceduti durante la loro carriera configurando quella triste schiera meglio conosciuta come “The Blood Baseball”.  Fra questi si ricordano Edgar Jo McNabb detto “Pepe” o “Texas” che divenne a 27 anni un apprezzato lanciatore per gli “Orioles” di Baltimora nel 1893. Tuttavia nonostante le otto vittorie conseguite su 12 partite complete portate a termine non fu riconfermato per il successivo anno dalla franchigia della Major League nonostante la stampa sportiva lo avesse indicato come un giovane prospetto di valore, per cui suo malgrado non gli restò che accettare l’ingaggio di una squadra della Minor League, la “Grand Rapids” in Michigan. Qui sorsero i primi problemi di natura personale. 

Infatti, durante la sua permanenza con gli Orioles, quando sembrò che potesse raggiungere vertici di prestigio, incontrò una giovane bionda attrice, tale Louise Kellogg, e di lei si invaghì perdutamente incominciando con la stessa una turbolenta ed appassionante relazione. 

 

A Louise Kellogg, nonostante fosse sposata con William Elmer Rockwell, un industriale del ghiaccio di Seattle ed anche presidente di due leghe Minor, la “Pacific Coast” e la “Northwest”, piacque essere al centro della notorietà accompagnandosi con Edgar ma quando  inaspettatamente fu tagliato dagli Orioles e quindi non più un giocatore di Major League, la stessa decise di troncare la relazione.

 

Così si incontrarono il 28 febbraio del 1894 presso l’Hotel Eiffel di Pittsburgh per chiarire e delineare il loro futuro quando verso le 20.00 i frequentatori dell’albergo testimoniarono di aver sentito urla, rumori ed infine spari provenienti dalla loro stanza.

 

Quando la polizia sfondò la porta della camera trovarono l’attrice sdraiata su un divano in una pozza di sangue colpita con due colpi di pistola al collo ed accanto il giocatore morto a seguito di un colpo autoinflittosi alla bocca. Gelosia, soldi, perduta notorietà, ricerca di vanità sono stati gli ingredienti che hanno colorato poi d’inchiostro le colonne delle prime pagine dei locali quotidiani, di certo è questa la triste storia di due giovani vite spezzate dalla ricerca temporanea di non poter più apparire da una parte sui palcoscenici dell’arte effimera e dall’altra sui diamanti del baseball di successo.

 

Ancora si annovera Martin Bergen “Marty, un eccellente ricevitore che ha giocato dal 1896 al 1899 con i “Beaneaters” di Boston disputando ben 344 gare. Di lui si diceva che “aveva una tale potenza nel braccio che poteva tirare in seconda base senza nemmeno sollevarsi e muovere i piedi” e che era in possesso di un talentuoso stile nel gioco.

 

Tuttavia a causa del suo ombroso carattere, diagnosticato in seguito come una incontrollata malattia mentale, non riusciva ad entrare nell’alveo di una sincera socializzazione con gli altri giocatori della squadra che però, pur non condividendo i suoi atteggiamenti, erano ben felici di averlo in squadra perché “una volta che si entra in diamante ed inizia la partita i sentimenti personali vengono messi via dal piacere di vederlo giocare da autentico fuoriclasse, perché egli è tale” come ebbe ad esprimersi un giocatore durante una intervista.

 

Fu verso la fine della stagione agonistica del 1899 che i disturbi di Bergen si evidenziarono maggiormente tanto da essere rimosso durante una gara per via di allucinazioni e strani comportamenti o quando inaspettatamente si allontanò dal treno della squadra durante un trasferimento.

 

Gli eventi precipitarono il 19 gennaio del 1900.  Egli era nella sua casa di North Brookfield in Massachussetts quando fu colto da una improvvisa pazzia e con un’ascia andò ad uccidere la moglie Hattie Gaines ed i suoi due figli e poi con un rasoio a togliersi la vita tagliandosi la gola.

 

Bergen dunque viene ricordato nel baseball come un genio improvvisatore nel ruolo di ricevitore ma un “folle schizofrenico con depressioni maniacali” nella vita come sentenziato dal dott. Carl Salzman della Harvard Medical School.

Sempre con i Beaneaters Boston in Major League debuttò nel 1897 Charles Sylvester “Chick” Stahl e giocò sempre con le due franchigie di Boston sino al 1906.

 

Prestigioso il suo palmares realizzato su 1304 partite disputate raggiungendo una media battuta pari a .305, 858 punti segnati, 219 battute doppie, 118 battute da tre basi, 36 home run, 622 RBI, 189 basi rubate e per la sua consistente bravura e stile di gioco il 4 dicembre del 1906 fu nominato manager e giocatore dagli Americans sempre di Boston.

 

Durante lo spring training del 1907 tuttavia questo giocatore, conosciuto come un uomo spensierato ed amante del bel vivere con molte storie d’amore, cadde improvvisamente in una forte depressione forse causata dalla responsabilità del doppio ruolo acquisito e che lo portava a compiere scelte e provvedimenti cui non era aduso.

 

Nel parlare con i giocatori a volte si esprimeva con frasi sibilline ed incomprensibili per il loro ambiente ed in special modo  quando, così venne narrato, ebbe a dire “Ragazzi, non potrò farne a meno. Mi ha spinto a farlo”.

 

Cosa volesse significare o indicare o tramandare verso una verità postuma nessuno ha mai saputo decifrare il significato della frase  anche se poi l’illazione fantasiosa di qualche giornalista precisò che era rimasto molto umiliato dall’incarico di licenziare qualche giocatore di troppo o dal controverso comportamento della moglie Julia.

 

Fu così che il 28 marzo di quell’anno, vinta ogni sua resistenza mentale, con fredda determinazione troncò la sua vita bevendo dell’acido fenico.

Un triste episodio invece coinvolse nel 1932 Walter Edward Morris dai fan idolatrato come “Big Ed”.

 

Fantasioso lanciatore ha giocato nella Major League per cinque stagioni con le casacche dei Chicago Cubs e dei Boston Red Sox registrando in carriera un record di 42 gare vinte contro 45 perse realizzando 256 strikeouts e un ERA pari a 4.19.

 

Avvenne che il 29 febbraio durante una grigliata di pesce per lui organizzata in una taverna lungo il fiume Conecuh dagli abitanti di Brewton, in Alabama, prima che egli partisse per gli allenamenti primaverili con i Red Sox, a causa forse di eccessive bevande alcoliche e frasi non controllate venisse a diverbio con un benzinaio, tale Joe White.

 

Le testimonianze giurate recitano che White, convinto che Big Ed avesse tentato un illecito approccio verso la moglie, lo apostrofasse a brutto muso da cui nacque una violenta zuffa. Improvvisamente poi White, che era caduto a terra, rialzandosi animò il suo coltello pugnalando il giocatore con due colpi al petto. Portato in un ospedale locale in condizioni critiche, tre giorni dopo, il 3 marzo cessò di vivere. 

 

 

Michele Dodde

 

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