
di Frankie Russo tratto da MLB.com
Basta accendere la televisione e guardare un telegiornale o aprire le pagine di un quotidiano per realizzare cosa sta succedendo a Minnneapolis. La rivolta delle Twin Cities sono una serie di disordini civili scoppiate nell'area metropolitana di Minneapolis negli Stati Uniti. Le proteste sono iniziate il 26 maggio 2020, dopo la morte di George Floyd, un afroamericano morto mentre veniva tenuto in stato di fermo da alcuni agenti del dipartimento di polizia. Manifestazioni e proteste si sono svolte inizialmente in maniera pacifica, ma già dal giorno dopo sono iniziati atti di violenza nell'area urbana. La protesta si è trasformata in rivolta, e durante i disordini si sono verificati saccheggi, aggressioni, incendi dolosi e un omicidio, culminati tutti con l'assalto e l'incendio a un commissariato di polizia da parte dei rivoltosi.
E la storia sembra ripetersi. Correva l’anno 1967, l’anno della guerriglia di Detroit, l’anno in cui le retate della polizia nei ghetti dei neri erano delle violente, spietate e infrenabili ripercussioni. Un periodo di grande tensione che sarebbe proseguito nel 1968 raggiungendo l’apice con l’uccisione del Reverendo Martin Luther King. Gli scontri ebbero inizio tra il 23 e 27 luglio e furono scatenati dall’intervento della polizia in un bar privo di licenza.

Durante i disordini diversi poliziotti iniziarono a interrogare gli ospiti ed entro la fine della notte tre uomini disarmati vennero uccisi a colpi d'arma da fuoco e altri brutalmente picchiati.
Alla fine il risultato fu di 43 morti, 1.189 feriti, oltre 7.200 arresti e più di 2.000 edifici distrutti.
Il film "Detroit" del 2017 narra, in forma romanzata, la vicenda accaduta all'Algiers Motel che portò al processo contro i poliziotti accusati dell'omicidio dei tre afroamericani e che terminò con l'assoluzione degli imputati. La giuria era composta interamente da bianchi. Qui la vera storia
La scomparsa dell’Hall of Famer Al Kaline (BOTR 8/4/20) lo scorso mese di aprile ha lasciato un grande vuoto nei cuori dei compagni campioni del mondo del 1968, ma l'eredità che Kaline e compagni lasciarono nella loro città resta un ricordo indelebile che mai potrà essere dimenticato.
Quando i su riportati disordini ebbero inizio nelle strade adiacenti il Tiger Stadium, i nativi di Detroit, Willie Horton e Mickey Lolich, si sentirono in dovere di andare tra i rivoltosi per invitarli alla calma. Per anni i due avevano attraversato quelle strade senza nulla temere, ma ciò che potevano osservare in quei giorni li spaventava.
Per tutto il resto dell’estate i Tigers cercarono di impersonare la squadra del destino fornendo alla città non solo un diversivo, ma un modo civile di esistere. La squadra rimase in corsa per il pennant fino all’ultima gara di campionato, fino a quando con il punteggio in parità e corridore in terza, una battuta in doppio gioco pose fine alle loro speranze decretando la sconfitta contro gli Angels. Per i tifosi fu la negazione del Destino, per la squadra il Destino era stato solamente rimandato, e con questa mentalità la squadra affrontò la off season.

Il GM Jim Campbell convocò tutti i giocatori che vivevano in città e nei sobborghi invitandoli ad andare per le strade a parlare con i cittadini, di andare nelle scuole e ovunque ci fossero i bambini per convincerli che non era la violenza la soluzione del problema. E i giocatori lo fecero creando una sorte di empatia con i cittadini e una relazione di fiducia tra loro e la squadra.
I Tigers vinsero quattro World Series, ma quella del 1968 sarà sempre speciale e rimarrà indelebilmente fissata non solo nella memoria dei giocatori, ma anche in quella della città tutta.
Horton era cresciuto a Detroit, Bill Freehan ci era nato, gli esterni Jim Northrup e Mickey Stanley erano nati e cresciuti nel Michigan. Altri, come Kaline e McLain facevano parte della squadra da abbastanza tempo per sentire Detroit come se fosse casa loro. Altri diciassette di essi erano cresciuti insieme nelle minors nello stesso periodo.
Quando la squadra si riunì in Lakeland per lo spring training, tutti avevano in mente un unico obiettivo: Vincere le World Series. Non lo dovevano tanto per loro quanto per la città di Detroit devastata dai disordini razziali.
Erano convinti di essere migliori dei Red Sox, ma non bastava essere migliori, bisognava giocare meglio dell’avversario. Entrando in quella primavera del 1968, l’atmosfera della squadra era diversa, e seppure vi fosse la sensazione che la squadra del 67 era migliore di quella del 68, Kaline era pronto per giocare per la prima volta nella post season e i giocatori erano pronti per vincere le World Series.
Troppi furono gli episodi favorevoli per tralasciare il dubbio che tutta la stagione sembrò fosse stata segnata dal Destino.

Dopo aver perso la prima di campionato contro i Red Sox, i Tigers imbroccarono una serie di nove vittorie consecutive. Il 10 maggio contro gli Orioles conquistarono la vetta della classifica dove rimasero per il resto della stagione.
Quindici furono le vittorie per walk-off e altre quindici furono le vittorie ottenute con l’ultimo turno in battuta.
I Tigers vinsero 40 gare quando in svantaggio al settimo inning o dopo, vinsero 35 gare per un punto e vinsero le serie contro tutti gli avversari dell’American League (ndt il 68 fu l’ultimo anno delle due leghe, l’anno successivo furono introdotte le divisioni).
Gates Brown andò 18x40 (450) come pinch-hitter con tre HR; Tommy Matchick e Jim Price, due dei battitori più deboli, realizzarono walk-off HR, mentre Jim Northrup realizzò quattro grand slam di cui uno walk-off. Segno del Destino?
Sembrava un contagio, una catena, ognuno tirava l’altra. Ai giocatori in panchina non fu lasciato molto spazio, ma quando entrarono furono sempre in grado di fare qualcosa di utile per la squadra. Nessuno ebbe una stagione migliore di quella di Denny McLain con 31 vittorie e un PGL di 1,79, il tutto a incoronare “The Year of the Pitcher”, e come secondo lavoro si dilettava da organista. Le sue prime due prestazioni furono senza decisione, poi vinse 18 delle successive 21 gare di cui sette vittorie consecutive con gare complete.
McLain è stato il primo vincitore di 30 partite, e con ogni probabilità l’ultimo, dopo il record stabilito da Dizzy Dean nel 1934. Molto merito del suo successo lo accreditò al pitching coach Johnny Sain (BOTR 7/12/14) insieme al quale inventarono lo slider, lancio micidiale all’epoca. Segno del Destino?
Un altro segno del Destino fu l’infortunio al polso di Kaline che lo costrinse a saltare due mesi della stagione. Al momento del rientro, il suo sostituto Jim Northrop stava battendo da dio e per far spazio a Kaline il manager Mayo Smith fu costretto ad alternarlo tra la sua posizione naturale all’esterno destro e in prima base.
Ma a ottobre si presentò una decisione ancora più difficile da prendere ed è stata una delle mosse più audaci nella storia delle World Series. Fu una intuizione straordinaria di Smith, che pur di tenere nel line-up sia Kaline che Northrup, spostò l’altro esterno Mickey Stanley a interbase. Segno del Destino?
Con quella mossa Smith aveva sistemato il line-up, ma rimaneva ancora il grosso ostacolo di sconfiggere i velocissimi Cardinals e Bob Gibson che nella stagione regolare aveva un PGL di 1,12 e FIP di 1,77. La strategia era che McLain dovesse tener testa a Gibson, ma in Gara 1, tra il vincitore del Cy Young Award e l’MVP della serie, non ci fu partita, Gibson dominò mettendo kappa 17 Tigers e concedendo solo cinque valide.
La sorpresa invece venne da Mickey Lolich che era stato addirittura messo fuori rotazione nel mese di agosto per poi tornare alla grande in settembre. Per due volte dovette recuperare le sconfitte subite da McLain contro Gibson e furono due vittorie con gare complete. In Gara 2 realizzò anche un fuoricampo mentre in Gara 5 a salvare il risultato fu il preciso tiro di Horton dall’esterno sinistro ad eliminare il velocissimo Lou Brock al piatto. Azione che ancora oggi i Cardinals vorrebbero rivedere al replay. Segno del Destino?
I Cardinals vinsero Gare 3 e 4 con un risultato combinato di 14-4 assicurandosi un largo vantaggio nella serie per 3-1. I Tigers pareggiarono la serie con vittorie in Gara 5 e 6 con un risultato combinato di 18-4. In Gara 6, con solo due giorni di riposo, McLain finalmente ottenne la sua prima vittoria nelle WS con una gara completa. Per Gara 7 era il momento della verità per Lolich di affrontare Gibson.
Anche a Lolich fu chiesto di lanciare con solo due giorni di riposo. Aveva già lanciato bene in Gara 2 e 5, non aveva nulla da perdere e nessuno avrebbe avuto da ridire se non fosse andato bene in Gara 7, specialmente i tifosi di Detroit. Smith chiese a Lolich 5 inning, Lolich gliene diede nove.
Fu il Madison Bumgarner 21 anni prima ancora della nascita di MadBum. I Tigers andarono in vantaggio nel settimo inning grazie ai due punti portati a casa dal triplo di Northrup. Segno del Destino?
(Il 20 aprile scorso BOTR ha pubblicato il diario che Kaline ha tenuto durante le series con tutti gli highlight)
La vittoria finale per 4-1 consacrò i Tigers campioni delle World Series per la prima volta dal 1945. Dal lato sportivo è indubbio che la conquista del trofeo fu una grande vittoria, ma più che altro, ciò di cui si ricorda ancora oggi, è l’impatto che ebbe la vittoria sulla città.
Ancora oggi quella stagione 1968 viene ricordata come l’evento che ha riunito e salvato la città di Detroit, una stagione che è passata alla storia come un Segno del Destino.
Frankie Russo
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