
da redazione
Siamo lieti di pubblicare su Baseball On The Road un articolo redatto dalla scrittrice Judith Testa, tradotto da Michele Dodde, inerente il suo approccio alla realizzazione della biografia del lanciatore Salvatore Anthony Maglie i cui genitori erano emigrati negli Stati Uniti dal Salento. Judith Testa, già docente d’arte presso la Northern Illinois University, è cresciuta come appassionata di baseball nella zona di New York durante gli anni ’50. E’ autrice di molti articoli relativi alle bellezze architettoniche e d’arte presenti in Italia ed ha firmato anche un famoso libro su Roma. Poi ha voluto scrivere una storia di un amore che per lei è durato tutta una vita: il baseball.
Come è nata una biografia
di Judith Testa
La risposta più comune che ricevo quando dico agli amici che ho scritto una biografia di un giocatore di baseball della Major League degli anni '50 è: "Huh???" Pochi dei miei amici qui nel Midwest mi hanno conosciuto abbastanza a lungo da essere consapevoli che sono cresciuta non lontano da New York e Brooklyn, in una famiglia di fanatici del baseball, e che ho imparato il gioco insieme alla lingua inglese.
Ebbene tutta la mia famiglia era allora tifosissima per i Dodgers (che erano i Brooklyn Dodgers, come è bene ricordare), mentre io caldeggiavo un fascino segreto per l'arcinemico dei Dodgers, ovvero per quel lanciatore destro dei New York Giants che era Salvatore Anthony Maglie. Era un lanciatore che non solo riusciva a vincere contro i miei “cari” Dodgers con una semplicità scoraggiante, ma che li mandava anche a gettarsi tra la polvere del box di battuta con quei suoi lanci che davano alle palline veloci una traiettoria che sembrava rasare i capelli sui loro chinny-chin-chins, per cui gli fu dato il suo soprannome memorabile di "Sal il barbiere".

Quando i Dodgers lasciarono Brooklyn dopo la stagione del 1957, una partenza che si giudicò come una diserzione e che ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, brucia nell’animo dei tifosi, giurai a me stessa di non interessarmi più di baseball.
E fu così poiché fui molto impegnata negli studi prima al liceo, poi al college universitario ed infine ai master dell’alta specializzazione.
Questo mi permise di incominciare la mia carriera come professore e storico dell'arte e pertanto non ho riacquistato l’interesse per il gioco se non dopo il mio pensionamento avvenuto nel 2000.
Una pausa dunque di ben 40 anni! Eppure, quando ho ricominciato a seguire il baseball, mi sono resa conto di quanto io ami ancora il gioco andando a riflettere sulla passione per il baseball che avevo vissuto da bambina negli anni '50.
In seguito, per alcuni anni ho pensato di scrivere una biografia, ma non avevo trovato alcun personaggio del gioco che mi interessasse abbastanza da impegnare tempo e risorse al fine di scrivere una biografia completa. E poi, da una marea di ricordi di quel baseball, ecco che emerse improvvisamente l’intrigante figura di Sal Maglie ed ho scoperto che l'alto e tenebroso lanciatore italoamericano come allora, anche oggi stava catturando il mio interesse.
Così mi sono detta: "Perché no?". Ero consapevole che conoscevo abbastanza il baseball per poterne scrivere e cioè non mi stavo avventurando improvvisamente a scrivere qualcosa su Albert Einstein senza aver mai fatto un corso in Fisica. Così mi sono immersa nel progetto e ne sono uscita quattro anni dopo avendo scritto una biografia completa su quello che è stato il mio giocatore-eroe dell'infanzia.

Il titolo del libro,” Sal Maglie. Baseball's Demon Barber”, è stato da me scelto perché i tanti articoli che ho letto e le molteplici persone intervistate avevano tutti rimarcato quell’immagine demoniaca o satanica che Maglie riusciva a proiettare quando lanciava, un'immagine però completamente in contrasto con la sua personalità fuori dal campo.
Ricordando il musical di Stephen Sondheim "Sweeney Todd", sul "barbiere demone di Fleet Street", che uccideva le sue vittime mentre le rasava, pensai che la frase "barbiere demone" si applicasse molto bene a Maglie. Ed è vero perché anche se le rasoiate che Maglie realizzava con i suoi lanci non hanno mai ucciso nessuno, di contro c’era la nervosa convinzione da parte dei battitori che lo affrontavano in quanto pensavano ch’egli fosse un lanciatore uscito dall’inferno!.
Inoltre anche il background italiano di Maglie mi ha incuriosito. I genitori di Sal erano venuti in America dal Salento, un particolare territorio nel profondo sud della Puglia, durante i primi anni del 19esimo secolo. Suo padre aveva frequentato le scuole superiori e dunque sapeva leggere e scrivere mentre sua madre, che era una contadina, per gli usi ed i costumi dell’epoca non aveva avuto alcuna istruzione scolastica rimanendo di fatto un’analfabeta.
Comunque la famiglia si stabilì nella cittadina Niagara Falls, NY, che nei primi decenni del 19esimo secolo era uno dei grandi centri industriali degli Stati Uniti. Lì, il padre di Sal, Giuseppe Maglie, si guadagnava da vivere come operaio, mentre sua moglie dava alloggio, come pensione, ai nuovi immigrati italiani accudendo poi alle faccende domestiche allevando tre figli. Sal, nato nel 1917, era il figlio più giovane ed unico maschio.
Nessuno dei due genitori riusciva a capire come mai Sal fosse stato preso dalla passione per il baseball e cercarono in vari modi di scoraggiarlo indirizzandolo verso un lavoro e, guardate l’ironia della sorte, a suo padre sarebbe piaciuto che diventasse un barbiere. Ma quella del barbiere era una professione verso la quale il giovane Sal non aveva assolutamente alcun interesse, poco sapendo che il suo futuro soprannome, da giocatore in Major League, un giorno lo avrebbe associato a quello stesso mestiere.

Determinato a diventare un giocatore di baseball professionista, Sal ha svolto un lungo apprendistato nelle leghe minori a partire dal 1938. Il suo modo di lanciare purtroppo raramente riusciva a salire al di sopra della mediocrità, anzi spesso scendeva ben al di sotto di tale livello. Ma il destino lo aiutò non poco.
Infatti, dopo il proditorio attacco giapponese a Pearl Harbour , a causa di una genetica insufficienza toracica non potè essere arruolato in quanto fu giudicato non idoneo al servizio militare e dunque rimase tra i pochi uomini ancora disponibili a giocare nel baseball professionistico. Questa sua ritrovata possibilità gli permise di giocare e migliorarsi ancora nelle Minor League per essere poi ingaggiato dai Giants di New York nel 1945 debuttando il 9 agosto.
Mentre leggevo le cronache dell’epoca in cui Sal incominciò a giocare in Major League, devo dire che fui fortemente sorpresa di venire a conoscenza di quanti pregiudizi contro gli italiani fossero ancora presenti e portati avanti. Infatti molti accreditati giornalisti sportivi sui vari quotidiani editi a New York con molta superficialità scrivendo di Sal lo apostrofavano come “spaghetti bender” ed anche negli anni '50 persisteva ancora questa remora tant’è che anche il famoso ed amato “baseballwriter” Red Smith trovava difficile esprimere qualsiasi lode verso un “cupo e diabolico straniero” come Maglie in confronto ai suoi compagni di squadre giudicati impeccabilmente "americani". Altri giornalisti invece solevano liquidare l’aspetto di Sal paragonandolo regolarmente a quello dei criminali e gangster italiani.

Non fu da meno neanche Leo Durocher, che pure avrebbe dovuto già aver metabolizzato la sindrome di Jackson nel 1947, poiché quando fu manager di Sal con i Giants negli anni 50, pensando di motivarne la grinta, gli si rivolgeva con sferzanti epiteti, come una frusta borchiata di spine. “Stupido Wop” o “Stupido Dago” sono quelli che si possono riportare senza incorrere in parole scurrili.
Nonostante tali aggettivazioni, le stagioni di Maglie brillavano al sole con episodi che solo il baseball concepisce come drammi. Vinse infatti brillanti vittorie di misura ma subì di contro anche strazianti sconfitte.
Ha lanciato con tutte le pensabili condizioni: dalle atmosferiche, che vanno dai 43 gradi all’ombra durante i suoi due anni passati nelle franchigie della Lega Messicana (1946-1947) al freddo polare durante il periodo trascorso nella Lega Provinciale del Quebec nel 1949, al pressante frastuono emotivo che delinea la tensione adrenalinica durante le gare di Major League per la conquista del primato sino ai dolorosi confronti anche lanciando nonostante forti dolori quasi paralizzanti.
Il suo stile di lancio, che lasciava la pallina su una traiettoria inizialmente alta sino poi a rientrare nella zona dello strike, spaventava non poco il battitore di turno provocando risse, collisioni e generosi scambi di insulti osceni e gesti volgari con gli avversari. Manager di altre squadre sono sempre stati pronti ad accusare Maglie di aver lanciato più volte palline bagnate con lo sputo o intenzionalmente per colpire il battitore.
Ma tutte queste negative segnalazioni gli fecero guadagnare una formidabile reputazione quale uno dei più temibili lanciatori di tutti i tempi da affrontare con cautela. Eppure, fuori dal campo Sal era un uomo gentile, cortese e bonario la cui voce un giornalista l’ha descritta come "suadente come un sacerdote in un confessionale".
Judith Testa
Segue la seconda e ultima parte

Judith Testa, stimata ed eclettica professoressa di “Storia dell’Arte” presso la Northern Illinois University (molto letto e studiato negli Stati Uniti il suo libro sulle bellezze architettoniche di Roma), si è cimentata in questa storia vera risvegliando in sé senza alcuna remora il periodo degli anni 50 quando, nella dolce età dei sogni, era diventata a tredici anni una grande tifosa di baseball, ed in particolare dei Brooklyn Dodgers, con un’amorevole attenzione verso i miti di allora tra cui l’enigmatico Sal Maglie.
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Maria Luisa Vighi (martedì, 26 maggio 2020 11:59)
Appassionante questa storia di un emigrante dallo sguardo dolce e il tiro diabolico!! Ottima la traduzione... Compli menti!