
Ad andare a considerare l’attuale situazione con la postilla del bicchiere mezzo pieno si potrebbero riscoprire tempi andati perduti che una coesione familiare, ancorché forzata, riproporrebbe con successo ed ampia visibilità. Stiamo parlando di poter radunare e poi visionare una serie di film sul baseball considerati opportuni per ampliare i sensi di una cultura popolare piena di fatti, aneddoti e storia minuta che appagherà certamente gli appassionati ma potrebbe ancor più donare ai curiosi una linea cognitiva di uno sport che in tutta la sua essenza filosofica vuole comunque restare ciò che è: ovvero un gioco.
Ed allora ecco che tra l’impolverato elenco di ben 314 film inerenti il gioco del baseball da me redatto e pubblicato sul sito “Baseballontheroad” a partire dal 1899 quando fu prodotto dalla Edison “Casey at the Bat” sino a “Il Bambino che sapeva troppo” sceneggiato dall’omonima storia vera riportata dalla madre Cathy Byrd ed attualmente in fase di montaggio, sono andato a ricercare un filo che possa legare un completo excursus sugli eventi che hanno caratterizzato nei suoi aspetti più salienti la storia del baseball nella fantasia e nella realtà.

Pertanto l’elenco da visionare sul grande schermo familiare dovrà iniziare dal sempre osannato “The Bad News Bears” (Che botte se incontri gli Orsi) diretto da Michael Ritche e distribuito nel 1976 con interprete un gigionesco Walter Matthau che bene riesce a far assimilare ai giovanissimi della sua squadra quanto sia importante capire la filosofia del gioco e la sua etica.
Questo film è stato l’inizio di una continua serie per la televisione a dimostrazione dell’emotività che il film lasciò nell’immaginario collettivo.
A seguire, dalla fantasia alla realtà, il film “The Perfect Game” (La partita perfetta) realizzato da William Dear nel 2009 narrante la storia vera della squadra di Monterrey in Messico che stupì tutti vincendo la finale della World Little League.
Perché iniziare da questi due film inerenti il baseball praticato da giovanissimi? Perché il baseball nella sua essenza non ha età e perché ci insegna da piccoli che nulla si limita a quello che sembra, importante è andare sempre oltre.

Da qui dunque sembra opportuno entrare nell’umanità che il baseball riesce a plasmare guardando le scene di quella storia vera basata sulla vita del grande Lou Gehrig: “The Pride of The Yankees” diretto nel 1942 da Sam Wood con un eccezionale Gary Cooper a tributare il giusto onore al leggendario Iron Horse che giocò per 2130 partite consecutivamente e che, colpito dalla micidiale SLA, lasciando il campo di gioco emozionò dicendo: ”Oggi, l’aver giocato a baseball, mi considero l’uomo più fortunato sulla faccia della terra”.

Ma il baseball non è solo poesia poiché negli uomini alberga oltre al bene anche il male con i suoi molteplici aspetti.
Così si va a constatare le fasi di una combine sportiva che coinvolse otto giocatori dei Chicago White Sox nel 1919.
Sull’accurata ricerca condotta dallo scrittore Eliot Asinof, nel 1988 il regista John Sayles realizzò “Eight Men Out” (Otto uomini fuori) con una sapiente regia e calcolo dei colori.
Una brutta storia che poneva apertamente fine alle tante combine iniziate di fatto già nel lontano 1865 e non perseguibili penalmente perché nell’allora legge non erano portati gli articoli inerenti.
Anche gli otto personaggi coinvolti di fatto furono assolti dalla giustizia ordinaria e fu solo attraverso la giustizia sportiva e la ferma determinazione del giudice Kenesaw Mountain Landis, fresco Commissioner della Major League, a sancire la radiazione dei colpevoli dal grande giro professionistico del baseball.

Ancora un altro film basato su una storia vera ma questa volta di redenzione, o meglio la coinvolgente lotta contro il razzismo e le chiusure mentali attraverso il baseball.
Uscito nel 2013 il film “42” tratta le vicissitudini affrontate da Jackie Robinson per affermare che nel baseball, come in tutti gli sport, non conta il colore della pelle quanto il talento dell’atleta.
Scritto e diretto da Brian Helgeland ed interpretato da Harrison Ford ed un eccezionale Chadwick Boseman, il film “42” (corrisponde al numero della casacca indossata da Robinson) non è stato il primo o unico film che ha visionato la storia di questo giocatore divenuto icona dell’integralismo, ma è stato il più incisivo e spettacolare.

Da questa storia il filo conduce ora a prendere visione anche di un baseball di periferia, quello giocato nelle Minor League che raccoglie emergenti sogni di gloria e decadente tristezza nei fallimenti: “Bull Durham”.
Scritto e diretto da Ron Shelton ed interpretato da un Kevin Costner sopra le righe ci sorprende l’accostamento del baseball seguito come una religione quando si precisa l’omogeneità tra la pallina che ha 108 punti di cucitura ed un rosario che è composto da 108 grani.
Ma sono le sfumature che continuamente affascinano.

Di seguito l’attenzione verterà su personaggi forse non veri ma certamente esistiti nei diversi eventi di una storia infinita.
Il primo è il lanciatore e la sua solitudine sul monte di lancio. Il film, un continuo trattato psicologico è “For Love of The Game” titolo in italiano “Gioco d’Amore” fortemente tradotto male in italiano rispetto al veritiero “Per amore del gioco”.
Licenziato dal regista Sam Raimi nel 1991 e sceneggiato dall’omonimo romanzo di Michael Shaara, il montaggio del film evidenzia le problematiche ed i continui pensieri che investono un lanciatore lancio dopo lancio e la sua dovuta caratterizzazione che dovrebbe distinguerlo.

E sarà ancora Kevin Kostner che si vedrà nel successivo film “Field of Dreams” (L’uomo dei sogni) divenuto un cult per poesia, scelta dei momenti topici, qualità dell’amore della vita, abbattimento dei contrasti e ritorno commosso al gioco con il padre.
Su soggetto di William Patrick Kinsella, uno dei più seguiti scrittori sul baseball, il regista Phil Alden Robinson confeziona nel 1989 questa storia che entra nei risvolti morali di ognuno con incisività e grande attenzione.

Infine, a chiudere questo ideale Cineforum a tema, lo struggente “The Natural” (Il migliore) diretto da Barry Levinson e tratto dal libro scritto da Bernard Malamud.
Sul coinvolgente sottofondo musicale di Randy Newman si muove un Robert Redford attraverso tutto ciò che il baseball è: sogni, esoterismo, scaramanzia, affari lucrosi, rivalità, rispetto, azzardo ma soprattutto quella grande opportunità che ti permette sempre di misurarti con una seconda possibilità.
Nove film da conservare in cineteca cui però per una più confortevole conoscenza non potrebbe mancare “A League of Their Own” (Ragazze vincenti) distribuito nelle sale nel 1992 e diretto da Penny Marshall. Segna in sintesi la nascita di quella che è stata la “All American Girl Professional”. Un’altra storia vera sul gioco del baseball che resta sempre tra sfumature ed ombre sempre un gioco.
Michele Dodde
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Maria Luisa Vighi (venerdì, 20 marzo 2020 19:05)
Affascinanti pillole di sport... Adatte a tenere in allenamento almeno gli occhi!!