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Tattiche ostruzionistiche

 La foto non ha attinenza con il fatto raccontato (Photo by National Baseball Hall of Fame Library/MLB Photos via Getty Images)
La foto non ha attinenza con il fatto raccontato (Photo by National Baseball Hall of Fame Library/MLB Photos via Getty Images)

di Allegra Giuffredi

Qualche volta capita che le squadre più deboli, o che tali si reputano, invece di giocarsela fino in fondo, cerchino invece ed in tutti i modi di rigiocare una partita, contando sulla sua ripetizione e “tirando per il lungo” il più possibile ogni ripresa, al fine di evitare di arrivare al numero minimo di inning utili all’omologazione del risultato. Spesso questo sotterfugio viene utilizzato, contando su Giove pluvio e specialmente adesso con tutti i siti di previsioni meteo che ci sono, c’è sempre chi è super informato su scrosci d’acqua, acquazzoni, finestre di sereno o altre precipitazioni. Ma questa pratica, assai discutibile, non è propria solo di questi anni più tecnologicamente avanzati, perché anche all’inizio del secolo scorso veniva applicata, come vado a raccontare. Nella parte bassa del quarto inning, il 3 maggio 1915, divenne ovvio che la pioggia avrebbe preso il sopravvento sul West Side Ground, ossia il campo da baseball dove i Cubs giocavano prima di Wrigley Field.

I Pittsburgh Pirates stavano perdendo per 5 a 1 e quindi cominciarono a perder tempo sperando in una ripetizione della partita, come da regolamento.

 

Il Manager dei Pirates Fred Clarke ordinò al suo lanciatore di tirare dei lanci così alti che i Cubs non li avrebbero mai e poi mai potuti raggiungere.

 

Con due eliminati il Manager – giocatore dei Cubs Roger Bresnahan ordinò a George Pierce, in quel momento alla battuta, di girare la mazza a qualsiasi lancio, indipendentemente dalla direzione dello stesso. Dopo che Pierce girò un lancio sopra la sua testa, Clarke cominciò una lunga discussione con l’arbitro di casa base, sostenendo che Pierce aveva girato la mazza troppo tardi per essere strike e per questo fu espulso dall’arbitro.

 La foto non ha attinenza con il fatto raccontato (Photo by Mark Rucker/Transcendental Graphics, Getty Images)
La foto non ha attinenza con il fatto raccontato (Photo by Mark Rucker/Transcendental Graphics, Getty Images)

In pratica, mentre l’allenatore dei Pirates riteneva che il lancio fosse da considerarsi ball, l’arbitro lo ritenne comunque uno strike, nonostante la tempistica.

 

I successivi due lanci furono diretti proprio alla testa di Pierce che così ottenne una prima base per colpito, ma fu comunque espulso dopo aver tirato la sua mazza contro il lanciatore dei Pirates.

 

Il pinch - runner Hippo Vaughan rubò la seconda e la terza base e i Pirates non fecero nessun tentativo di evitare questo avanzamento.

Con Vaughan ormai prossimo a casa base, l’arbitro minacciò di assegnare la vittoria a tavolino ai Cubs, se i Pirates non avessero tentato una giocata.

 

Riluttanti, i giocatori di Pittsburgh eliminarono Vaughan per toccata, facendo l’ultimo out dell’inning e successivamente i Pirates non riuscirono a segnare nella quinta alta. Quindi, come previsto, una pioggia copiosa cominciò a cadere, assegnando la vittoria ai Cubs per 5 a 1.

 

Che dire? La morale è presto detta. Questa pratica così antisportiva, qualche volta va storta per coloro i quali vogliono ricavarvi la massima resa, con poca spesa … di se stessi. Meglio giocarsela, fino in fondo: non si sa mai … perché non è finita, finché non è finita!!

 

Allegra Giuffredi

 

 

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