
da Redazione: Abbiamo chiuso il 2017 con Michele Dodde e apriamo il 2018 sempre con Michele Dodde con un suo pezzo che cita la storia scritta da Franco Ludovisi. Buona lettura e un felice 2018.
Nel mese di dicembre dello scorso anno, l’orrendo piattume che stava caratterizzando i programmi della televisione di stato aveva indotto alcuni illuminati a rinverdire il palinsesto di Rai Due andando a spolverare e lucidare nelle sue peculiarità il programma “Indietro Tutta”, allora intrattenimento avveniristico per il periodo 1987 – 1988, ed a richiamare la giusta testimonianza di quel Pigmalione a 30 carati e lode che è Renzo Arbore in unione a Nino Frassica, robusta spalla autore di se stesso. Così improvvisamente i trenta anni che dividevano l’allora trasmissione con la nuova ed attuale testimonianza sono evaporati delineando come la qualità di una valida ed innovativa produzione resti sempre moderna ed affascinante.

E deve essere di certo una legge rigida poiché, quasi a binario parallelo, lo stesso spazio temporale, pur di qualche anno in più, è magicamente evaporato quando ci si è imbattuti nella pagina di Facebook redatta da Franco Ludovisi, per gli amanti del latino Ludovius, con i suoi molteplici appunti inerenti la sua storia segreta e fascinosa quale giocatore di baseball. Apparentemente sembravano fogli ingialliti dal tempo, in realtà si sono rivelati palpitanti attimi di vita di un vero “infiltrato” nel mondo e nelle vicissitudini del baseball italiano e, senza lesinare su certi momenti topici dello stesso, quella che egli stesso definisce “Una cronaca della mia vita nel baseball” non è altro che il mitico vaso di Pandora che ridà lustro ai tanti che hanno contribuito nella piccola o grande distanza al diffondersi del gioco e che di fatto si legge come un interessante e singolare libro purtroppo mai edito.
A partire dai lineamenti fotografici dei Presidenti e dei Segretari, così descritti con le loro manie e le loro diverse carature, sino ad immortalare una parte di quegli oscuri angeli che con il loro lavoro hanno divulgato il batti e corri, tutti rivivono nella loro completa umanità. Alcuni con simpatia e stima, altri sottolineati in blu ma ognuno quali anime pensanti e coordinatrici.
Così Franco Ludovisi, a partire dal 1951, quando entra ufficialmente nel mondo del baseball a seguito dell’infortunio occorso al suo compagno di squadra Golfarelli, si incentra in episodi e disincantati giudizi che generano colore all’intero diorama ma anche sapore di ricercata crescita. Nelle sue qualità credette l’allora manager Antolini, factotum pioniere del batti e corri bolognese, che gli concesse di effettuare l’esordio ufficiale nel roster della Libertas Bologna in serie B, girone C. Era il periodo in cui il baseball veniva praticato, esclusa la città di Nettuno, su polverosi campi di calcio con il diamante realizzato sempre sul lato sinistro della porta accompagnato dalle immancabili regole di campo per limitare l’azione a causa delle palline non prese in prima base, in terza, dietro il ricevitore e con il fuoricampo lungo regolare e quello corto da due basi. E gli allenamenti avevano inizio alle sei del mattino per poi consentire ai giocatori, tutti giovanissimi o studenti universitari, di recarsi alle rispettive scuole.
Da allora l’excursus di Franco diventa coinvolgente poiché prende per mano il lettore e lo fa sentire cosa sia la passione condivisa dai tanti sia che fossero Giulio Glorioso sia che fossero Loris Sasdelli detto il “rosso”, sia che fossero l’esteta del lancio Romano Lachi sia il bionico Mario Malerba e così via con l’elenco di quei giocatori costretti a rileggere più volte il regolamento a partire dall’errata traduzione che permetteva “al battitore di rifiutarsi di colpire la pallina” al mitico insegnamento delle sue sfumature da parte del grande James Larry Strong, paziente istruttore, tecnico eccellente ma soprattutto raffinato educatore e ricercatore di un decimo inning di completo studio.
E tra le righe di questa particolare cronaca spuntano personaggi come Gianni Spada, fondatore della sezione baseball nella Polisportiva Fortitudo, Gualtiero Carli, lungimirante dirigente del Rimini, Teseo Bondi, dirigente del Castenaso, e poi ancora, tra gli altri personaggi di scrivania e/o di diamante, Angelo Zara, Beppe Piana, Maccaferri Umberto, Stefano Ventura, i fratelli Giorgi, Riccardo Matteucci, Cesare Ghelfi, Franco Carlotti, il Tenente Caudullo, poliziotto in servizio permanente effettivo che assemblava il roster delle benemerite e mitiche “Fiamme Oro”, presenti allora sia nel baseball sia nel rugby dimostrando quanto fosse importante anche per le Forze Armate dare linfa agli altri sport che non fossero individuali, e via molti altri angeli dal viso sporco a causa della polvere di calce usata per segnare il diamante e che non si riportano perché fuggirebbero tutti dal lungo elenco.
Si va poi a rimarcare personali vicissitudini dove il munifico “grazie” sembra fosse diventato un freddo optional finendo con gustosi aneddoti relativi a tavolate pantagrueliche e di gioco come quando avvenne che, per sanare un’offesa in modo western, dalle artigliate mani di un Ludovius lanciatore partissero nei confronti del battitore livornese De Notta calibrate palline curve a meno di una che sistematicamente colpiva il malcapitato colorando così di blu-livido il suo fianco sinistro. E l’umpire a non capire l’intenzionalità o meglio quasi avallandola assegnando la base per casuale battitore colpito.
Altri tempi, altro gioco, altra educazione come avvenne al giovane Alex Giorgi, nove anni, quando, per aver sacramentato con gesti ed a voce sul giudizio dell’umpire che lo aveva dichiarato out al terzo strike, si vide intimare dal padre Enrico di inginocchiarsi e recitare tre pater noster, tre ave maria e tre gloria per essere perdonato. Ancora infine l’episodio del curioso contadino che, vicino alla recinzione , una volta edotto sul significato e l’impiego esoterico dei segnali, lo invitava, malcapitato suggeritore di terza, a lisciarsi sempre l’orecchio sinistro per indicare la rubata poiché a lui quel gioco piaceva.
Indiscutibilmente era quello anche il tempo delle mele verdi e quel baseball un po’ autarchico e misto a lunghi momenti di studio dei fondamentali e della tecnica veniva poi corroborato da pizze e fichi secchi o violenti panini di mortadella e prosciutto o stanati di pasta al forno da mangiare sul pulman per sopperire alle fastidiose spese delle trasferte ma era altresì un baseball giocato col sorriso perché divertiva chi lo praticava e chi andava a vederlo.
Poi il tutto si è perfezionato, sono stati realizzati molti diamanti, il baseball ed il softball italiani hanno partecipato alle Olimpiadi, a Campionati Europei e Mondiali ma sembra sia scemato il divertimento, il sorriso, un tifo genuino…ecco allora: meditiamo una “ Indietro Tutta” per darci un 30 e lode e, salvando le giuste peculiarità, ricominciamo tutto daccapo per far tornare quel divertimento e quel sorriso…sino a poter giocare nuovamente anche un Baseball on the road..
Michele Dodde
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eziocardea@hotmail.it (lunedì, 08 gennaio 2018 11:28)
Già! Un "Indietro Tutta" che tutti ci auguravamo e che, invece, latita tuttora.
Il fatto è che mentre nello spettacolo c'è ancora Arbore che ha fatto evaporare il piattume de "i trenta anni che dividevano l’allora trasmissione con la nuova ed attuale testimonianza", nel mondo del baseball non ci sono più i Ghillini o i Beneck o i Notari che sicuramente sarebbero stati in grado di fare altrettanto!
franco ludovisi (martedì, 09 gennaio 2018 11:03)
Caro Ezio, forse i Ghillini, i Beneck e i Notari sarebbero stati in grado di fare come Arbore una "Indietro Tutta", ma purtroppo credo, mia personalissima impressione, che non ci sia più la platea disposta a "guardare" la stessa trasmissione nel baseball. Nel fare il mio "amarcord" mi sono venute in mente alcune riflessioni che, semmai, in un prossimo mio sproloquio esternerò. At Salut.