
Steno Borghese
Il Principe Steno Borghese è il primo Presidente Federale della mia vita nel Baseball. Lo incontro per la prima volta e lo frequento a lungo a Bitburg quando io facevo parte della Nazionale Italiana che lui accompagnerà poi a Barcellona ai Campionati Europei del 1960. E’persona assai amabile, di grande cultura, molto rappresentativo, cordialissimo con noi tutti giocatori con cui relaziona cordialmente anche se a volte il nostro comportamento è piuttosto irrispettoso per la persona e per il ruolo che ricopre. Ricordo ancora la pacata risposta che diede all’ironico benvenuto del Comandante della Base Americana di Bitburg che ci diceva, in pratica, che eravamo poca cosa, ma eravamo però guidati da un Principe!
La risposta di Borghese mise in evidenza che in passato si era diventati nobili per epiche imprese condotte a termine con coraggio ed audacia, cosa che appunto la nostra Nazionale era intenzionata a fare sotto la sua guida, la guida di un Principe, ai Campionati Europei.
Ricordo ancora il piacere che provai sentendolo suonare in maniera perfetta il pianoforte del Grand Hotel di Barcellona; anche qui commenti ironici di alcuni di noi denunciarono una caduta di stile.
Presidente in sintonia coi primi passi del nostro sport in Italia.

Giuseppe Ghillini
L’ing. Giuseppe Ghillini da Casalecchio di Reno segue il Principe Steno Borghese alla guida della Federazione Baseball Italiana.
Ghillini era uso scendere dalla sua villa che sovrastava il campo di baseball a Casalecchio – primo campo costruito in quel di Bologna, da lui voluto e realizzato - in compagnia di un suo grande amico e cugino il Colonnello Marzoli - entrambi sempre accompagnati dal fido bulldog del Colonnello stesso - per essere presente spesso ai nostri allenamenti e sempre alle partite. Uomo cordiale, pragmatico, a volte paterno, altre paternalista, fu personaggio amabile ed amato.
Di personale ricordo, fra l’altro, una bella litigata fra di noi avendo io concesso a quelli della Società di calcio - che giocavano sul nostro stesso impianto che era polivalente - di posizionare la nostra gabbia di battuta lontano dalla bandierina del corner per agevolare chi doveva battere il calcio d’angolo da quella posizione.
“Tu fai l’allenatore e basta!” Urlò Ghillini al mio indirizzo. “Al resto pensa la Società!”
E se diceva così voleva dire che aveva buoni motivi per non aderire alla richiesta.
Replicai duramente: avrei fatto le cose che ritenevo giuste e mi sembrava giusto agevolare la corretta pratica di un’altro sport fatto sul nostro comune impianto.
Dissi queste cose davanti ad un mio collega di lavoro accanito tifoso di calcio che poi, in separata sede, mi chiese chi fosse la persona a cui avevo risposto in maniera così decisa;
quando seppe che era il mio Presidente di Società ed anche Presidente Federale mi chiese se ero matto a scontrarmi a quel modo. Il mio collega non sapeva dei rapporti che intercorrevano fra noi del baseball e che la “politica” veniva sempre battuta dalla sincerità dei rapporti interpersonali, nel nostro mondo.
Almeno allora.
Un colpo di mano di Bruno Beneck all’assemblea delle Società tenutasi a Firenze per il rinnovo della carica del Presidente porrà fine all’avventura di Giuseppe Ghillini ai vertici federali.
L’applauso fragoroso fatto dall’Assemblea al Presidente uscente farà dire a Beneck, nella stessa occasione, che si augurava di essere salutato, al termine del proprio mandato, da una analoga ovazione.
Ciò non avverrà.

Bruno Beneck
Beneck è uomo da sempre nelle vicende del baseball italiano, fin dalla unificazione delle due federazioni esistenti negli anni quaranta. E’ uomo di sport, è uomo di fantasia. Ma è anche sicuramente un accentratore e un despota.
Succedeva così che, durante riunioni che lui indiceva per saggiare le tendenze delle nostre Società e, a mio giudizio, per indirizzarle verso quanto lui voleva, durante gli interventi di chi dissentiva, intervenisse direttamente dal suo microfono a contestare, ribattere, precisare, influenzare insomma nel modo da lui voluto e, nel migliore dei casi, interrompere solo l’esposizione delle idee degli altri.
Dovendo rappresentare la mia Società in una di queste assemblee e richiesto da lui di esprimere il mio punto di vista gli risposi che lo avrei fatto solo nel momento in cui lui avesse spento il suo microfono così da non interrompere la mia esposizione che preannunciavo contraria alle sue tesi. Non mi fu accordato il microfono unico e non parlai per niente.
Potete immaginare che personalmente non ebbi mai trattamenti di favore dal Presidente e se, come accadde nel 79, lui ebbe bisogno di me come allenatore dei lanciatori della rappresentativa Nazionale Cadetti, che vincerà il titolo europeo portando nelle casse della Federazione notevoli contributi da parte del Coni, la sua riconoscenza si fermò alla consegna di una minuscola medaglietta commemorativa, niente rimborso per i giorni consumati per l’avventura europea e nessun riconoscimento, come ad esempio il “Diamante d’Oro”, sempre largamente accordato ai benemeriti del nostro sport, che in altre occasioni Beneck assegnò addirittura ad ogni singolo componente le pattuglie che conquistavano titoli continentali di qualsivoglia categoria.
Beneck mi trovava sempre in rotta di collisione:
- con le inevitabili contestazioni all’operato del Cnt guidato dall’ineffabile, e scarso conoscitore della lingua italiana, Ruggero Benito Coppola, oppure a ribattere alle dittatoriali prese di posizioni del Segretario Federale Baroni che pretendeva addirittura che si trasportasse, con il proprio mezzo, il materiale della Federazione necessario all’organizzazione degli incontri delle Squadre Nazionali come avvenne a Torino nel 1961 in occasione dell’incontro Italia Olanda e a Grosseto nel 1964 dove, assieme a Franco Imbastaro, giornalista esimio della Gazzetta dello Sport, provvedemmo al recupero delle basi per un’altro incontro con l’Olanda, - o alle inaugurazioni prestigiose di nuovi campi da baseball dove ero presente invitato dalle Società - a cui avevo dato evidentemente qualcosa - ma non invitato e mal tollerato dalla Federazione.
A Castellamonte ad esempio, in una suggestiva sala stampa allestita all’interno di un vagone ferroviario adattato alla bisogna, Beneck mi volle presente per un ringraziamento ufficiale che si estrinsecò in un generico plauso – senza indicare i destinatari - a chi aveva ottenuto risultati notevoli in campo internazionale nell’annata sportiva in corso (1979).
E con questo aveva sistemato ogni obbligo materiale e morale.
Ma a questo Presidente - che non amavo - non ho mai negato le capacità di saper concretamente ricercare il bene del nostro sport come quando diede la spinta decisiva per far entrare il baseball alle Olimpiadi.
Ma chi fa e fa molto sbaglia di più.
Così avvenne che un suo clamoroso errore lo portò a perdere la Presidenza.

Aldo Notari
Avvenne così che fu eletto al suo posto Aldo Notari.
Al contrario di Beneck Aldo era un presidente che amavo:
avversari sul campo, io nelle squadre bolognesi e lui nel Parma, poi amico disinteressato, poi mio candidato alla Presidenza Federale quando si dovette affrontare la successione a Beneck, infine cortese interlocutore quando di volta in volta gli portavo a Parma i Presidenti delle Società per cui operavo perché questi potessero conoscere ed essere conosciuti da lui.
Come giocatore l’ho spesso battuto: penso che il bilancio sia a mio favore.
Come amico vince sicuramente lui.
In svariate occasioni mi ha dimostrato tangibilmente la sua amicizia, come quando mi affidò la supervisione della Nazionale Militare a capo di allenatori del calibro di Guzman, Medina ed Hernandez e quando accettò senza problemi le mie dimissioni determinate da eventi familiari che mi colpivano, ma che lo lasciavano in momentanea difficoltà:
come quando ottenevo da lui contributi per il miglioramento od il completamento di impianti sportivi che mi erano cari e che mi permettevano di ben figurare presso le Società a cui erano destinati.
Anche con Aldo non mancheranno momenti di scontro anche violento per poi ricucire immediatamente e bene, secondo buon senso, gli strappi determinati dai diversi punti di vista.
Nell’84 andai da lui a Parma con in tasca il calendario già predeterminato della A/2 di quell’anno in cui il Modena, di cui ero allenatore, doveva essere incluso in uno dei quattro gironi che la formavano.
Estrassi il calendario con già indicata anche la composizione dei gironi che comprendevano ognuno:
una testa di serie, una seconda forte squadra ed una neopromossa tenendo conto della vicinanza delle Società partecipanti.
Aldo era un maniaco delle distanze chilometriche ferroviarie ed io avevo predisposto anche una tabella delle stesse, girone per girone.
Quando il Presidente vide il progetto si incazzò di brutto urlando che queste erano mansioni federali e non potevano essere affidate alle singole Società a seconda del loro comodo (infatti i gironi da me predisposti erano chiaramente favorevoli al Modena), che non dovevo permettermi una cosa simile e, a seguire, tante altre ragioni, ma alla fine trattenne il progetto e lo intascò.
Al primo consiglio Federale Notari sollevò il problema del calendario della Serie Nazionale la cui stesura era in ritardo.
Rimproverò l’inerzia della propria struttura dicendo:
“Non ci vuole poi tanto a farlo; in questi giorni ho pensato ai gironi della A/2 e ho compilato il relativo calendario!”
Ciò detto estrasse di tasca il mio stesso progetto redatto ancora con la mia calligrafia lo consegnò a chi di dovere e quello fu il nostro calendario dell’annata!!!! (confidenza dello stesso Notari).
Durante la campagna elettorale a favore di Notari il Modena ed io stesso fummo molto attivi e, nonostante i tanti oppositori, riuscimmo a farlo eleggere vuoi per la continuità dell’azione federale, lui era vicepresidente di Benech, vuoi per il valore del Dirigente.
Tanti oppositori, anche di spicco, li ritrovammo sul carro dei vincitori sul quale erano saltati all’ultimo momento.
Dopo un primo tentativo di Alfredo Meli per tentare la scalata alla Presidenza Federale, tentativo fallito sul nascere per la ferma contrapposizione di Notari, sarà la volta di Everardo Dalla Noce, antica voce del baseball televisivo italiano, a guidare una cordata verso la vetta del movimento.
Notari verrà battuto troppo facilmente.
Sottovalutazione della controparte dopo i facili fallimenti dei precedenti avversari?
Oppure indifferenza di Aldo per una carica divenuta gravosa e difficile per il decadimento dello sport in generale e del baseball in particolare, quando gli sarebbe rimasta quella prestigiosa e più morbida ricoperta in seno alla Federazione Mondiale a cui è tutt’ora sicuramente molto affezionato?

Everardo Dalla Noce
A Montecatini alla Coach Convention dei Tecnici trasformatasi da assise tecnica ad ”assise autocelebrativa delle strutture federali” viene presentato il nuovo e frizzante Presidente Everardo Dalla Noce uomo astuto, intelligente, dialetticamente capace e comunque ben accolto dalla platea dei tecnici e non.
Lo conoscevo per averlo visto ai microfoni dei commentatori delle partite di baseball sui nostri campi e come esilarante personaggio televisivo, ma non di persona; quindi alla prima occasione in cui la Convention lo permise mi presentai:
“Ludovisi”, dissi.
“Lo so, lo so!” fu la risposta.
Tutte le mie antenne difensive vibrarono immediatamente.
Per quanto la mia popolarità in epoche passate fosse stata ampia non era tale da farmi ricordare con una simile immediatezza dal Personaggio.
Pertanto, col nuovo Presidente, se non diffidare, almeno essere cauti.
Non ci fu bisogno di farlo.
La sua malattia (causa ufficiale) lo costringerà a lasciare le funzioni di Presidenza nelle mani dei Consiglieri Federali (di cui ricordo volentieri il Vice Vito Ailara) fino alla nomina del successivo Presidente.

Riccardo Fraccari
Un’altro amico da sempre.
Siamo a Tirrenia, il regno di Riccardo Ci ha indicato – a noi del Cnt – un ristorante modesto, ma qualificato nella sostanza e poi ci ha raggiunto a tavola perché, dice lui, fra tecnici ed arbitri, che lui guida, ci deve essere feeling.
Dalle parole ai fatti, dal buon mangiare al bere si impostano i rapporti di collaborazione fra i due organismi.
A tavola oltre a Riccardo ci sono ovviamente io che racconto e il Consiglio Direttivo del Cnt, quel consiglio formato da “spaccamaroni” come voleva il Presidente Federale Notari e il Presidente dell’Organo Bruno Linciano.
Un’altro amico in fondo.
Ricordo per inciso che, durante la campagna elettorale di Notari, Linciano mi tenne ben quarantacinque minuti al telefono per chiedermi come avrei eventualmente impostato io il nuovo Cnt.
Glielo raccontai e quel racconto divenne, lo seppi poi, il programma elettorale proposto da Linciano al Presidente.
Bruno poteva anche fidarsi di me e dirmi cosa voleva farci delle mie idee sui tecnici dal momento che personalmente non ambivo alla poltrona che lui tentava di ottenere; ed infatti non gliene volli quando la ottenne ed anzi fui contento di collaborare con lui come Consigliere.
Ma neppure Bruno aveva torto a diffidare dal momento che poi i fatti gli dettero ragione perché alcuni “spaccamaroni” del Consiglio non solo non furono più tali, ma divennero affidabile struttura federale che alla fine lo sostituirono quando Bruno decise di suicidarsi, politicamente parlando.
Comunque siamo a tavola, parliamo euforici (forse il vino?), ci accordiamo su iniziative in comune che andranno avanti a lungo e bene, ma solo con contatti epistolari.
Dovrà passare molto tempo, esattamente fino alla elezione di Fraccari alla Presidenza, perchè ci si riincontri in modo non episodico.
Sono al Falchi a vedere una partita importante per il cammino verso lo scudetto 2003 della Fortitudo quando arriva Riccardo al campo ed è accolto dai dirigenti locali con molto sussiego, ma anche con imbarazzo, mi pare, perchè la partita è molto avvincente e va seguita con trasporto.
Ho la sensazione che Riccardo venga “parcheggiato” a bella posta accanto a me, sempre disponibile all’intrattenimento anche “logorroico” sui temi del baseball, ma che non ho veste alcuna per interessarlo.
D’incanto si riprende il discorso interrotto tanto tempo fa sui progetti possibili per il nostro sport e sono veramente contento di barattare una partita anche se importante con le confidenze del mio Presidente.
E sono confidenze vere dal momento che io non devo essere convinto non avendo nessuna possibilità di influire sulle decisioni da prendere.
Speriamo che il prossimo contatto vero non avvenga dopo un altrettanto lungo intervallo, anche se ciò vorrebbe dire che ci siamo ancora e non solo nel baseball.

Andrea Marcon
Sono alla Convention 2017 di Treviso per salutare amici che si possono ritrovare solo lì. E sono alla Convention per incontrare – se è possibile – il Presidente Marcon.
Se lo incontrerò e relazionerò con lui, anche brevemente, avrò conosciuto tutti e sette i Presidenti Federali del Baseball Italico.
Ci riesco anche col contributo dell’amico Lauro Bassani che ci immortala assieme sul palco dove ha appena finito di parlare Marcon.
Un discorso pulito, ma complesso dove enuncia le sue intenzioni federali con chiarezza e semplicità: vedremo nei fatti.
Intanto anche lui, come a suo tempo Everardo Dalla Noce, alla mia presentazione afferma di sapere chi sono: è possibile poiché ho discusso a lungo con il suo “staff” su argomenti che riguardavano l’impostazione e la soluzione di alcuni problemi del nostro sport.
La prima impressione è buona.
Speriamo che la mia senilità non mi abbia fatto perdere l’intuito che ho sempre avuto nel giudicare le persone.
Franco Ludovisi
Nella foto sotto Andrea Marcon assieme a Franco Ludovisi - Treviso, sabato 28 gennaio (Foto di Lauro Bassani)
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Michele (domenica, 05 febbraio 2017 08:54)
Caro Franco, i tuoi non sono ritratti ma la vera storia del baseball e softball italiani. A questi "ritratti" al fine di completare la storia con opportuna appendice, dovrai aggiungere anche quelli dei vari Segretari che si sono succeduti alla destra dei sette. Anche loro sono stati artefici della buona o meno politica federale.
At salut