I "mali" nel baseball

Nella foto il lanciatore Tommy John operato al gomito con la tecnica che poi diede il suo nome
Nella foto il lanciatore Tommy John operato al gomito con la tecnica che poi diede il suo nome

di Allegra Giuffredi

Premetto che non sono un medico, ma di recente, ad una cena con grandi giocatori del baseball bolognese (non ho scritto “ex”, perché per me un giocatore, lo è per sempre, come il famoso Diamante e forse, a pensarci bene, anche e proprio per quest’analogia col campo di baseball ….),  chiacchierando, tra un’insalata arcobaleno, una linguina ed un calamaro, ad un certo punto si è arrivati a parlare anche dei vari dolori e doloretti, che disturbano i giocatori di baseball, sia in carriera che dopo.

Vi sono, infatti, nel baseball, così come in qualsiasi altro sport, sia degli infortuni che accadono sul campo, che dei veri e propri mali, che costituiscono una eredità dolorosa del batti e corri.

Le anche, per esempio, sono particolarmente sollecitate nei lanciatori, perché un lancio, prevede una preparazione molto accurata, proprio a partire dalle gambe, che caricano il lancio, scaricato poi con il braccio, dopo la torsione del busto.

 

Altra parte assai logorata da questo giro, ripetuto, più e più volte nel corso degli anni, è la spalla, destra o sinistra a seconda che il lanciatore sia destro o mancino.

Le cuffie dei rotatori, i legamenti e tutto il gomito, rischiano gravi danni e Fabio Milano, indimenticato closer della Fortitudo ne sa qualcosa.

 

Dal 1974, proprio il gomito dei giocatori di baseball e solo se particolarmente logorato, conosce la Tommy John surgery, ossia una pratica chirurgica che ha preso il nome dal giocatore Tommy John (1943), lanciatore dei LA Dodgers.

In pratica, l’intervento consiste nella sostituzione del legamento collaterale ulnare del gomito con un altro tendine, che può essere anche eterologo e quindi non personale.

 

Se le spalle e i gomiti piangono, neanche la schiena, con la colonna se la ridono molto. Ernie discali e della colonna, abbondano, ma per fortuna, da un po’ di tempo esiste la chiropratica, che pare faccia molto, ma molto bene.

 

Strappi e stiramenti completano il panorama dei traumi ed infortuni, che possono accadere, pur se, in questi casi, riposo e quei “cerottoni” colorati: i taping, aiutano parecchio, perché non sono  cerotti medicati, bensì un vero e proprio principio di tipo bio-meccanico, che stimola i processi di auto guarigione dei tessuti, grazie ad una precisa trazione sulla parte infortunata, che permette di alleviare il problema.

Nella foto Paolino Ambrosino (foto Ezio Ratti FIBS)
Nella foto Paolino Ambrosino (foto Ezio Ratti FIBS)

Un brutto infortunio, brutto e davvero doloroso è la rottura del tendine d’Achille: ah, che male! che dolor! Paolino Ambrosino se lo ruppe in un’epica rincorsa verso il cuscino e sopra la rete del fuoricampo del Falchi di Bologna e credo che abbia davvero “cantato Rosina” per il male, ma siccome, è proprio il caso di dirlo, non tutto il male viene mai per nuocere, anche per questa corsa sfortunata è entrato stabilmente nel cuore dei tifosi.

I catcher poi, a parte le ginocchia particolarmente sollecitate, sono soggetti a degli scontri, quando presidiano, quale ultimo baluardo il piatto di casa base, dall’arrivo del corridore avversario che s’invola dalla terza base e Buster Posey (1987), ricevitore dei San Francisco Giants, ne è un chiaro esempio. 

Come si ricorderà, infatti, dal 2014 è entrata in vigore la regola 7.13, informalmente chiamata “Regola Posey”, introdotta per calmierare gli scontri tra ricevitore e corridore a casa base, ossia le cosiddette “collisions”, tanto spettacolari, quanto pericolose, come sa bene il buon Posey, vittima di uno scontro durissimo con il corridore Scott Couisins (1985) dei Marlins.

 

Dalla stagione 2014, quindi l'arbitro è l’unico dominus nel valutare se il corridore abbia deviato dalla sua traiettoria naturale o abbia caricato apposta il catcher a casa base: in entrambe i casi il corridore verrà dichiarato out, mentre nel caso che sia il catcher a bloccare la traiettoria senza essere in possesso della palla, il corridore verrà chiamato salvo: l’importante è che il ricevitore permetta al corridore di poter scivolare a casa base, non bloccandolo.

Non solo la “regola Posey”, come mi piace ricordare questa innovazione, ma anche la recente introduzione nelle MLB, del limite alle scivolate particolarmente pericolose fatte per interrompere il “doppio gioco” difensivo, testimoniano la volontà di rendere le azioni, più sicure e meno emotive …. del resto il baseball è un gioco di ragionamento e  la rasoiata davvero “assassina” di Chase Utley (1978) dei LA Dodgers su Ruben Tejada dei NY Mets (1989) durante i Play Off del 2015, ne è un chiaro esempio contrario a qualsiasi raziocinio.

E che dire della mega botta presa dal lanciatore dei Cincinnati Reds, Aroldis Chapman (1988),  durante lo spring training del 2014, nella partita giocata contro i Kansas City Royals?

Salvador Perèz (1990), giocatore dei KC Royals, battè, o per meglio dire, ribattè un lancio di Chapman direttamente sulla sua cavità orbitale sinistra, procurandogli un lungo soggiorno in ospedale, anche, perché il Chapman è assai noto per aver un lancio tra i più veloci delle MLB, tanto che se ne ricorda uno lanciato a 169 Km/h.

 

Beh, forse ha pagato in anticipo e mi auguro anche con gli interessi, le botte che pare sia uso dare alla fidanzata, quando s’innervosisce e che a onor del vero gli stanno facendo scontare con una squalifica di ben 30 giornate, pur se novello giocatore del roster dei NY Yankees …. le donne ringraziano!

 

Nel baseball ci sono dei ruoli come quello del battitore che necessitano del caschetto, anche se non essendo integrale, ovviamente, non protegge completamente la testa dei giocatori, così come la schiena e i gomiti che talvolta vengono colpiti dolorosamente dalle palle lanciate e in proposito ricordo la piccola cisti che ancora alberga sul rene di Marcello Perich, leggenda del baseball bolognese.

 

Il caschetto viene e non a caso utilizzato anche dai suggeritori, a seguito della dipartita di alcuni di questi e forse, talvolta andrebbe indossato anche dal pubblico, perché può capitare di prendere delle “pizze” memorabili e delle mazzate da terapia intensiva, come accaduto più volte, quando al battitore sfugge di mano la mazza.

 

Per chiudere questa carrellata degli orrori o dei dolori, ricordo una brutta abitudine dei battitori, che è quella di preparare la battuta, roteando i polsi, nello stringere la mazza: i legamenti dei polsi soffrono, s’infiammano e non ringraziano di certo.

 

Allegra Giuffredi

 

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