
Articolo tratto da MLB.com
Erano le cinque del mattino, poche ore prima del sorgere del sole quando squillò il telefono nella camera d'albergo di Bryan Pena. Era Jose Abreu. “Sei sveglio?” chiese Abreu. “Io non riesco a dormire. Chiama Alexi (Ramirez), vedi se si è alzato.” Ramirez era ben sveglio. “Chiama subito (Yasiel) Puig” rispose immediatamente a Pena. Per i cubani disertori era stata una lunga notte insonne. Erano agitati, erano al settimo cielo. Stavano immaginando come fosse stato il loro ritorno in Patria, un ritorno da eroi.
“Da molto tempo ormai sognavo questo momento, sono quasi vent’anni che manco dalla mia terra”, racconta un emozionatissimo Pena. “Sono molto grato di avere questa opportunità di tornare alle mie origini e al mio Paese. Sono fiero di poter condividere le mie esperienze con la mia famiglia. Ancora non ci posso credere.”
Insieme al fratello Emerson, Pena è stato accolto da 25 membri della sua famiglia presso l’Hotel Nacional, a circa 15 minuti da dove è cresciuto. Aveva promesso a se stesso di non piangere, ma non è stato in grado di tenere fede alla sua promessa quando vide il gruppo di parenti nella hall. I genitori vivono con lui negli States.
“E’ incredibile essere qui,” continua Pena. “E’ qualcosa di indescrivibile. Stare qui in compagnia di questi meravigliosi signori quali Kershaw, Cruz e Cabrera che impegnano il loro tempo per supportare e aiutare i ragazzi di quest’isola dimostra il loro carattere. Loro non sono cubani, ma s’interessano alle altre popolazioni dimostrando la loro nobiltà d’animo.”
Puig invece, era accompagnato dal padre Omar e appena entrato nell’albergo ha incontrato un vecchio amico, il suo mentore che affettuosamente chiama il suo “Tata”. Sembrava che non si siano mai lasciati. Poi si è fatto fotografare con un centinaio di tifosi intrattenendo i media raccontando barzellette.
Jay, nato in USA da genitori e nonni nativi di Cuba, aveva le mani appoggiate ai fianchi e sospirando si guardava intorno. Era incantato. “E’ irreale, è sempre stato il sogno della mia vita venire qui, e adesso, avere la possibilità di diffondere la mia passione per questo sport è qualcosa che non dimenticherò mai. La cultura con cui sono cresciuto in Miami è cubana, quindi conosco le abitudini e le tradizioni, ma essere qui, nella terra della mia famiglia è semplicemente stupendo.”
Chi invece sembrava più a suo agio era Ramirez il quale era tornato a Cuba qualche settimana prima dopo otto lunghi anni di assenza. Era fiero, camminava a testa alta, stringeva la mano a tutti e si faceva fotografare. Aveva un sorriso a trentadue denti.
“Beh, la prima volta ero nervoso, molto nervoso,” dice Ramirez. “Non sapevo come avrei reagito, ma quando ho visto la mia famiglia, tutto è cambiato perché erano otto anni che non stavamo insieme, sembrava che il tempo si fosse fermato.”
Cabrera si è mescolato tra la folla mentre Kershaw aveva il suo guanto e si è fermato a palleggiare con alcuni ragazzi. Il tour è iniziato con una conferenza stampa per poi proseguire con alcuni clinic nei giorni successivi all’Estadio Latinoamericano dell’Avana e all’Estadio Victoria de Giron a Matanzas. C’è stata anche una cena di beneficienza con la Caritas Cubana e un’associazione USA non governativa di servizi umanitari, sociali e di emergenza per l'isola.
“Ovviamente è commovente per questi ragazzi che sono nati qui e sono tornati per la prima volta, è difficile immaginare le emozioni che stanno vivendo per il solo fatto di rivedere le loro famiglie”, dice Kershaw. “ Adesso sono degli eroi per la gioia del loro popolo. E’ entusiasmante fare parte di questo gruppo. Spero di capirne di più nei prossimi giorni.”
Ma il momento più toccante della giornata è stato l’ultimo, ed è stato anche quello più privato. Alle 5 del pomeriggio Abreu si è allontanato dal gruppo per andare ad abbracciare il figlio Darielito per la prima volta dopo 3 anni.
“E’ difficile descrivere cosa provo,” ha detto Abreu. “C’è un’eccitazione e ansietà che mi balla nello stomaco. Una cosa che non ho mai sentito prima di adesso, ma è bello. E’ bello tornare a casa.”
Nota di Frankie Russo:
Non basterebbe il miglior scrittore del mondo per descrivere queste emozioni comprensibili solo a chi le ha vissute in prima persona, e parlo per esperienza diretta.
Dopo 10 anni, all’età di venti, tornai negli States per rivedere mio padre e i miei parenti. Trascorsi poco più di due mesi, e i ricordi sono ancora indelebilmente fissati nella mia memoria.
Quando cadono le barriere è sempre un Buon Natale per tutti!
Frankie Russo
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