
Lo sviluppo o le idee di particolari opportunità nascono, in special modo negli Stati Uniti, dallo studio di quell’indiscutibile senso algido dei numeri che ha sempre fortemente affascinato le teorie oggettive della statistica. Già alla fine dell’ottocento la sua applicazione in campo teorico ha movimentato più di qualche interesse legato alla programmazione ed agli investimenti. Di poi il suo uso si è generalizzato ed introdotto in ogni campo che potesse investire in modo razionale il campo sociale ma anche in altri, tra cui quello sportivo, per calibrare e determinare parametri di giudizi e di interpretazioni.
Per tali motivi quell’eccellente studioso di statistica del suo tempo che era Ernest Lanigan fu posto sotto contratto nel 1948 dai vertici della Baseball Hall of Fame al fine di mettere statisticamente un ordine storico nella stessa. Dopo dieci anni di interessante impegno egli fu sostituito nel 1959 da Lee Allen che, oltre a proseguire il suo lavoro, di fatto divenne, per acclarata capacità intuitiva nell’applicazione statistica, anche l’estensore delle schede dei vari giocatori della MLB da sottoporre poi al Comitato dei Veterani.

Ecco allora che la statistica “unica scienza che permette ad esperti diversi, usando gli stessi numeri, di trarne diverse conclusioni” (cfr: Evan Esar) fa innamorare quel grande appassionato e studioso di baseball che è Bill James il quale nel 1985, edito da Villard Books, dà alle stampe il suo documentatissimo “The Bill James Historical Baseball Abstract”.
L’autore, dopo aver delineato una incisiva panoramica del baseball professionistico con moduli decennali, indica con i parametri della sua personale statistica le classifiche dei migliori 100 giocatori in ogni ruolo. Questo significativo riassunto è stato poi continuamente aggiornato con le edizioni del 1988, 2001 e 2003.
L’interesse suscitato da questa sua miscela unica di Sabermetrica oltre a far riflettere indusse Bill James a scrivere nel 1994 “The Politics Of Glory”, divulgato poi successivamente in edizione economica come “Whatever Happened to The Hall of Fame”, al fine di porre un sigillo oggettivo sulle scelte di ammissione all’eleggibilità o meno dei vari candidati esprimendo una ferma disapprovazione sulle procedure sino ad allora adottate.

Ovvero passare un velo pietoso sulle scelte passate e licenziate dal Comitato dei Veterani, più propensi a promuovere in icona quel giocatore che aveva avuto la fortuna di un consenso popolare anzichè quello in possesso di un notevole apporto tecnico di spessore, e promuovere in sostituzione una votazione che coinvolgesse tutti coloro che con il baseball “hanno qualcosa a che fare” (cfr: Babe Ruth): i media, i tifosi, gli stessi giocatori, i dirigenti e gli studiosi del baseball. Questa documentata provocazione toccava negativamente per la prima volta quel museo cattedrale del baseball che, pur essendo una iniziativa privata della famiglia Clark, per l’evolversi del suo significato intrinseco di fatto era ed è divenuta patrimonio indissolubile del gioco antico. Una madornale irriverenza da parte di Bill dunque ma grande successo editoriale da parte dei lettori-fans che si vedevano aprire gli arcani misteri delle valutazioni farcite da singolari simpatie.

Ancora, dopo aver indicato gli eventuali votanti, Bill evidenzia anche i suoi sei metodi statistici da usare, o meglio:
1. Il punteggio di comparazione,
2. L’elenco standard di carriera,
3. Valutazione delle prestazioni,
4. Metodo deduttivo per predire se un giocatore sarà più o meno idoneo ad essere eletto,
5. Fibonacci Win, metodo utilizzato esclusivamente per i lanciatori,
6. Una lista di domande sui risultati e sulla popolarità raggiunti da un giocatore durante la sua carriera.
Perfettamente conscio che nessuna delle sue proposte sarebbe stata approvata, ed in piena sintonia che “lo statistico è uno che fa un calcolo giusto partendo da premesse dubbie per arrivare ad un risultato sbagliato” (cfr: Jean Delacour), nella sua simpatica autoironia Bill James nel capitolo “Don Drysdale” conduce per mano il lettore con l’applicazione dei suoi dimostrati metodi in modo oggettivo e lo convince che senza dubbio alcuno Don Drysdale è meritevole di essere eletto nella Hall of Fame, e chi avesse voglia di sostenere il contrario sarebbe stato solo un folle, ma poi, usando gli stessi metodi, ma da un punto di vista fortemente soggettivo, gli dimostra che Don Drysdale non lo è. E’ un capitolo straordinario perché in sintesi è il chiaro messaggio che Bill vuole dare ai Veterani della Hall of Fame, ovvero che gli eventuali errori del passato possono essere tutti corretti e che c’è sempre un modo migliore di fare le cose.

La via contestatrice aperta da Bill nel 1994 ha avuto poi in seguito ulteriori seguaci che pur sempre da punti di vista diversi, come quelli trattati in “Baseball’s Hall of Fame” di Robert Cohen (2009), poi in “A Declaration of War on The Baseball Hall of Fame” di Tim Johnson (2012), ancora in “The Hall of Fame Index” di Scott Barzilla (2010), infine nello stesso “Cooperstown Confidential” di Zev Chafets (2009) di cui si è già parlato, sono tutti pronti a dichiarare che sì Pete Rose, Shoeless Joe Jakson, Barry Bonds, Roger Clemens, Sammy Sosa, Alex Rodriguez ed altri che sono stati oggetto o soggetti di “episodi negativi che li hanno toccati” sono comunque meritevoli dell’eleggibilità nella Cattedrale degli Onori.
A calmare quest’onda lunga e riportare la calma piatta è stata proprio la Hall of Fame nel 2013 dando alle stampe il suo illustratissimo “Inside the Baseball Hall of Fame” con la prefazione di Brook Robinson , leggendario terza base degli Orioles. Il volume non è altro che una parziale raccolta di documenti, immagini dei vari immortali e foto dei diversi cimeli con le relative storie, aneddoti ed eventi ed è destinato a diventare il giusto surrogato per tutti quei milioni di appassionati che, pur desiderando di colmare la loro passione con un viaggio a Cooperstown, sanno che non potranno mai farlo.
E dunque è la Baseball Hall of Fame di Cooperstown la vera Cattedrale degli Onori? Dopo un profondo respiro diciamo con Gregg Easterbrook: “la Statistica? Se si torturano i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa”.
Michele Dodde

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