
Traduzione di un articolo dal sito: Detroit Free Press
Benny Castillo è un baseball scout, gestisce un’accademia a Thonotassa Florida ed è definito un dinosauro nell’ambiente. Ha collaboratori in tutte le parti del mondo alla ricerca di giovani talenti. In passato ha lavorato per alcune franchigie della majors e ha giocato 12 anni nelle minors. Conosce molto bene il background, sia la parte politica che quella degli affari.
Quando vide Wynton Bernard scendere dalla rossa fiammante Chevy Cobalt nel parcheggio del Joker Marchant Stadium, non poteva sapere che era un’auto a noleggio e che si era pagato il viaggio dalla California grazie ad una vincita di 700$ alla lotteria. Non poteva nemmeno sapere che aveva già il biglietto di ritorno per il giorno dopo e che un paio di settimane prima era stato rilasciato dall’organizzazione dei San Diego Padres.
Entrambi erano in Lakeland ma con obiettivi diversi: Castillo per scoprire talenti, Bernard per l’ultimo tentativo di entrare nel mondo dei suoi sogni.
Non fu il modo in cui scese dalla sua auto e non fu nemmeno il modo in cui camminava con passo svelto e deciso, fu la determinazione nel suo sguardo che colpì Castillo. Erano in circa 100 i presenti per partecipare al try out per i Tigers, e Castillo sapeva che meno delle dita di una mano sarebbero stati scelti, ma quando gli passò accanto quel giovane speranzoso, egli apostrofò: “Giovanotto, sarai uno dei prescelti”.

Il passato non è stato tenero con Bernard. “Come pensi di fare carriera se non hai fatto la gavetta” gli diceva un coach. Ed un altro: ”Nel peggiore delle ipotesi, puoi essere definito il migliore atleta della squadra.”
Ma due anni prima che i suoi coach potessero vedere il giovane Bernard essere selezionato dai Padres nel 2012, Wynton ricevette una telefonata dal fratello dicendo che doveva tornare urgentemente a casa. Il padre aveva avuto un infarto.
Bernard è il più piccolo di tre fratelli. Il primo, Walter Jr ha giocato nella NFL per alcuni anni, il secondo, Wayne ha giocato pallacanestro da professionista in Europa. Con i fratelli lontani da casa, da piccolo, Bernard ebbe l’opportunità di spendere molto tempo con il padre Walter. Di modeste origini, Walter voleva offrire ogni opportunità per i suoi tre figli, come impartire lezioni private di pianoforte, li portava a vedere le partite di pallacanestro e li faceva seguire dai migliori istruttori di battuta della zona.
Ma quando Bernard entrò nella stanza dell’ospedale e vide lo sguardo perso del padre che non lo aveva riconosciuto, capì che il suo posto era lì. Walter mai guarì completamente e rimase su una sedia a rotelle. La moglie Janet, lo portava a vedere le partite del figlio quando giocava per la sua squadra di college.
“Era la cosa più bella stando a casa”, racconta Bernard. “Non avrei mai pensato che mio padre mi vedesse giocare. Ma ciò che non vide mai furono le lacrime che mi scesero dopo aver battuto il mio primo fuoricampo sapendo che lui era lì, tra la folla, sicuramente fiero di suo figlio. Ero felice che mi avesse visto, sapevo che non gli rimaneva ancora molto tempo.”
Infatti papà Walter morì nel luglio 2010 poco dopo che Bernard era partito per Washington. Qui Wynton non riuscì a guadagnarsi la borsa di studio e dovette ritornare al più economico college di Niagara dove finalmente riuscì a mettersi in luce, specialmente per la scaltrezza che dimostrava sulle basi, mancando per una sola base rubata il record della franchigia. Ma ancora una volta la stagione fu breve dopo che si fratturò una mano.
Nel 2012 Bernard fu selezionato dai Padres e spese due anni girando tra le varie affiliate nelle minors. Spendeva molto tempo in palestra mettendo su muscoli e la vigilia di Natale lo passava nella gabbia di battuta insieme al fratello Walter Jr. Nel febbraio 2014 ricevette una telefonata da un dirigente di San Diego sperando che fosse la convocazione per Spring Training. Invece fu una conversazione molto breve, non avevano posto per lui e gli comunicarono di considerarsi libero. Non sarebbe stata l’ultima volta in cui scoppiò in lacrime stando in macchina.
Ma Bernard non voleva darsi per vinto, sapeva di potercela fare. Essendo stato rilasciato pochi giorni prima che iniziasse il campionato, era difficile trovare un’altra squadra, ma tentò la fortuna guidando fin giù in Arizona per un try out con i Dodgers. Aveva buona stoffa, avevano detto, ma non c’era posto.
Forse in memoria del padre, forse per la canzone che ascoltava spesso alla radio “I get it” (Ce la posso fare, ndr), consultò alcuni scout per consigli e finalmente gli indicarono una cittadina a migliaia di miglia più a est, Lakeland appunto. Così, dopo un volo low cost e una nottata spesa in un modesto hotel, prima di scendere dalla macchina telefonò al fratello per gli ultimi suggerimenti. Era il suo ultimo turno alla battuta, due strike e la sua carriera ad un bivio.
“Dipende tutto da te” rispose Walter Bernard Jr. “Ce la puoi fare!”
E nel mentre ascoltava queste parole al telefono, dagli altoparlanti del Joker Marchant Stadium risuonava la canzone “I get it”. Fu in quel momento che Castillo lo vide uscire dall’auto con passo risoluto e sguardo determinato incamminarsi verso il campo dove lo attendevano i molti scout per valutare la sua velocità, la sua forza, i tiri precisi e le battute contro la rete di recinzione.
Dopo circa 45 minuti era di nuovo in macchina al telefono con il fratello quando ricevette un’altra chiamata.
“Wynton,” disse Dave Owen responsabile dello sviluppo del settore giovanile dei Tigers, “abbiamo buone notizie per te.”
Non fu una grossa sorpresa per i suoi fratelli e per la madre, e non lo sarebbe stata nemmeno per il padre, così come non lo è stato per il dinosauro Castillo che aveva visto tanta determinazione nei suoi occhi nel parcheggio del JMS. In Singolo A l’anno scorso Bernard ha battuto 323, rubato 45 basi, è stato nominato MVP e ha trascinato la sua squadra al titolo divisionale.
Lo scorso gennaio Wynton ha ricevuto un’altra telefonata, questa volta da Castillo:
“Get out! Sei sul roster dei 40, farai lo Spring Training con i Tigers!”
Così è cambiato il corso della sua vita, l’anno precedente non aveva una squadra, adesso ha un armadietto e una casacca con il suo nome, oltre all’opportunità di fare il salto di qualità. Imparerà tanto e molto presto giocando spalla a spalla con futuri eletti nella Hall Of Fame. Sicuramente loro hanno un più sostanzioso conto in banca, più possibilità di giocare nelle majors, ma nessuno può raccontare una storia come la sua.
“E’ una storia che tutti devono conoscere” racconta Castillo. “Io non la conoscevo, ma credetemi, avevo visto qualcosa di speciale in quel ragazzo.”
“Sarà stato qualcosa nel mio sguardo,” conclude Bernard con un sorriso solare.
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Michele Dodde (giovedì, 23 aprile 2015 12:09)
Ed è vero caro Frankie: per intuire le qualità di una persona e la sua determinazione è importante guardarlo negli occhi e nel loro profondo. E non sono poi in sintesi gli occhi la visione del cuore?
Una bella storia vera che diventa una favola.....
Frankie (sabato, 25 aprile 2015 14:38)
Eh si Michele, troppo spesso si pensa che il baseball si limita a "battere la palla, prendere la palla". O meglio, come diceva Yogi Bera "Il baseball è 80% mentale, l'altro 50% si gioca con la testa".