
Traduzione dall'articolo su Detroit Frre Press dal titolo: Shifts, drug testing contributing to historic dips in hitting
Nel 1973 l’American League ha introdotto il Battitore Designato per migliorare l’attacco in un periodo in cui dominavano i lanciatori. Le medie battute si presentavano così: MB 244; MAB 311; MBB 354 per una OPS di 665. Più di quattro decadi più tardi, nella MLB si sta ripetendo un’altra crisi offensiva.
La scorsa stagione le squadre hanno segnato 4,07 punti per partita, il più basso dal 1972 e in caduta libera dai 5,14 del 2000. Le medie battuta del 2014 sono state: MB 251; OBP 314; MBB 386 per un OPS di 700.

“Il gioco è cambiato,” sostiene il manager dei Miami Marlins Mike Redmond.
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Controlli più attenti relativi all’uso di sostanze proibite ha certamente
e significativamente ridotto il numero di giocatori che ne fanno
uso.
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Le squadre dispongono di più informazioni, più rapporti dagli scout, con cui sono in grado di
individuare le tendenze dei battitori e utilizzare al meglio lo shift.
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I lanciatori sono utilizzati per un periodo sempre più breve, sia i partenti che i
rilievi, permettendo loro di tirare più forte senza preoccuparsi di sprecare energie

Per questo motivo Ted Simmons, assistente speciale del GM Jack Zdurienick dei Seattle Mariners, sostiene che forzare i lanciatori a tirare di più è diventata una strategia ormai sorpassata, anche perché i rilievi sono migliorati di molto e tirano più forte.
“Se affronti il partente solo due volte e poi due rilievi, in effetti è come se il battitore fosse un pinch-hitter tre volte in una partita, e non è cosa facile.”
Nel 2004 le squadre hanno segnato 4,81 punti per partita con le medie 266/335/428 e un OPS di 763.
Research by Baseball America ha rilevato che il 2014 è stato il primo anno in cui è stato provato che la “potenza-su-contatto” è diminuita, la più bassa dal 1993. Negli anni scorsi, l’aumento degli strike out ha influenzato molto sul numero di palle messe in gioco, oltre alle opportunità di battere fuoricampo e realizzare valide da extra basi. E ancora, nel 2014 la media ristretta alla sola “potenza-su-contatto” è scesa a 173, mentre ha oscillato tra 180 e 190 sin dal 1994.
Anche il rapporto dei fuori campo su contatto è sceso al 3,2% rispetto alle presenza in battuta nel 2014, il più basso dal 1993 quando era del 3,1%. Quindi, i battitori hanno fatto meno contatto, ma hanno battuto con più potenza quando hanno colpito.
Continuando, vediamo che nella MLB, la MB di 251 è scesa di 2 punti rispetto al 2013 e di 20 punti dal 1999, l’inglorioso periodo della così chiamata “era degli steroidi”. Prima di allora la media più bassa si era avuta nel 1972. Sono stati battuti anche 0,87 fuoricampo per partita nel 2014, il più basso dal 1972 (0,72). Il totale di 95 fuoricampo dei Kansas City Royals è stato il minimo per una squadra che ha partecipato ai playoff da quando i Chicago White Sox ne realizzarono 97 nel 1959.

La domanda viene da sé: Cosa si può fare per segnare più punti?
“Ci deve essere una soluzione da qualche parte, una nuova idea o un’innovazione che può aiutare le squadre a segnare più punti,” dice Joe Maddon manager dei Chicago Cubs. “Lo so che la soluzione c’è,ma qualcuno la deve tirare fuori.”
Nuovo riferimento per lo strikeout
I Pittsburgh Pirates hanno uno dei migliori staff per lo studio dei numeri , che poi è risultato determinante per lo sviluppo della filosofia dei propri lanciatori.

Infatti, essi tendono a tirare lanci interni e forzare rotolanti che, in aggiunta all’applicazione di un accurato shift, ha permesso ai Pirates di raggiungere i playoff per due anni consecutivi dopo 20 stagioni di assenza. Migliorare l’attacco è ora il loro obiettivo primario, anche se non se ne conoscono i dettagli delle loro ricerche.
Fino a quando i Pirates, o qualsiasi altra società non troveranno una soluzione, sia essa numerica o scientifica, l’opinione prevalente degli appassionati è che la soluzione per far ripartire l’attacco consiste nella riduzione del numero degli strike out.
Un altro record negativo di strike out per partita è stato stabilito nel 2014, per il settimo anno consecutivo, con 7,70 per gara, mentre nel 1979 era di 4,77. Per gli ultimi 25 anni, sembra che il vecchio detto che “qualcosa di positivo può succedere se si mette la palla in gioco” non abbia più senso con l’avvento della sabermetrica.
Ora gli strike out sono considerati eliminazioni come tutte le altre a parere di molti manager e hitting coach, complicando ancora di più l’approccio dei battitori.

“Se studiamo il percorso di un giocatore, raramente si troverà qualcuno in grado di sovvertire in modo determinante le sue prestazioni,” sostiene Bryan Price manager dei Cincinnati Reds.
“Per esempio, se uno mediamente va kappa 150 volte l’anno, io credo sia irreale sperare di portare quel numero a 90 e ottenere le stesse o simili buone prestazioni in battuta. E credo sia irreale anche se l’obiettivo fosse solo di cercare di mettere la palla in gioco. Diminuire il numero si strike out sarebbe sempre una sfida ardua.”
Battere in campo opposto

Quando i New York Yankees vinsero quattro World Series nell’arco di cinque anni dal 1996 al 2000, uno dei motivi che veniva maggiormente citato era l’abilità dei suoi battitori di far lanciare
molto il lanciatore avversario forzando il manager all’utilizzo anticipato dei suoi rilievi.
Simmons, un ricevitore votato 8 volte come All Star nei suoi 21 anni di carriera dal 1968 al 1988, sostiene che i battitori dovrebbero essere più aggressivi contro i partenti in quanto, in tempi recenti, molte squadre considerano la formazione del loro bullpen una priorità in assoluto.
“Divento completamente matto quando guardo una partita in TV e ascolto il cronista dire che devono prendere lanci,” racconta Simmons. “E’ la cosa peggiore che puoi fare. Come battitore, è preferibile affrontare il partente tre volte perché hai avuto già modo di studiarlo. Chi vuole affrontare un rilievo che entra fresco tirando a 97mph, sapendo che il prossimo tirerà a 98 e l’altro ancora a 99 per poi affrontare l’ultimo che tira a 100 o forse più?”

Jeff Banister, manager dei Texas Ranger invece afferma che si dovrebbe limitare il numero di turni alla battuta come si limitano gli inning per i lanciatori. Banister crede che la sostituzione più frequente dei battitori offrirebbe meno possibilità all’avversario di scoprire i suoi difetti e permetterebbe anche maggior riposo ai giocatori.
“Credo che siamo diventati migliori con tutte le informazioni a disposizione,” dice Banister, “e non mi riferisco solo alle statistiche, ma studiando le prestazioni dei giocatori, giorno dopo giorno. Come sono le loro prestazioni giocando ogni giorno, quattro giorni di seguito, cinque giorni consecutivi ed anche 10. Questo studio ci permette di osservare più da vicino le prestazioni e l’opportunità di far riposare i giocatori in modo più adeguato. E’ una maratona lunga 7 mesi e mezzo con 162 gare da giocare.”
Banister poi conferma quanto sostengono molti altri addetti ai lavori per migliorare la parte offensiva del gioco, cioè, i battitori devono imparare a battere in campo opposto per superare gli shift invece di cercare sempre di “tirare” la palla. E continua:
“I battitori dovrebbero rendersi conto di quante valide in più potrebbero realizzare battendo in campo opposto, superando gli shift, ed evitando di battere sempre per potenza.”

Dello stesso avviso è Lloyd McClendon manager dei Mariners. E’ stato sempre un fautore del battere in campo opposto sin dai tempi quando era hitting coach dei Pirates e Detroit Tigers. McClendon fa riferimento al terza base Kyle Seager che ha imparato a battere lo shift. Baseball-Reference indica che il mancino Seager ha battuto 297 su palle battute in campo sinistro, mentre nei suoi primi tre anni, la media per palle battute in campo opposto è stata di 223. Seager ha finito per avere il migliore dei suoi quattro anni nelle majors con una MB di 268 e 25 fuoricampo in 159 gare giocate. Questo gli ha permesso di prolungare il suo contratto per sette anni a 100 milioni di dollari.

“Se molti altri giocatori decidessero di cambiare il loro approccio come ha fatto lui invece di essere così testardi, assisteremo a una notevole diminuzione dello shift,” riferisce McClendon. “Se la difesa mette a disposizione metà del campo, perché non approfittarne?”
Questa dichiarazione ci porta alla memoria quanto ebbe a dire l’eletto nella Hall of Fame Wee Keller, quando gli fu chiesto il segreto del suo successo: “Tieni gli occhi aperti e batti dove loro non ci sono.”
Era il 1898, ma sembra essere ancora attuale adesso che siamo nel 2015.

“Il gioco cambia,” ci dice Terry Francona manager dei Cleveland Indians. “Negli anni 60 abbassarono il monte di lancio, poi ci fu l’esplosione dell’attacco negli anni 90. Il gioco si evolve. Le squadre si devono adattare. Lo shift è un’interessante strategia difensiva. Vediamo come reagiscono i battitori. La soluzione non è dietro l’angolo, ma sono sicuro che troveranno le contro misure.”
In quest’articolo si è fatto cenno allo shift e alla strike zone come cause del declino dei punti segnati. Nei prossimi giorni BOTR avrà cura di trattare più da vicino questi elementi.
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