________________________________ Perez e Posey, due ricevitori dominanti nelle World Series

Nella foto da sinistra Salvador Perez e Buster Posey
Nella foto da sinistra Salvador Perez e Buster Posey

di Frankie Russo

Traduzione dall'articolo su GRANTLAND.COM dal titolo: To Give and to Receive: In Praise of Posey, Perez, and a Dominant Catchers’ World Series


Uno è tra i più forti giocatori nel baseball; l’altro è tra i più promettenti talenti. Probabilmente la cosa più straordinaria e singolare dei due ricevitori che vedremo nelle World Series, Salvador Perez e Buster Posey, è che quando li vediamo, viene voglia di guardarli. Sembrano volerci dimostrare come due squadre che hanno vinto la Wild Card possono diventare imbattibili e arrivare a disputare le Word Series. Infatti tutti e due sembrano incarnare il gioco del baseball.

Buster Posey
Buster Posey

Non è che gli altri ricevitori siano da meno. Ora siamo in grado di conoscere quanto i ricevitori siano meritevoli di attenzione. Siamo in grado di misurare quanto siano preziosi per la propria squadra, quanto essi contribuiscono in una vittoria o in una sconfitta. Le nuove tecnologie e analisi ci permettono di studiare come usano il “framing”, rubare strikes, tenere i corridori. Non è un segreto quanto sia duro il loro lavoro,  con quanto impegno studiano i battitori avversari, con quanta cura studiano ogni situazione di gioco, quanta autostima hanno per essere in grado di chiamare una curva con corridori in base, quanti accorgimenti, quante impreviste e improvvise decisioni devono prendere.

 

Sappiamo a quanto duro lavoro devono sottoporre il loro fisico, inning dopo inning, partita dopo partita, spesso senza riposo, per farsi trovare sempre pronti per ogni situazione. Il controllo del corpo è fondamentale, deve sempre  essere in una posizione stabile ma anche pronto a ricevere ogni tipo di lancio. Le gambe devono essere abbastanza forti da alzarsi in fretta da una posizione accovacciata. I piedi devono essere in una posizione perfetta per ricevere i lanci ed eseguire movimenti perfetti per essere in grado di tirare forte, con accuratezza e rapidità  sulle basi, e devono avere la resistenza per farlo per 9, 12 o se necessario, anche 18 inning. 


I ricevitori sono vulnerabili. Vengono colpiti in continuazione da palle che schizzano sulle mazze degli avversari e dalla mazza stessa dei battitori nell’atto di terminare la sventolata. Fino a che non è stata cambiata la regola delle collusioni, i ricevitori hanno subìto forti cariche nell’intento di bloccare casa base con conseguenti gravi infortuni (come è successo a Posey nel 2011).

Matt Wieters
Matt Wieters

I ricevitori sono inestimabili.  La conferma la possiamo trovare per quanto è successo nel corso dei playoff di quest’anno. E’ una coincidenza che le due squadre che giocheranno nelle World Series hanno due dei migliori ricevitori nelle majors? E’ una coincidenza che le due squadre hanno potuto affrontare le fasi eliminatorie contando sul loro ricevitore titolare?


Una serie al meglio di sette partite ovviamente non è sufficiente per rendere completamente l’idea. Ma in quest’era di bravi ricevitori, potrebbe essere proprio così. 


E’ difficile immaginare come sarebbe andata per gli Orioles se avessero avuto dietro al piatto il loro ricevitore titolare Matt Wieters, due volte Gold Glove e tre volte eletto All Star, invece del rookie Caleb Joseph, il quale non è stato in grado di  tenere nel guanto un tiro a casa base permettendo agli avversari di segnare due punti decisivi. 

Yadier Molina
Yadier Molina

Ed è altrettanto difficile immaginare che i Cardinals avessero perso tre partite di misura contro i Giants se Yadier Molina, uno dei più grandi di sempre, non fosse stato assente per infortunio. Molina, dopo tutto, è uno dei migliori a tenere i corridori, è uno dei migliori a chiamare i lanci e nello studiare la partita nel suo evolversi, anche in situazioni di grande tensione. Molina è nelle prime posizioni in tutte le classifiche che riguardano i ricevitori. La sua perdita è stata incalcolabile. Anche i più addentrati nello studio delle statistiche non riescono a capacitarsi della sua abilità nel fare tutto ad un così alto livello, sia per la difesa che per lo staff dei lanciatori.  Tra le sue abilità c’è una sorta di capacità psichica ad essere una figura dominante nel dirigere i lanciatori sul monte, dote impossibile da vedere, figuriamoci da misurare.

 

I ricevitori non sono facili da guardare. Quando si piazzano dietro al piatto, li guardiamo fino a quando non mandano i segnali al lanciatore. Poi si sistemano nella posizione difensiva diventando più piccoli, diventando quasi invisibili, impossibile da studiare, nascosti dietro la maschera e l’equipaggiamento.  Il loro corpo si accovaccia tra le gambe piegate tanto da sembrare delle rane. La nostra attenzione si sposta, dimentichiamo quella figura nascosta dietro le protezioni, ci concentriamo sul posto dove pensiamo si svolgerà l’azione.  

Salvador Perez
Salvador Perez

I ricevitori diventano bersagli passivi col guanto indicando la locazione del lancio. E’ così che lavora il ricevitore:  Se fa bene il suo lavoro, fa diventare bravo anche quello sul monte. Quando un  bravo ricevitore non riesce a portare la sua squadra ai playoff, è una sua responsabilità.

 Difficilmente riusciamo ad anticipare l’azione quando Perez o Posey, come due generali, preparano la battaglia tra battitore e lanciatore che da lì a poco avrà inizio e in cui sembrano estraniarsi (ma sappiamo bene che è impossibile immaginare che non siano coinvolti).

 

Se ci sarà un eroe nelle World Series, sarà per una loro battuta, come ha fatto Posey nel 2012 nel 10° inning con un fuori campo da due. L’azione di cui si è parlato di più di Perez è stata quando ha battuto una palla fuori la zona dello strike mandandola all’esterno e facendo segnare il punto della vittoria nel 12° inning della Wild Card. Ma il loro maggiore contributo verrà dalla difesa. D’altra parta sono coinvolti in ogni lancio.

 

Buster Posey
Buster Posey

Il ricevitore, in un qualche strano modo, è l’incarnazione del gioco. E’ come il pubblico: ha il campo di fronte. E’ come l’arbitro: nascosto dietro casa base con l’equipaggiamento. E’ uno studioso delle statistiche, un esperto delle strategie di gioco, calcolando continuamente, forse anche inconsciamente, i rischi e le probabilità. E’ l’allenatore in campo che dirige la difesa,  i lanciatori e facendo le visite sul monte. Con il suo ritmo, abitudini e azioni, impersonifica il gioco stesso con movimenti improvvisi e violenti, con fermezza, e nel contempo con grazia e tranquillità. C’è una frase che aleggia nel mondo del baseball circa il ricevitore: la sua sensibilità per l’andamento della partita. Ed è qui che inizia il mistero e la maestria del gioco.

 

Non è più possibile non considerare il ricevitore come il “braccio destro” del manager. Perez e Posey sono tra i migliori ricevitori nel baseball, ma quando li osservi puoi notare come sono differenti tra loro.

Salvador Perez
Salvador Perez

Perez è grande, un metro e novanta per 109 kg.  Anche quando piega le spalle, si abbassa, punta il guanto in basso e nasconde la mano destra dietro la schiena, rappresenta ancora un grosso bersaglio. Possiede le classiche caratteristiche di un ricevitore, la solidità di un muro e la morbidezza di un cuscino. Anche il suo sorriso è largo e gentile. E’ dotato di una inusuale energia. E’ stato seguito dai Royals nella sua natia Venezuela sin da quando aveva 16 anni: ora ne ha 24 ed è divenuto un simbolo della rinata franchigia dei Royals.


I Royals sono imprevedibili e Perez è affidabile e i due fattori sono in relazione tra di loro in quanto la sua affidabilità permette ai lanciatori di prendere molti rischi. Perez è conosciuto per le sua abilità nei bloccaggi, da molti è riconosciuto come il più bravo. Sapendo che difficilmente Perez mancherà la palla, comporta che i lanciatori hanno più confidenza nei propri lanci imprimendo ad essi più movimento e lanciando più palle curve. Non sarà nemmeno una coincidenza che la rotazione dei Royals ha registrato significativi miglioramenti da quando c’è Perez. Non è che tutto dipende da Perez, ma sicuramente significa che i lanciatori lanciano meglio quando c’è, anziché quando non c’è. Quest’anno i lanciatori dei Royals hanno avuto un PGL di 3,24 con Perez, e 5,12 quando non ha ricevuto per 202 inning, non tenendo conto di altri fattori come la difesa, le dimensioni del campo e dell’avversario.


Ovviamente questo comporterà un prezzo da pagare. Il tanto tempo speso sul campo ha probabilmente influito negativamente sul suo rendimento in attacco dopo la All Star Game, e potrebbe avere delle conseguenze nel lungo periodo. I lanciatori dei Royals lo hanno costretto a più bloccaggi rispetto ad  altre rotazioni: Perez ha effettuato 6.396 bloccaggi, oltre 2.000 più di Posey. Tra coloro che studiano approfonditamente le statistiche, qualcuno afferma che i numeri non confermerebbero la sua reputazione in merito, ma i lanciatori dei Royals sostengono che sono molto più tranquilli con Perez dietro al piatto.

 

Perez non è solo bravo nell’effettuare bloccaggi, è tra i migliori a prevenire basi rubate. Anche i lanciatori sono bravi a non concedere grandi vantaggi il che rende molto difficile rubare su Perez. Riesce a tirare in seconda sotto la media di lega che è di due secondi ed è considerato tra i migliori anche a tirare in prima, cosa che fa molto bene anche stando in ginocchio. Ancora più impressionante è che ha il primato per corridori colti fuori base. Il colto fuori base del ricevitore è una delle azioni più esaltanti del baseball. Generalmente un ricevitore non tira dietro al corridore a meno che non pensi di avere una buona possibilità di eliminarlo. La palla deve viaggiare 27 metri per eliminare un corridore che ne ha quattro di vantaggio. Un ricevitore con un braccio forte lo farà con successo una volta, forse due in una stagione. Perez lo ha fatto due volte nella partita del suo debutto. Tiene gli avversari sempre all’erta tirando la palla con precisione sia in prima che in terza.

Buster Posey
Buster Posey

Uno dei miei momenti favoriti è quando vedo Buster Posey trotterellare verso il monte di lancio. Ancora prima che dica una parola, nell’aria c’è una sensazione di perfetta calma, quiete e autorità. Non importa chi è il lanciatore, è un momento in cui tutti si tranquillizzano. E’ persino difficile immaginare Posey come ricevitore, è meglio conosciuto per le sue gesta nel box di battuta, non sembra nemmeno un ricevitore quando veste il suo equipaggiamento. Non è piccolo, ma si muove con grazia, spalle spioventi, la pelle pallida e l’uniforme sembra più grande di quello che in effetti è.

 

Ancor più di altri ricevitori riesce a nascondersi, non perché sia una questione di carattere, ma perché è una sua abilità: è come riesce a fare il “framing”. E’ difficile giudicare se un lancio è un ball o uno strike,  Posey sembra volersi tirare fuori dall’azione. Se il lancio è di poco fuori la zona, sposta leggermente il corpo invece di muovere la mano in modo da far sembrare un ball sull’angolo come se fosse uno strike. La tecnologia ha dimostrato come la zona dello strike si è leggermente allargata in anni recenti, nel 2008 era di 436 pollici quadri, nel 2014 era di 475, e i ricevitori bravi come Posey nel framing sono una delle ragioni.

 

Posey non giocherà per molto tempo ancora come ricevitore, i rischi di infortuni sono troppi, ed è troppo prezioso per continuare a rischiarlo dietro al piatto. Un motivo in più perché vale la pena guardarlo adesso. Cercherà sempre di sfuggire all’attenzione, come quando l’arbitro Vic Carapezza chiamò uno strike a Asdrubal Cabrera in gara 2 della NLDS che era visibilmente un ball. Cabrera e il manager Williams furono entrambi espulsi. Come in seguito il replay dimostrò, i Nats avevano ragione e si calcola che, in quella gara durata 18 inning, San Francisco ha usufruito di 20 ball chiamati strike, il doppio di Washington. Tutto grazie alla magia di Buster Posey.

 

L’arbitro di casa fu terribile quella sera, ma in parte perché Posey fu molto bravo. In più di sei ore di gioco, il tempo di due partite, Posey fu il maestro, il direttore d’orchestra trasformando ball in strike. Riceveva il lancio con mani sicure, morbide ma ferme, mentre il corpo si muoveva con piccoli, impercettibili fluidi spostamenti. Forse nessuno di quei lanci veramente aveva cambiato il corso della partita, ma c’era solo la soddisfazione di vedere un giocatore fare ben il proprio lavoro.

 

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