
La corretta terminologia e l’uso appropriato della lingua caratterizza e dà spessore anche se a volte il comune parlare diventa quel decantato lessico familiare che comunque non deve appagare. Il mio sommesso e confidato rammarico nasce ancora dai continui errori terminologici usati sia in normali partite commentate sia nel linguaggio comune a partire proprio dalla Zona dello Strike. Sono poi convinto che il principio base da cui partire per far capire la bellezza del baseball e del softball sia proprio la purezza linguistica in sintesi nominalista.
Dunque perché evidenziare e preferire dire la Zona dello Strike e cancellare dalla nostra terminologia la più gettonata Area dello Strike? Ma perché noi dobbiamo essere professionisti nel purismo e soprattutto perché la Zona dello Strike è l’unico indice indicativo che evidenzia sia il baseball sia il softball rispetto alle tante altre discipline sportive dall’approccio intuitivo ed elementare. La Zona dello Strike è il punto focale, la chiave di ingresso, il tangram filosofico, il tenebroso inganno, la splendida luce che condiziona e sfibra le menti. E non da ultimo la certezza imponderabile sancita dall’umpire ad emettere, in una ideale partita, ben 163 giudizi determinanti.
Ed allora ai neofiti la Zona dello Strike dovrà essere presentata senza alcun errore concettuale perché ciò, a mio avviso, porterebbe a diverse considerazioni che neanche al bar dello sport. Ma allora dove nasce la confusione che fuorvia il concetto? In effetti da traduzioni sbagliate e da una superficialità di linguaggio che più volte si evidenzia.

E dunque andiamo a vedere:
già a partire dal 1960 (su eventuali pubblicazioni antecedenti si potrà chiedere solo l’ausilio dell’inossidabile archivista del baseball Roberto Buganè) sul libro Baseball di Mario Oriani e Michele Lattarulo (Sperling & Kupfer) a pag. 41 si parla di Area dello Strike (strike zone) per descriverla come “Lo spazio sopra casa base delimitato, per la larghezza del piatto, ma partendo dalla parte superiore delle ginocchia fino a raggiungere l’altezza delle ascelle del battitore quando questi assume la posizione naturale di battuta. Logicamente tale area può cambiare da un battitore all’altro…(…). La palla lanciata al battitore sarà valida solo quando passa attraverso l’area dello straik” (così nel testo).
E qui si inizia: Area o Spazio? Il libro in verità è ricco di contenuti e precisazioni ma già la rappresentazione della cosiddetta Area dello Strike riportata in fig. 3 a pag. 77 la sta dicendo lunga.
Poco male poiché anche il grande Gigi Cameroni nel suo Vi insegno il baseball (1967 – De Vecchi editore) pur se nel testo specifica solo la Zona dello Strike (pag.31), la rappresenta male in figura 7 a pag. 29 per poi pilatescamente a pag. 23 chiamarla Zona o Area dello Strike rimandando tutti a pag. 190 (Reg. Tec. 2.82) dove però non si trova più la parola Area ma si legge: la Zona dello Strike è quello spazio sopra la casa base tra la linea superiore delle spalle e quella delle ginocchia del battitore quando egli assume la posizione naturale di battuta. Nel valutare la zona dello strike, l’arbitro terrà conto della consueta posizione del battitore nel momento in cui questi gira la mazza per battere il lancio.

Successivamente anche Alberto Manetti nel suo libro Baseball (1968 Edizioni Mediterranee) si sofferma sull’Area dello Strike a pag 189 come lo spazio entro il quale il lanciatore deve far passare in volo la palla lanciata e che è difeso dalla mazza del battitore. Tale zona è delimitata dalla larghezza del “piatto di casa base” (43 cm.) e da un’altezza variabile da battitore a battitore compresa nello spazio intercorrente fra la parte superiore delle ginocchia e le ascelle, in posizione non innaturalmente rannicchiata ma scioltamente raccolta per favorire la battuta.
A questa fascinosa descrizione ( volo e difeso nel testo sono in neretto così come le diciture di Straik e Bol ) la Zona dello Strike viene poi finalmente proposta nella sua vera configurazione con la tavola 6 a pag. 52.

Grande fascino comunque emana anche negli USA la Zona dello Strike se nel 1972 nel libro Batting (The Viking Press) Carl Yastrzemski, grande stella dei Boston Red Sox, le dedica ben 9 pagine, ovvero l’intero capitolo 5, ma partendo dall’oggettivo concetto che “the Strike Zone is the Space over plate…”.
Successivamente nel 1973 l’indimenticabile presidente Bruno Beneck dà alle stampe per conto delle edizioni Il Castello il volume Baseball, il gioco della vita con la preziosa collaborazione di Sergio Baroni, Massimo Ceccotti e l’highlander Giancarlo Mangini.
Ed è un libro bibbia da cui attingere spirito e saggezza.

Tuttavia anche il grande Gianni Sbarra, che nel libro cura la parte tecnica e i disegni, su questi ultimi a pag. 80 nel presentare la Zona dello Strike precisa che è quello spazio nel quale il lanciatore deve indirizzare la palla ma poi nella tavola 26 a pag. 80 la presenta come un’Area così come viene citata nel glossario dei termini a pag. 179. Anzi qui si precisa ancora erroneamente che “…detta Area è un rettangolo ideale…”.
Di poi anche nel rievocativo Il Baseball, la sua storia e Nettuno (1983) curato da Maria Antonietta Marcucci, Luciana Della Fornace e Sante De Franceschi la Zona dello Strike ritorna ad essere l’”Area attraverso la quale …”(pag. 260 ). Anzi qui è simpatico leggere che la Zona dello Strike è l’Area attraverso… e poi al successivo capoverso: L’Area dello Strike è delimitata…. Insomma, la Zona diventa Area ed allora che fine ha fatto il concetto di spazio?

Nel 1986 è la volta della meritoria Sperling e Kupfer che divulga, sotto gli auspici della prestigiosa rivista sportiva statunitense Sports Illustrated, il completo e complesso volume Baseball di Jerry Kindall. Tuttavia anche qui, pur nella felice traduzione di Giovanna Sacchi e la supervisione di Giuseppe Guilizzoni, si parla di Area dello Strike a pag. 148 per poi ritornare alla Zona dello Strike a pag. 170.
Nel 1991 sono Giulio Montanini, da me considerato sempre il manager gentiluomo, ed Ivan Cavazzano che con la collaborazione di Pietro Amati ed Andrea Fabbri vanno a presentare il Baseball per tutti (Gremese editore).
Ricco di foto esplicative ed un testo accattivante scivola però a pag. 18 riferendosi ancora all’Area dello Strike con l’errata figura poi a pag. 19 il cui esplicativo è identico a quello già citato di Sbarra.
Purtroppo va detto che anche in diversi opuscoli di vulgativi editi dalla stessa Fibs si evidenzia più volte la confusione tra Area dello Strike e Zona dello Strike.

Dopo tanta confusione anche e soprattutto nominale poiché l’Area è una parte di piano ben determinata, superficie circoscritta a particolari fini, mentre lo Spazio, che pure viene più volte citato, configura e delinea un concetto tridimensionale viene finalmente a salvarci The Baseball Book (1988) a cura di Graham Marks e Chris Maynard, con la supervisione della British Baseball Federation.
A pag. 40 infatti gli autori adottano una suggestiva presentazione della Zona dello Strike :”…is an imaginary box of space above the plate, extending from the knee to shoulder height”.

Ecco dunque chiarito l’enigma o l’equivoco: La Zona dello Strike è una immaginaria scatola di spazio, dove deve passare la palla per essere giudicata strike, e il disegno a pag. 41 convince e cancella dubbi.
Comunque simpatica e godibile è da ultimo la lettura di Baseball (1974) sempre edito dalla Sperling e Kupfer e curato dai redattori di Sports Illustrated, dove Adriana Bartolini, nel tradurre magistralmente il testo, riporta fedelmente il caustico spirito di Harmon Killebrewr che mai parla di Area ma solo di Zona dello Strike.
Ed alle illustrazioni di Ed Vebell (pag 14 e 15) relative alla Zona dello Strike fa seguire: “Vi sono tre diverse zone dello strike. La prima è quella descritta dal regolamento. La seconda è quella intuitiva dell’arbitro, e ogni arbitro ha la sua. La terza è quella del battitore che poi coincide con la zona dove arrivano le palline che riesce a battere”.

Credo che nella fretta il buon Harmon abbia dimenticato, come gli suggerisco ora, la quarta che è quella preferita dal lanciatore, ed ogni lanciatore ha la sua, la quinta che è quella del ricevitore, ed ogni ricevitore ha la sua, la sesta che è quella dei manager, ed ogni manager ha la sua ed infine quella roboante che è la settima, ovvero quella del pubblico, ed ogni membro del pubblico ha la sua.
Dunque bisogna sempre parlare di Zona dello Strike perché essa è una immaginaria scatola, ovvero un volume che permette un più veritiero giudizio sui lanci curvi e drop a foglia secca (vi ricordate quelli di Juan Marishall?) e non Area dello Strike che indicherebbe una superficie piatta e quindi limitatrice degli stessi. In caso contrario seguiteremo sempre a parlare del sesso degli angeli.
Da ultimo in chiusura svelo un segreto: qual’è la Umpire’s Strike Zone? Semplice: un immaginario volume calcolato dall’area di base del piatto di casa base per l’altezza a favore del lanciatore della squadra di casa e dalla stessa area di base per l’altezza diviso due per il lanciatore della franchigia ospite.
O no?
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Franco Ludovisi (lunedì, 09 giugno 2014 22:17)
Caro Michele,
perfetta la carrellata sulla zona o area dello strike.
L'argomento mi prende, mi ha sempre preso e l'ho trattato, credo, anche su Tuttobaseball di Giorgio Gandolfi qualche tempo fa.
Lo trattai assieme alla possibilità di cambiare nome al baseball e tramutarlo in pillowball dal momento che tutti chiamano la base "cuscino".
Non provare a fare una carrellata anche su questo perché non riusciresti certo a portarla a termine!!!! Tutti si adagiano sui cuscini: e buona notte!
flavia (martedì, 10 giugno 2014 07:36)
wow!!!!!
Michele Dodde (martedì, 10 giugno 2014 15:04)
Caro Franco,
sempre piacevoli le tue puntualizzazioni e le argute ironie che le accompagnano. E' vero, ci sono troppi cuscini in giro.....e dunque facile perdersi nel sonno!!!
Noi invece tireremo dritto, come promesso, sino all'alba.
Ezio Cardea (mercoledì, 18 giugno 2014 10:23)
Gentilissimo Signor Dodde,
mi spiace di non aver letto in tempo questa sua interessante e piacevole disquisizione sulla “zona dello strike: mi sarei risparmiato un sacco di “area dello strike” da me ripetutamente usate in una mia lunga tiritera riguardante il comportamento degli arbitri, pubblicata nei giorni scorsi da Baseballmania e Mybaseball.
Il problema “area” e “zona” mi era ben noto e, oltretutto, ero e sono fermamente convinto dell’esattezza delle sue osservazioni dato che con quel termine, “aerea”, che esprime una superficie, si intende parlare di un “volume” e cioè del solido risultante dalla proiezione verticale del piatto di casa base delimitato, quanto altezza, dalle ginocchia e dalle ascelle (basse, come dice il grande Giancarlo Mangini) del battitore.
Ma mi sono lasciato trascinare dall’abitudine sbagliata!
Ho letto l’interessante intervista fattaLe qualche mese fa da Castagnini e mi complimento con Lei per gli importanti traguardi raggiunti nella vita privata e nel nostro bellissimo sport per il quale Lei ha fatto molto e soprattutto molto bene.
Non credo d’averLa mai incontrata durante la mia attività in campo (dalla fine degli anni quaranta fino al 1980, prima come giocatore poi come allenatore). Ho cominciato a conoscerLa e ad apprezzarLa attraverso alcuni suoi interessanti articoli su Tuttobaseball e ora su questo sito, al punto che mi chiedo se non possa essere proprio Lei una possibile futura guida del nostro movimento.
A proposito del mio citato scritto, non avendo mai fatto un corso di arbitri o letto un manuale al riguardo, le mie conoscenze sono solo quelle di atleta prima e di spettatore poi: potrei non sapere molte cose che renderebbero poco pertinenti le mie osservazioni. Mi sono fidato del buon senso che tuttavia, come si sa, spesso non basta. Quindi, per fugare ogni pretesa di disquisizione tecnica senza che ne abbia titolo a farla, ho usato appositamente toni caricaturali … ma anche molto reali!
Date le sue benemerenze anche in ambito arbitrale, niente di più gradito di un suo giudizio che mi propongo di accettare anche se fosse molto critico … perché so che lo esprimerebbe sempre in termini rispettosi e perché una lezione tecnica da parte di un vero tecnico è utile a tutti.
La ringrazio in anticipo e, scusandomi per la seccatura che Le do nel chiederLe di leggere qualcosa di abbastanza futile rispetto ai grossi problemi del nostro baseball, La saluto con stima
Ezio Cardea