· 

L'insegnamento dei fondamentali è la cosa più importante per una squadra giovanile; ma è proprio così?

di Paolo Castagnini

Argomento delicato e pieno di trabocchetti quello che mi appresto a presentare oggi. Per un allenatore di una squadra giovanile alla domanda "che cos'è la cosa più importante in una squadra composta da giovani" risponderà sempre "l'insegnamento dei fondamentali".

Stessa domanda posta ai migliori relatori Americani alle Convention risponderanno certamente "l'insegnamento dei fondamentali." Ebbene io oggi vorrei provare a dimostrare che non è così. I fondamentali sono si importanti, ma c'è una cosa che per me è ancora più importante: La motivazione

Per gli allenatori Americani è evidente che la cosa più importante è l'insegnamento dei fondamentali in quanto i giovani che praticano qualsiasi sport, hanno già in partenza "grandi motivazioni". Praticamente un bambino americano nasce in un ambiente fortemente motivante. Questo non riguarda solo il baseball, ma ogni ambito. Ogni interesse che esprime un ragazzo che poi diventerà un giovane ed infine un adulto, si svilupperà in un ambiente altamente competitivo. Questa è l'essenza dell'America.

 

Pertanto negli Stati Uniti un allenatore che si troverà a che fare con un gruppo di giovani che hanno deciso che il baseball sarà per loro una cosa importante, il passaggio successivo è automatico: l'insegnamento dei fondamentali. Le motivazioni le hanno già. Qualcuno obietterà che questi giovani pensano al professionismo. Sicuramente si, ma non solo. La probabilità per loro di arrivare al professionismo non è molto distante da quella dei ragazzi Italiani. Ormai decine sono i giovani Italiani che hanno messo piede in una lega professionistica negli ultimissimi anni e se facciamo la percentuale rispetto ai tesserati, questi non sono pochi rispetto ai coetanei degli Stati Uniti.

 

In Italia non è così. Sono finiti i tempi in cui la competizione avveniva sulle strade, all'oratorio, sul campetto parrocchiale. Ora abbiamo a che fare con molti ragazzi con grandi carenze competitive. Non è solo una questione di obesità, ma di poca propensione alla competizione e di conseguenza alla Motivazione.

La motivazione durante e dopo l'adolescenza

Ben diversa poi è la capacità di competere nelle diverse fasce d'età. Se si può dire accettabile fino ai 13 anni, con l'inizio dell'adolescenza, questa crolla vertiginosamente perché non è più soggetta al semplice pensiero individuale, ma viene modificata dall'ambiente circostante. In questo periodo storico, non possiamo di certo sostenere che i giovani nella fascia d'età 13-17 anni siano fortemente competitivi e motivati. Ne consegue che il modello da imitare non sarà probabilmente quello tipico da atleta.

Negli Stati Uniti al contrario per i giovani giocatori di baseball sono proprio i migliori atleti ad essere presi come modelli. Le ragazze stesse aspirano a ricercare le amicizie nei migliori, che spesso si identificano con gli atleti.

 

La domanda che ci dobbiamo porre a questo punto è la seguente:  

Questa carenza di motivazione e di competizione va ad influire su una squadra di baseball? Altroché!  Dai 13 ai 17 anni siamo in una fase importantissima della crescita di un atleta. Il rendimento di un atleta e dell'intera squadra sarà molto differente se la motivazione e la competizione è massima. Ma non sarà solo una caratteristica di questa età. Anche negli anni successivi le motivazioni andranno cercate e coltivate.

Non essendo in grado di modificare l'ambiente circostante dei nostri giovani adolescenti potremo noi allenatori migliorare le caratteristiche competitive e motivazionali dei nostri atleti? Sicuramente si. Ma in che modo?

 

Una squadra deve essere gestita come un gruppo di atleti. Non devono mai essere consentiti atteggiamenti antisport.  La nostra squadra deve essere disciplinata, aggressiva, competitiva sempre dal primo minuto dell'allenamento fino alla fine. Il miglior manager deve essere il miglior motivatore, non il miglior insegnante dei fondamentali, quello viene dopo. Insegnare i fondamentali ad un gruppo che trascina i piedi in campo non è possibile.

Pertanto prima costruiamo gli atleti, motivati e competitivi e poi potremo insegnare i fondamentali.

 

Parliamo con loro singolarmente. Ascoltiamo le loro speranze,  gli obiettivi che per le ragioni dette poc'anzi saranno ben nascosti. Spieghiamo cosa ci aspettiamo da ognuno di loro. "Firmiamo" un patto con ogni giocatore. Assieme ad ogni atleta troviamo uno o più obiettivi da raggiungere durante l'anno.

 

Parliamo di competizione e mettiamoli in competizione tra loro sempre, in ogni allenamento. Un allenamento non dovrà essere una mera ripetizione di fondamentali eseguiti quasi fossero una medicina da prendere. Ogni gesto che faranno dovrà essere ben chiaro su dove si sta andando.

Non accontentiamoci della sufficienza altrimenti non costruiremo atleti e neppure uomini.

 

Qualcuno non sarà d'accordo e preferirà cercare il solo divertimento. Obiezione più che rispettabile.

 

 

Paolo Castagnini 

 

 

Articolo già pubblicato il 13 dicembre 2013

Scrivi commento

Commenti: 7
  • #1

    enrico camporese (venerdì, 13 dicembre 2013 18:55)

    ...è dura divertirsi giocando male i fondamentall. Spesso sono proprio questi i giocatori che abbandonano. Condivido il tuo articolo, grazie.

  • #2

    tetris (sabato, 14 dicembre 2013 11:00)

    Concordo totalmente il suo pensiero, pensavo che effettivamente tutto ciò era importante, ma raggiunto un certo punto, la delusione ha preso il sopravvento, non è quello che i grandi vogliono.
    Speriamo che i più piccoli si accorgano della realtà il più tardi possibile, magari conoscendo più sport e più ambienti...
    saluti
    (articoli che dimostrano molta competenza)

  • #3

    Frankie (domenica, 15 dicembre 2013 10:18)

    Credo che Paolo abbia centrato in pieno la problematica. Quando un giovane negli USA inizia a giocare e partecipare a campionati già all'età di 8/9 anni, hanno davanti a sé un sogno, idoli da immolare, sognano di diventare un Derek Jeter, un Miguel Cabrera, Robinson Cano. Troppo spesso in Italia a quell'età non si conosce nemmeno il baseball e troppo spesso si avvicinano al nostro sport come ultima spiaggia intorno ai 12/13 anni. Viene naturale chiedersi quale obiettivo e quale motivazione può avere un giovane che inizia a quell'età? Probabilmente non conoscono nemmeno i migliori giocatori della IBL e quindi non avrà nessuno a cui fare riferimento ed essere cosi motivato da imitarlo. Quando i miei amici americani mi chiedono da che età è formata la squadra che alleno e si sentono rispondere che capita anche giocatori da 16 a 48 anni, restano esterrefatti in quanto da loro i campionati sono tra ragazzi della stessa età, i campionati si svolgono tra le scuole, ad iniziare dalle elementari alla High School. Con questo non voglio generalizzare perché ci sono zone in Italia dove è possibile che ci siano diversi campionati giovanili, ma ce ne sono altre dove un giovane deve adattarsi con gli "anziani" se vuole giocare, e a mio avviso questo preclude quella motivazione di cui fa riferimento l'articolo. Mi raccontò un coach del Team USA che mentre la squadra viaggiava in pullman in un Paese del Sud America, uno dei giocatori gli chiese come facevano tanti ragazzini a diventare campioni della MLB non avendo a disposizione tutti i mezzi che avevano loro negli States. Il coach guardò fuori dal finestrino ed indicando un gruppo di ragazzini che giocavano per strada senza scarpe, con una scopa per mazza ed una palla di stoffa rispose: La risposta è lì, per strada, vedi quei ragazzini, hanno voglia di giocare, sono motivati, sognano di diventare un campione.

  • #4

    Luca Pavan (domenica, 15 dicembre 2013 10:50)

    Ma abbiamo mai chiesto ai nostri ragazzi e atletti quali sono secondo loro le competenze più importanti di un allenatore.
    In testa alle competenze è l’abilità a insegnare e l’abilità a motivare e incoraggiare. A seguire quelle più tipicamente professionali e relative alla conoscenza dell’allenamento e quelle strategiche dello sport. Pertanto premesso che gli allenatori devono essere in grado di programmare e condurre tecnicamente il loro lavoro, sono però le loro competenze interpersonali e psicologiche a rendere efficace il loro lavoro. Questi dati dovrebbero fare riflettere coloro che organizzano i corsi di formazione per allenatori in cui buona parte delle ore sono dedicate esclusivamente alla componente tecnica di questo lavoro mentre poco tempo è dedicato allo sviluppo di quelle abilità che gli atleti di livello assoluto considerano invece come decisive per il loro successo.

  • #5

    Paolo (domenica, 15 dicembre 2013 13:08)

    Cari amici sono felice che condividiate queste riflessioni. Negli ultimi tempi mi sono convinto che questa è la strada principale. Abbiamo messo troppo interesse sui fondamentali e troppo poco sullo sviluppo della motivazione. Grazie per i vostri interventi.

  • #6

    Frankie (domenica, 15 dicembre 2013 14:32)

    Bravo Luca, hai detto bene, sono le competenze interpersonali a psicologiche a rendere efficace il lavoro. Ma qui ci troviamo in un Paese dove molti dirigenti, sia che essi siano ex di questo sport, sia che essi si siano avvicinati al baseball seguendo i figli, quando si arriva al "dunque" vogliono i risultati subito, mentre qui il lavoro deve essere lungimirante. Sono i dirigenti stessi che chiedono solo risultati positivi e vogliono sostituirsi ai tecnici influenzando sul loro lavoro. Chi ha la fortuna di allenare le categorie Allievi, Cadetti ed Under 21 deve proporsi come obiettivo principale la motivazione, oggetto della presente discussione, l'insegnamento dei fondamentali e la strategia del gioco. I risultati verranno da sé col bel gioco ed il divertimento. Questo programma non può essere realizzato quando sia i dirigenti e, purtroppo, anche i giocatori hanno la presunzione di sostituirsi al tecnico

  • #7

    roberto culicchi (domenica, 15 dicembre 2013 20:08)

    Il Comitato Regionale FIBS Veneto ha già intrapreso questa strada organizzando il 1^ Corso di Operatore Sportivo Regionale minibaseball minisoftball con quattro incontri di cui due ore ogni incontro vengono dedicate alla psicologia dello sport e proprio ieri nel primo incontro abbiamo trattato la "motivazione". Questi nostri bambini bambine vengono troppo presto specializzati...sempre per gli interessi degli adulti.