________________________________ Racconti: Andrea il campioncino di Casteldebole

Trent’anni fa gli abitanti di Seveso vissero un dramma che li segnò profondamente. Dall’ICMESA, una fabbrica chimica, a causa di un guasto fuoriuscì una grande quantità di diossina che causò immani danni alle persone, agli animali e all’ambiente. Esattamente trent’anni dopo sotto lo stesso cielo, nella stessa stagione, l’estate, un altro piccolo dramma si consumò su di un diamante tra un gruppo di ragazzi che si davano battaglia giocando a baseball. Mi scuso per l'improprio paragone con tutti coloro che sono stati colpiti dalla tragedia ICMESA.

Il fatto raccontato fu realmente accaduto e io ne fui testimone. Il nome del protagonista, la sua provenienza e il suo profilo è invece inventato.

E’ il 15 Giugno del 2006 quando Andrea, un ragazzo sveglio dei sobborghi di Bologna, riceve una lettera dalla Federazione in cui viene convocato al raduno di Tirrenia per formare la squadra ITALIA CENTRO. La squadra parteciperà dal 20 al 26 Agosto al Mundialito 2006 in Lombardia. L’emozione che lo pervase fu talmente forte che si sentì dei brividi per tutto il corpo. Il suo sogno! Il sogno di un ragazzo che dopo aver fatto i compiti assegnatigli dai professori della scuola media di Castedebole, si catapulta in quel diamante dove assieme agli amici, con guanto, palla e mazza gioca al suo sport preferito: il baseball. Andrea è un bel ragazzo di 12 anni, di statura piuttosto alta per la sua età, con i capelli biondi e ricci e uno sguardo intelligente del bravo ragazzo, ma anche gli occhi profondi e decisi ereditati dal padre. Dalla madre ha ricevuto la bontà d’animo e la gentilezza. Le due qualità facevano di lui un leader riconosciuto da tutti. Nella squadra di Casteldebole era sicuramente il più bravo, ma in nessun caso perdeva la pazienza con il compagno in difficoltà, anzi spesso correva dopo l’errore e lo rassicurava dicendogli: - non ti preoccupare, hai fatto un errore, ma ce l’hai messa tutta! Vedrai che la prossima volta quella palla la prenderai! Alla notizia della convocazione i compagni gli fecero festa circondandolo con l’affetto e la venerazione che sempre si riconosce ai leader. Tanta attenzione procurò ad Andrea un certo imbarazzo anche perché avrebbe voluto che tutti i suoi compagni potessero provare quella gioia. Andrea ancora non sapeva che assieme alla gioia avrebbe provato anche tanto dolore.

E’ la mattina di giovedì 24 Agosto 2006 e sul diamante di Seveso splende il sole quasi a voler dire ai suoi ospiti che la diossina del ‘76 è stata dimenticata.

Sul campo pronti a scendere in partita le due rappresentative ITALIA CENTRO e ITALIA NORD. Tra loro Andrea con fierezza canta con i compagni l’Inno dei Mameli. Per quei ragazzi di 12 anni il momento è importante. Si gioca la semifinale del Mundialito 2006. Le precedenti partite avevano visto prevalere le due formazioni contro i pari età di Repubblica Ceka, Romania, Bulgaria, ecc.

Ora i 18 ragazzi per squadra si sarebbero affrontati ben sapendo che metà di loro sarebbero stati eliminati per la finale. La partita è vibrante i sostenitori delle due squadre formate per lo più dai genitori alternano canzoni ed incitamenti. E’ tutta una grande festa. Tra i ragazzi Andrea come sempre gioca bene e sostiene i compagni: batte e prende alcune palle al volo. Da esterno destro pur non essendo il suo ruolo principale riesce a ben figurare. La partita si avvia alla stretta finale l’ITALIA CENTRO è in vantaggio per 5 a 4 al sesto e ultimo inning; Andrea è concentrato, segue il suo lanciatore; sulle basi due corridori avversari, ma gli out sono due; ancora una palla! Andrea incita il proprio compagno - ancora un lancio, due strike! Ecco ad una passo dalla vittoria. Lancio decisivo, la palla scende veloce dalla mano del lanciatore e vola velocissima verso il battitore, Toc!

La palla sale alta nel cielo, in quello stesso cielo dove trent’anni fa si infuse la diossina e dove ora splende il sole; la palla si alza sulla destra, c’è Andrea, attento, concentrato. Ecco la palla scende, Andrea ha perfettamente capito la traiettoria e si posiziona; gli occhi la seguono, nella sua mente vede i propri compagni; da li a pochi secondi saranno tutti li ad abbracciarlo, lui, l’autore dell’ultimo out; con uno sguardo vede i corridori avversari che inutilmente vanno verso casa base, una corsa che non servirà perché fra un attimo lui prenderà quella palla e sarà il terzo out. Nella sua mente ripercorre il campionato quando i suoi compagni di Castedebole lo abbracciavano perché lui, il più bravo, aveva battuto la valida della vittoria. Ora sente i rumori ovattati del campo, sente il sospiro dei genitori sulle tribune, l’incitamento dei compagni, gli basta gridare: - mia! e tutto sarà finito.

Eccola è a pochi centimetri da lui, il viso è rivolto al cielo, eccola, - mia!

Un leggero battito di ciglia, la palla anziché insaccarsi colpisce le dita del guanto, esegue una piroetta e va a sbattere sullo zigomo dell’occhio destro: - maledetta kenko! se fosse stata una palla vera non sarebbe uscita, Andrea lo sa. Sente un dolore, i rumori del campo sono diventati un boato, Andrea vede i ragazzi che si abbracciano, ma quei ragazzi non sono i suoi compagni; ora sa di essere solo e lo assale la disperazione. Il dolore diventa così forte che le lacrime sgorgano senza fine. Corrono su di lui gli allenatori, hanno il ghiaccio, hanno visto tutto e sono pronti ad assisterlo, ma il dolore è fortissimo.

Ecco il ghiaccio è sull’occhio, ma il dolore aumenta, il ghiaccio non serve, non serve a calmare il dolore e la disperazione dell’anima. Si sente di aver tradito, di aver tradito la fiducia dei compagni, degli allenatori, dei genitori, ma anche dei ragazzi di Casteldebole. Gli allenatori hanno capito, sanno perfettamente che le lacrime di Andrea non sono per il dolore dell’occhio. Lo abbracciano e lo consolano. Arrivano anche i primi compagni che dopo la rabbia capiscono il dramma.

 

Trent’anni fa il cielo di Seveso era coperto dal veleno, ora il sole bacia un altro piccolo dramma. Una pagina di vita di un piccolo ragazzo in una piccola città. Un’esperienza che a prima vista può far sorridere; alcuni leggendo queste righe potranno provare un’emozione o al massimo per i più sensibili, una lacrima percorrerà il loro viso.

 

Racconto scritto da Paolo Castagnini 13/02/2012

 

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