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La poesia del racconto partecipativo

di Michele Dodde 

Quando negli Stati Uniti il grande interesse sociale che il baseball stava suscitando nei primi anni del secolo scorso grazie ad una capillare e continua pubblicazione dei risultati e delle opinioni diramate dai quotidiani e/o periodici con i primi dagherrotipi ben calibrati per immortalare alcune sequenze come l’apertura delle stagione agonistica da parte del rubicondo 27° Presidente William Howard Taft che il 7 maggio del 1910 dette inizio a quella che diverrà una seguita e ricercata tradizione con il primo simbolico lancio della pallina ( Harper’s Weekly), fu David Sarnoff, celebre Chairman della Radio Corporation of America (RCA) ad intuire quanto fosse importante trasmettere via etere le fasi delle diverse gare.

La sua futuristica visione messa in programma nel 1916, ben quattro anni prima che la radio come prodotto fosse commercializzata, prese l’avvio con l’Opening Day del campionato del 1921 e l’onore di diramare i risultati delle gare della Major League fu tutto della KDKA di Pittsburgh.

L’alto senso popolare acquisito dalla comunque asettica trasmissione convinse la KDKA ad osare di più realizzando una cronaca dal vivo il 5 agosto dello stesso anno. Fu scelta la voce e la competenza del gioco da parte del giornalista Harold Arlin che, seguendo le fasi dell’incontro stando seduto a ridosso della recinzione dietro casa base, commentò gli aspetti di quella prima memorabile gara tra i Phillies ed i Pirates.

 

Arlin poi ebbe anche il pregio di raccontare con enfasi la battuta ed il volo della pallina del primo home run in diretta. A “mandare alle docce”, che poi divenne un simbolico slang, il lanciatore partente dei Pirates, Hal Carlson, fu l’esterno Cy Williams dei Phillies che al quarto inning incocciò con forza la pallina. Tuttavia nella suspence del prosieguo, grazie poi ai lanci del rilievo Jimmy Zinn e ad un indovinato gioco spinto all’ottavo, i Pirates andarono a vincere per 8-5.

 

Il campionato del 1921 dunque segnò l’inizio di un baseball non più discusso sugli spalti né descritto dai giornalisti sulla cronaca sportiva cartacea ma sviluppato ancor più dal vivo racconto di arguti testimoni che non mancarono di coniare frasi ad effetto, futuri slang, che fecero correre la fantasia dietro alle parole e ad individuare precisi e storici soprannomi ai vari giocatori (di caratura diamantina resterà la prosa ironica di Philip Roth nel suo immortale “Il Grande Romanzo Americano” quando descrive la cocciuta volontà del giovane seconda base e secondo in battuta Oliver Damur a trovarsi il proprio finendo ad essere indicato con il nomignolo di “nickname” che non è altro che il nome del soprannome ) al fine di renderli oggetti di affetto.

 

Fu così che il 5 ottobre si realizzò la cronaca della prima gara della World Series di quell’anno tra le franchigie degli Yankees ed i Giants, commentata dal giornalista sportivo Grantland Rice che poi curò, sempre per la KDKA, il prosieguo delle stesse sino alla fine. Quella prima gara fu vinta dagli Yankees per 3 – 0 ma nei successivi incontri essi persero il titolo a favore dei cugini Giants che ne vinsero in totale cinque su tre.

Da allora le cronache in diretta irradiate via radio furono consuetudine ed anzi, per promuovere sempre più interesse a più pubblico al Wrigley Field, il 24 aprile del 1924 il presidente dei Chicago Cubs istituì, insieme alla WMAQ, una postazione permanente che trasmettesse tutte le partite dei Cubs giocate in casa con l’apporto della voce di Hal Totten.

 

L’esempio galvanizzò anche altre franchigie della Major a tal punto che gli Indians di Cleveland giocarono una carta che divenne in seguito fortemente vincente ed imitata: nel 1932 dall’Opening Day in poi, a commentare le gare fu chiamato il loro ex idolo del campo esterno sinistro Jack Graney. Con i suoi 14 anni di presenza in Major League ed un palmares di .250 in battuta, Graney ebbe un grande successo e per la sua notorietà e per la sua incisiva capacità di esprimersi restò in postazione con le sue seguitissime cronache, nonostante il futuro ingresso della televisione, sino alla stagione del 1954.

 

Le immagini televisive, come già precisato in un mio precedente articolo, entrarono nelle case, e poi nei locali pubblici, a partire dal 1939 e la svolta epocale frantumò di fatto quella fervida fantasia  che, correndo dietro alle parole, aveva accompagnato e galvanizzato tanti giovani ed appassionati ascoltatori. Indubbiamente le immagini appagarono ed appagano tutt’ora i pigri con la visualità delle azioni e dei colori ma asetticamente hanno oscurato quella vera poesia che è il racconto partecipativo.

 

In Italia il fenomeno della radio fu appannaggio negli anni ottanta di alcune emittenti private ma la loro limitata lunghezza d’onda fu un peccato poiché nulla germogliò da quell’impegno che invece avrebbe dovuto fare scuola e sviluppo con la fervida fantasia degli ascoltatori per un baseball vicino al cuore. 

 

Michele Dodde

 

 

Articolo già pubblicato il 9 settembre 2016

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