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Il baseball sul grande schermo - n° 8

di Michele Dodde

8^parte

Le altre puntate:

7^6^-  5^ - 4^ 3^  2^ 1^

Il periodo 1941 – 1950, che vede apparire nei film attori che diventeranno delle icone nel mondo della celluloide, annovera 14 film di cui quattro sono rimasti nella storia e nell’immaginario comune:  “The Pride of the Yankees” (1942), tradotto in italiano come “l’Idolo delle Folle”, è la sincera ed amata testimonianza che il cinema, sotto la regia di Sam Wood, tributa all’indimenticabile Iron Man, quel Lou Gahring che per 2130 gare consecutive, a partire dal 2 giugno 1925 quando inaspettatamente sostituì in prima base Wally Pipp, riuscì a conquistare il cuore dei tifosi e la stima degli avversari. 

E’ nota la sua storia sintetizzata al meglio in 128 minuti scenografati da Jo Swerling e Herman Mankiewicz con un finale che non può non commuovere e ancor di più in quanto vero: “….ma oggi mi considero l’uomo più fortunato sulla faccia della terra” concluse il 4 luglio 1939 dinnanzi agli spettatori presenti allo Yankees Stadium. E ne fu toccata l’intera nazione americana. 

Nel realizzare questo film ad appena un anno dalla sua morte il regista Sam Wood volle Gary Cooper a dare intensità emotiva al personaggio ed in effetti l’attore, versatile nei suoi personaggi, lasciati i vestiti de Il Virginiano (1929), del combattente in Addio alle Armi (1932) e la divisa de i Lancieri del Bengala (1935) indossa con la dovuta forma quella degli Yankees ma non l’idoneità alla postura di giocatore in diamante. Così solo primi piani per Cooper nel dare peso e continuità alla storia mentre il baseball come soggetto viene giocato dai veri compagni di squadra di Lou, ovvero Babe Ruth, Bob Meusel, Mark Koening, Bill Stern tutti a personificare se stessi. Il film, nonostante l’incredulità del produttore Samuel Goldwyn in piena convinzione che il baseball andava visto allo stadio, ebbe un successo strepitoso tanto da essere stato votato in seguito, oltre alle 11 Academy Award Nomination, al 38° posto sui nobili 100 film da salvare. 

Su questa scia emotiva tesa a presentare veri eroi della strada ma con il profondo spirito americano Sam Wood dirige nel 1949The Stratton Story”, in Italia apparso con il titolo “Il Ritorno del Campione”, con James Stewart e June Allison. Storia vera ed autobiografica del lanciatore dei Chicago White Sox Monty Stratton caduto in forte depressione per aver perso una gamba in un incidente di caccia.

 

Le sollecitazioni della moglie e l’acquisita forza di volontà nella rieducazione post operatoria fanno si che Stratton possa ritornare a giocare. Anche in questo film  il regista Sam Wood, ormai veterano nel saper cogliere gli aspetti più spettacolari del gioco, si avvale della presenza dei giocatori Gene Beardon, Jimmy Dykes, Mervyn Shea e Bill Dickey ad impersonare se stessi. Il film fu premiato con l’Oscar al miglior soggetto. 

Nello stesso anno fu distribuito il celebre musical “Take me Out to the Ball Game”, in Italia apparve come “Facciamo il tifo insieme”, nella produzione del quale la Metro-Goldwin-Mayer non badò a spese.

 

Nato da un’idea di Gene Kelly e Stanley Donen ispirata proprio da quell’inno non ufficiale del baseball, ovvero il Take me out to the Ball Game scritto da Jack Norworth su musica di Albert Von Tilzer nel 1908, il film fu girato in technicolor da Busby Berkeley con un prorompente Frank Sinatra, che da qui iniziò la sua strepitosa affermazione come cantante ed attore, con il funambolico Gene Kelly, che da qui si affermò definitivamente come ballerino, attore, cantante e coreografo e raggiunse l’apice con “Un americano a Parigi” (1951) e “Cantando sotto la pioggia” (1952) ed una intrigante Esther Williams che in seguito dirà che al film mancava solo la presenza di una piscina dove lei avrebbe nuotato volentieri. In effetti incominciavano già a nascere le prime rivalità tra le varie star, rivalità che fecero la fortuna di Hollywood e dintorni. 

Infine ad ampliare le tematiche dell’omonimo film del 1916 viene prodotto dalla Columbia Picture il film “Kill the Umpire” (1950) magistralmente ben diretto da Lloyd Bacon ed interpretato da un effervescente William Bendix che, dopo aver magnificamente dato vita a Babe Ruth nel 1948, va a vestire la divisa del Blue Bill Johnson.

 

La brillante commedia gioca sugli equivoci giudizi che l’umpire dichiarava per via delle sue doppie chiamate su una sola azione causate dall’uso errato di un collirio, e per tale motivo soprannominato “amorevolmente” in “two call”.  

 

Quando la causa dell’uso errato del collirio cessò, l’umpire ricevette l’applauso del pubblico ma subito dopo nuovamente fu contestato com’è “amorevolmente” di obbligo costume.

Bendix era molto ricercato dai registi per via del suo amore per il baseball e per le sue capacità essendo diventato alla sola età di dieci anni il batboy proprio degli Yankees.

 

Michele Dodde

 

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Articolo pubblicato il 17 febbraio 2015 

 

 

 

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Commenti: 1
  • #1

    Claudio (mercoledì, 09 marzo 2022 14:17)

    Ormai è una abitudine dalla quale sarà difficile separarsi! Vero, il mondo del baseball è intrigante e curioso… aspetto di leggere con attenzione le prossime appassionate narrazioni. Grazie!